Doom Patrol Vol. 1: Un Pezzo per Volta | Recensione

Pubblicato il 23 Dicembre 2017 alle 15:00

Ritorna la squadra di supereroi più strana del mondo: la Doom Patrol! Chi è Casey Brinkle e per quale ragione rimane coinvolta nelle surreali e angosciose vicissitudini della Doom Patrol? Scopritelo in questo volume che inaugura la sezione Young Animal della DC Comics!

La Doom Patrol è una delle squadre più strane del DCU, se non la più strana in assoluto. Creata da Arnold Drake negli anni sessanta, era composta da personaggi coinvolti in situazioni stravaganti, perlomeno se paragonate a quelle degli albi di Superman e Batman. Molti li considerarono alla stregua degli X-Men marvelliani, sia perché i componenti del team erano dei freak come i mutanti (per giunta, anche loro venivano guidati da un uomo su una sedia a rotelle, Niles Caulder), sia perché Arnold Drake, più o meno nello stesso periodo, scrisse diversi episodi del comic-book Marvel.

Il team non ebbe però grande successo e nel corso del tempo apparve di tanto in tanto in altre collane e in varie serie dall’alterna fortuna. Dopo Crisis, tuttavia, la DC decise di varare un mensile regolare, all’inizio realizzato da svariati autori e poi affidato al folle e visionario Grant Morrison. E fu allora che le cose cambiarono radicalmente. Grant trasformò la formazione del gruppo, conservando i character più rappresentativi come Robotman e Niles Caulder, e inserì new entries di sua invenzione. Non si trattò di eroi qualsiasi. C’erano, tra gli altri, Crazy Jane, schizofrenica con sessantasette personalità (e altrettanti superpoteri); Dorothy Spinner, una ragazzina down; il farsesco Flex Mentallo e persino una strada senziente, Danny The Street!
Morrison ideò avventure sopra le righe, ispirandosi al surrealismo e alla psichedelia e facendo di Doom Patrol una delle testate più sperimentali della DC, nonché una delle produzioni di punta della linea editoriale Vertigo. Oggi la casa editrice propone un nuovo comic-book, appartenente alla recente divisione Young Animal, dedicata a serie che ripropongono eroi DC in chiave contemporanea (un po’ sullo spirito dell’originaria Vertigo).

A narrarne le vicende c’è Gerard Way, leader dei My Chemical Romance e apprezzato autore di comics, palesemente influenzato proprio da Morrison. Finora le sue prove non mi hanno mai convinto, perché lo reputo un imitatore di Grant, privo di una sua personalità. Anche nel caso di Doom Patrol è in fondo così ma in questo volume che include i primi sei albi della collana originale delinea una story-line interessante.

Introduce Casey Brinke, un’infermiera apparentemente normale che cerca di svolgere il suo lavoro nel migliore dei modi in compagnia di un collega. Ma un giorno la sua vita viene sconvolta da parecchie stranezze. Way non rivela subito tutto, giocando con enigmi, misteri e situazioni di non facile interpretazione degne di un film di David Lynch. A quanto si intuisce, esistono entità malevole, i Vectra, che si nascondono in una dimensione parallela ma interagiscono con la nostra. Le loro macchinazioni coinvolgono i membri della Doom Patrol e costoro sono dispersi a loro volta in vari piani dimensionali.
Cosa c’entra Casey con loro? Qual è il suo ruolo? La risposta si trova in un fumetto e con un simile escamotage Way si diverte a raccontare una storia contorta e meta-narrativa. Nello stesso tempo, ripesca Robotman, Crazy Jane, Denny The Street, Flex Mentallo e Negative Man che, nella sua versione, sono schizzati come e più di quelli del periodo Morrison. Niles Caulder, invece, è relegato ai margini della vicenda e per adesso non ne sapremo di più.

Way punta su trame assurde e paradossali e scrive testi ironici che, comunque, non hanno il sarcasmo di Grant Morrison. Nel complesso, però, svolge un buon lavoro e incuriosisce, proponendo un’opera anti-convenzionale e non certo per tutti. C’è, tuttavia, un appunto da fare: Way si ricollega implicitamente alla run morrisoniana e se qualcuno non l’ha letta e non ha qualche informazione sui personaggi rischia di non comprendere nulla.

I disegni sono di Nick Derington che è un penciler di medio livello. Si rivela funzionale ma il suo stile a tratti è grezzo e legnoso e, specialmente nelle sequenze immaginifiche e oniriche, opta per un’impostazione pupazzesca dei personaggi forse poco adatta a una serie del genere. In ogni caso, pur non essendo un’opera che fa gridare al miracolo, Doom Patrol è intrigante e ha il merito di riproporre personaggi non banali e dalle grandi potenzialità.

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