Sweet Tooth n. 4 – recensione

Pubblicato il 17 Maggio 2014 alle 11:30

Ritorna una delle più graffianti serie Vertigo degli ultimi tempi: Sweet Tooth di Jeff Lemire! Le cose per Gus, Jepperd e i loro amici si fanno sempre più drammatiche e inquietanti, come scoprirete in questo quarto volume impreziosito, oltre che dai disegni di Lemire, dall’arte di Matt Kindt, Nate Powell e Emi Lenox!

Sweet Tooth n. 4

SWEETTOOTH4lion

Autori: Jeff Lemire (testi), Jeff Lemire, Nate Powell, Emi Lenox, Matt Kindt (disegni)
Casa Editrice: RW-Lion
Genere: Fantascienza
Provenienza: USA
Prezzo: € 14,95, 16,8 x 25,6, pp. 176, col.
Data di pubblicazione: maggio 2014

Struggente. Inquietante. Avvincente. Gli aggettivi si sprecano quando si parla di Sweet Tooth, dal momento che il serial ideato dal sempre più bravo Jeff Lemire può senza ombra di dubbio essere considerato uno dei più graffianti della Vertigo. E se si pensa che la linea editoriale adulta della DC è stata negli ultimi tempi ridimensionata, non è un particolare di poco conto. La testata imperniata sul tormentato Gus, infatti, un giorno sarà ricordata come una delle migliori del mercato nordamericano.

Chi segue regolarmente Sweet Tooth lo sa. Tuttavia, se i precedenti volumi si sono rivelati pregevoli, il quarto che include i nn. 18-25 del comic-book originale è di livello ancora più elevato. La trama di Sweet Tooth si svolge in un’America del futuro distrutta da un’epidemia che ha decimato molte persone e ha provocato la nascita di ibridi tra l’uomo e l’animale. Non esiste più un governo federale e gli Stati Uniti sono popolati da milizie, gang criminali e avventurieri di vario tipo che destabilizzano il paese rendendolo caotico.

Gus, il protagonista di Sweet Tooth, è un ibrido cresciuto in un bosco insieme al padre e che dopo la morte di quest’ultimo si imbatte in Jepperd, un adulto con tante colpe da nascondere. I due hanno vissuto insieme esperienze traumatiche e nel tp precedente erano riusciti a fuggire da una base militare in cui si facevano esperimenti sugli ibridi allo scopo di trovare una cura per il virus. Il ragazzo intende recarsi in Alaska, dato che, a quanto pare, è là che dovrebbe trovarsi la fonte dell’epidemia. Gus è inoltre convinto che la malattia sia legata a suo padre e in effetti quest’ultimo potrebbe avere avuto un ruolo importante nell’orrore che ha sconvolto gli Stati Uniti.

Anche Jepperd e altri fuggiaschi lo pensano e in questa sequenza ci sarà qualche rivelazione sui diari del padre di Gus. In quelle pagine l’uomo, tormentato da ossessioni giudaico-cristiane, fa riferimento a un non meglio identificato Demone Bianco. Chi sono le divinità alle quali allude? E cos’è realmente questo Demone Bianco? Come se non  bastasse, Lucy e le altre ragazze del gruppo hanno la pessima idea di allontanarsi dagli altri e si imbattono nel misterioso Walter Fish che vive in una diga abbandonata e si offre di ospitarle. Secondo quanto afferma, il posto era occupato da un gruppo di miliziani; ma se non fosse così?

Lemire gioca con gli enigmi, delineando una trama ricca di suspense. Testi e dialoghi sono intensi e poetici e l’analisi psicologica è sopraffina. L’autore descrive con abilità la dimensione emotiva dei personaggi e un mondo minaccioso e ostile. Dal punto di vista grafico, si diverte a sperimentare. Un episodio è stampato in verticale e ogni pagina composta da vignette e didascalie, a mo’ di libro illustrato. In un altro, narra due trame parallele impostando le tavole con le vignette superiori prive di testo imperniate sulla lotta tra Jepperd e un orso e i pensieri di Jepperd e di Gus evidenziati da disegni interni alle vignette stesse; e con le inferiori riguardanti una conversazione tra gli altri personaggi (e in questo caso i dialoghi abbondano).

Bisognerebbe altresì ragionare sulle pagine incentrate su un incubo di Gus, anch’esse senza testo, che si affidano solo alla forza espressiva del disegno e che nella loro valenza onirica fungono da anticipazione e intimidente presagio di avvenimenti futuri. In questo tp, per giunta, alcuni flashback sono illustrati da Nate Powell, Emi Lenox e Matt Kindt, con risultati di grande bellezza formale. Vanno menzionati infine gli splendidi colori di José Villarubia e dello stesso Lemire, ora tenui e crepuscolari, ora incredibilmente vivaci, che costituiscono l’ennesimo tocco di classe di Sweet Tooth. Da non perdere.

Voto: 8 ½

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