Recensione: Vasco, ho fatto un sogno

Pubblicato il 9 Gennaio 2011 alle 11:39

Casa editrice: Rizzoli Lizard.
Provenienza:
Italia.
Prezzo:
14,90 Euro.
Note: 110 pag., brossurato con bandelle, b/n e un colore (il giallo).


Una delle canzoni dell’ultimo disco di Vasco Rossi è “Ho fatto un sogno” (2009), di cui si è pensato bene, non si è capito fino in fondo perché, di allargare il contenuto a livello multimediale e farne quindi, oltre a un video musicale in animazione (dal giugno scorso in rotazione su diversi canali), anche un fumetto.

Due strofe del brano (le uniche a comparire nella storia), recitano più o meno così:

Ho fatto un sogno, ho visto della gente
che si occupava degli affari miei
e mi diceva “stai facendo male”
e mi diceva “ti devi vergognare,
ti devi vergognare”
Ho visto gente che non ha davvero
bisogno di presentazioni
per inserirsi nelle mie faccende personali
dice che devono salvare
che mi devono aiutare
a vivere come secondo loro pare
a vivere come secondo loro pare

Peccato, perché obiettivamente la canzone è molto più di questi due passaggi, e a livello di contenuti nel complesso è anche apprezzabile, sarebbe stato quindi interessante leggere anche il resto, ricontestualizzato nella storia ovviamente; diamo anche per scontato, come viene ulteriormente confermato nella post-fazione, il fatto che non dovrebbe essere obbligatorio conoscere e/o averla ascoltata prima di accostarsi alla lettura del volume, visto che evidentemente il progetto ne trae solo spunto, ma doveva in qualche modo costruirci qualcosa d’altro intorno e renderla per quanto possibile a sé stante (il vero punto fondamentale…e dolente).

La scelta di farne un fumetto viene spiegata da Vasco nella prefazione, in quanto per lui è “un’espressione d’arte contemporanea”, magari “arte povera ma…buona, come la musica rock”; inanella poi qualche (altra) ovvietà come “il fumetto è ‘pittura’ leggera come la canzone, entrambe ‘leggere’ e insieme profonde” e quindi “se ne può consigliare l’uso e l’abuso, non hanno controindicazioni”, per cui “portano gioia e fantasia, aiutano a combattere il grigiore quotidiano”.

Siamo ovviamente alle solite banalità, buone per giustificare qualunque cosa, sorvolando sul fatto che il volume cartaceo è frutto di altri collaboratori e la partecipazione del Blasco alla fin fine è abbastanza esplicito sia minima; cioè il tutto si basa sulla sua canzone e lui si limita alla mera supervisione finale, ma non pare abbia dato tutte queste grandi indicazioni o idee per renderlo altrettanto personale (tanto, chi è fans di Vasco il libro se lo compra comunque).

La trama, esile esile, vede una società costruita sull’omologazione e sulla massa, dominata da programmi televisivi che incitano a essere felici per forza, e a tradire anche i propri famigliari che trasgrediscano questa regola (molti girano con una mascherina col sorriso stampato sopra), denunciandoli nientemeno che alla cattivissima “milizia”; a scuola la musica, è proprio il caso di dire, non cambia, e chiunque faccia domande o dubiti viene opportunamente “rieducato”, a suon di lavaggi del cervello e pastiglie di “felicitina”, l’arte è vietatissima.

Ovviamente un gruppo di giovani non ci sta, pensa e legge liberamente e vuole fare un concerto che risvegli tutte le coscienze, ma sarà manco a dirlo un Vasco, all’apparenza vinto e sconfitto, a riprendere in mano la protesta e a cantare “Ho fatto un sogno”; disegni abbastanza sintetici e dal tratto spesso, distorti e deformati, quanto basta per rendere il grottesco contesto sociale ipotizzato, essendo basati sul video non potevano comunque discostarsene più di tanto, non molto comprensibile il fatto che sia tutto in bianco e nero e si sia scelto di usare un unico colore, ovvero il giallo (magari il motivo è ovvio, ma al momento mi sfugge).

L’opera paga un’idea buona, perché il testo della canzone ha anche un suo perché se vogliamo, sviluppata però senza alcun coraggio, evitando infatti esplicitamente ogni riferimento alla realtà odierna, come d’altro canto fa la canzone, rivendicandone però l’estrema attualità come tematica; ma allora, perché farne un fumetto se non si voleva aggiungere NULLA (di veramente originale), a quanto già espresso dalla canzone e pure dal video?

Inevitabile a quel punto si finisse per ottenere una riproposta abbastanza scontata di concetti “orwelliani” (dichiarato “l’omaggio” di “Fareneith 451”), con questo Regime autoritario, questa sorta di Grande Fratello che domina le menti e la società, e come unica e sola “novità”, il Vasco che risveglia le coscienze con la sua canzone (evviva la fantasia).

E’ troppo bello fare i contestatori, i rivoluzionari, quelli contro il sistema, ma senza dare veramente mai fastidio a nessuno, con la solita denuncia dei poteri forti alquanto vaga e fumosa, senza toccare chi il sistema lo rappresenta e lo costituisce, senza fare uno straccio di nome e cognome, facendo finta che tutto questo “magari” avverrà un domani più o meno lontano; perché se come canzone poteva anche essere interessante, a livello di testo, trasformata in questo modo in fumetto è quasi puerile.

Peccato quindi per l’occasione persa, di costruire cioè una vera storia, che fosse un qualcosa di veramente più sentito e originale, qualcosa che ampliasse, approfondisse, osasse dove la canzone non poteva osare, qualcosa che venisse “dalla pancia” dell’autore e non un compitino svolto da uno staff con disegni stilosi e tante tante pagine più vuote che piene; la post-fazione dell’incredibile lavorazione, romanzata quasi fosse un’odissea, dura quasi più del tempo impiegato per leggere la storia (ed è sicuramente più vibrante), duole constatare che l’unico spessore vero è quello della grammatura delle pagine.

Ma chi fa una critica del genere potrebbe passare per demagogico, e anche un po’ prosaico, questa è arte, se Vasco vuole scrivere una canzone che denunci il decadimento dei valori della nostra società, ma senza esplicitare troppo su di chi sia la colpa, è liberissimo di farlo; perché però andarsela a cercare, facendo un fumetto che annacqui ben bene quel che di buono c’era a monte e fare un fumetto banale, dove le uniche cose interessanti sono quelle scopiazzate, pardon, “omaggiate” da altre fonti?

Parliamo allora di questa grande idea originale, di questo “possibile futuro” distopico, di un “immaginario” governo assolutista, fatto da chissà chi, e chissà quando, cose mai sentite prima d’ora da nessuna parte; evitiamo apposta ogni riferimento esplicito e denunciamo una cosa nebulosa e lontana, salvo poi sottolineare che è quantomai “attuale”, visto che trae spunto dalla situazione sociale odierna.

E la colpa del nostro sfacelo oggi, allora, di chi sarebbe?

Ce lo dirà qualcun altro (forse), sicuramente più coraggioso (speriamo)…


Voto: 5  e 1/2.

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