Intervista a Emanuele Amato e Ludovica Ceregatti – Per Quindici Minuti di Fama

Pubblicato il 9 Giugno 2019 alle 16:30

Non si tratta di partecipare al Grande Fratello o a un programma di cucina blasonato: in Killer Show  il modo più veloce per ottenere qualche minuto di fama è partecipare a un omicidio. Attenzione, qui non si parla solo dell’essere l’assassino, ma anche parente, amico o il vicino che la vittima “salutava sempre”.

Gli autori Emanuele Amato (Rimedi) e Ludovica Ceregatti (A sort of fairytale) raccontano a fumetti un tragico spaccato di vita reale, analizzando le reazioni mediatiche e non davanti a un omicidio efferato. Abbiamo chiesto loro cosa ne pensano della “giustizia umana” e com’è nato il loro primo lavoro insieme, pubblicato da Shockdom e distribuito in fumetteria e libreria dal 6 maggio 2019.

MF: Com’è nato il vostro sodalizio artistico?

EA: Avevo proposto il progetto a Lucio, un po’ di tempo prima. Quando lo ha letto mi ha dato il via libera per trovare il tratto giusto che si sposasse con i toni sensazionalistici che ha, pur restando fedele alla realtà. Seguivo Ludovica e volevo collaborare con lei a tutti i costi. Killer Show comunque era pensato per un tratto simile al suo e così, azzardando, le ho chiesto di leggere la storia. Quando ha accettato son balzato dalla sedia!

LC: Su Facebook, come sempre (grazie Facebook). Tra un “Bei disegni”, un “Grazie”, un “Ehi, ho questo progetto… ti interesserebbe?” e un “Certo!”.

MF: Killer Show è una fotografia di ciò che stiamo vivendo nella società dell’informazione di massa, inquadrata dalle diverse prospettive. Ci sono stati fatti di cronaca reali a cui ti sei ispirato?

EA: Non uno in particolare a dir la verità, ma una somma di cose. Sono laureato in Psicologia e uno dei rami che ho approfondito è quello della psicologia criminale oltre alla psicologia sociale, soprattutto sulla comunicazione di massa. La scintilla è scattata una sera, eravamo in vacanza, il segnale della tv prendeva poco. Mia madre doveva vedere “Quarto grado”. Lei li vede tutti i programmi ed ormai ha gli appuntamenti fissi. C’era il caso di Yara Gambirasio con nuove e sconcertanti rivelazioni. Ci fu uno scambio di opinioni con lei proprio sulla spettacolarizzazione della vicenda. Avevano già fatto non so quante puntate sul tema, eppure, non bastavano mai. Lì mi venne in mente tutta la storia e la segnai di getto, per poi definirla meglio i giorni successivi.

LC: No, nessuno in particolare. Ma ce ne sono in giro talmente tanti che basta accendere la TV o scorrere il cellulare per aver spunti nuovi tutti i giorni. Purtroppo.

MF: Tutti i personaggi sono stati equamente distribuiti all’interno della storia, ma c’è stato uno in particolare sul quale avresti approfondito di più?

EA: Paola D’Asso. Lei è il mio punto debole. La amo e la odio. Farei un intero capitolo dedicato a lei e alla sua capacità di ammaliare il pubblico con le parole. Pur sembrando e risultando falsa, ci riesce.

LC: Non saprei. Dopo un po’ che lavori su dei personaggi, alla fine diventano un po’ tutti dei conoscenti e vorresti sempre saperne di più su di tutti in generale.

MF: Alla luce di ciò che avete narrato in Killer Show, qual è il vostro ideale di giustizia?

EA: Questa è tosta, ammetto. Non so, non credo che esista una giustizia terrena, figuriamoci quella ultraterrena. Siamo esseri egoisti, quindi ci serve una nozione di giusto e sbagliato per non sbranarci a vicenda. Ovviamente abbiamo anche quella scintilla di altruismo, ma non ha la stessa forza dell’egoismo. La giustizia dovrebbe riguardare il mettere a posto le cose, dare armonia e ridare ordine ed equilibrio. Da qui appunto nasce l’ordinamento giuridico, per cercare di essere equi. Sappiamo bene quanto però funzioni. Non che molti non ci provino eh, ma molte volce è fallace per cavilli o questioni burocratiche. Nel fumetto ho inserito qualche esempio in una didascalia, sulla differenza tra giustizia morale e giustizia giuridica, lì si comprende bene cosa ne penso.

LC: Questa è veramente difficile. Tutti noi dovremmo avere, in fondo, lo stesso ideale di giustizia no? Ma personalmente parlando, penso che un buon ideale si possa basare su del semplice rispetto. Se tutti ci rispettassimo l’un l’altro ci sarebbe finalmente un ideale di giustizia obbiettivo e non soggettivo come, in realtà, c’è oggi.

MF: Com’è stato costruito il character design del sospettato?

EA: Psicologicamente avevo l’idea precisa di come si sarebbe comportato e che impressione doveva dare. Quando diedi la descrizione a Ludo ha colto e tradotto il mio immaginario donandogli i tratti che avevo in mente, oltre al look. Lo stigma doveva essere visibile e sappiamo quali sono quelli contemporanei. Ogni epoca ha le sue pecore nere ma quello che resta è che deve sembrare un outsider, uno dell’outgroup, per i più. Il diverso è sempre giudicato prima in negativo. Deve esserci una disconferma del pregiudizio per renderlo uno dell’ingroup.

LC: Per l’idea originale ci ha pensato Emanuele, io mi sono adattata alla sua descrizione cercando di essere il più fedele possibile, poi ovviamente pian piano che la storia veniva creata, il personaggio si è evoluto fino ad arrivare a un Matteo definitivo.

MF: Qual è stato il personaggio più “interessante” da creare?

EA: A parte Matteo, per ovvi motivi, dico sempre lei: Paola D’Asso. Quando entra in scena è un buco nero che assorbe le attenzioni. Doveva essere così, pur non comparendo spessissimo. Dare questo tono e questa percezione non era semplice. Spero di esserci riuscito.

LC: Personalmente Matteo. Doveva essere da una parte sia il perfetto sospettato che il perfetto innocente, farti dire “Ma chi? Lui? Con quella faccia?” e allo stesso tempo “Eh, però…”. Il vicino di casa con cui sei cresciuto e mai avresti pensato che, in realtà, possa aver fatto del male a qualcuno e invece…

MF: Killer show ha un finale chiuso, ma dal suo interno possono partire altre mille storie. Ci sarà un seguito/spin off?

EA: In verità all’interno ho dato un indizio di un possibile spin off, oltre ad elementi sparsi che possono essere ripresi sotto altri punti di vista. Chissà…per ora sono al lavoro su altre cose ma il progetto è già messo giù e ogni tanto mi guarda dalla scrivania (ride).

LC: Per il momento no. Soprattutto per i vari impegni lavorativi sia miei che di Emanuele. Però chissà…diciamo che non è una porta chiusa a chiave.

MF: Com’è stato accolto il volume durante il Napoli Comicon 2019?

EA: Guarda, avevo molta paura essendo il mio primo fumetto, però devo dire bene. Ho avuto feedback di autori che non mi aspettavo tipo mai nella vita e complimenti che non avrei mai pensato di avere da essi. Persone che mi hanno detto che ormai non riescono più a guardare telegiornali per colpa mia o che hanno pianto. Insomma la cosa più bella sono i loro pareri, altrimenti non crescerò mai come autore, senza le loro critiche (e lo studio, quello sempre).

LC: Molto bene! Abbiamo anche già molti riscontri positivi con chi lo ha già letto. Speriamo ne arrivino molti altri.

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