Game of Thrones 8×05 – The Bells | Recensione

Pubblicato il 13 Maggio 2019 alle 17:00

“Il resto non conta.”

Episodio 5: The Bells
Durata: 80 min.
Regia: Miguel Sapochnik
Sceneggiatura: David Benioff & D.B. Weiss
Produzione: Bighead, Littlehead. Management 360, Television Grok! Television Generator Entertainment, Startling Television, HBO
Distribuzione: HBO
Data di uscita: 13 maggio 2019

Matteo Regoli
Matteo Regoli
2019-05-13T17:00:47+00:00
Matteo Regoli

“Il resto non conta.” Episodio 5: The Bells Durata: 80 min. Regia: Miguel Sapochnik Sceneggiatura: David Benioff & D.B. Weiss Produzione: Bighead, Littlehead. Management 360, Television Grok! Television Generator Entertainment, Startling Television, HBO Distribuzione: HBO Data di uscita: 13 maggio 2019

Gli Dei hanno lanciato la loro moneta e i fan potrebbero non prenderla bene. Eppure The Bells, quinta puntata dell’ottava stagione di Game of Thrones e penultimo episodio di sempre dell’acclamata serie televisiva fantasy HBO, non si basa esclusivamente sul capriccio degli Dei per il proprio sviluppo ma soprattutto su una coerenza interna ineccepibile.

Il finale è nella fisionomia di una storia e che accontenti tutti in egual misura è impensabile, e quello diretto da Miguel Sapochnik è l’ennesima prova – qualora ce ne fosse ancora bisogno, dopo secoli e secoli e secoli di arti narrative –  che la costruzione del racconto è sempre più avvincente e appagante della sua risoluzione; è una verità che vale da sempre e che vale il doppio nell’era moderna, fatta di confronti social e fan theory la cui popolarità si innalza a livelli tali da arrivare addirittura ad influire sulle aspettative dei fan, che inevitabilmente si costruiscono i loro finali e piuttosto che limitarsi a seguire l’unica storia esistente – quella degli autori – immaginano le proprie e sperano che si avverino.

E’ un discorso molto interessante che può interrogarsi sull’importanza del ruolo di questi nuovi, grandi racconti popolari nella società contemporanea, ma che dobbiamo lasciare da parte perché, ahinoi, esula dallo scopo di questo articolo.

Ciò che al momento ci preme sottolineare è l’altissimo livello raggiunto da The Bells, con Sapochnik che, al di là del suo innato e affascinante feticismo per gli eserciti schierati – che bello il modo in cui li guarda negli attimi prima di ogni battaglia –  si dimostra ancora una volta l’unico regista in grado di soddisfare le richieste più catastrofiche di David Benioff e D.B. Weiss (la sequenza di montaggio parallelo fra Arya e il Mastino, entrambi schiacciati da due Montagne diverse, è puro cinema), al punto che nonostante nella puntata prevalgano le atmosfere shakespeariane tipiche degli episodi diretti da David Nutter, oneri e onori vengono affidati nuovamente a lui: The Bells in un certo senso riassume l’essenza di questa ottava stagione – ma anche della serie stessa – miscelando l’afflato del grande evento bellico risolutore (The Long Night, insuperato e insuperabile per tecnicismi e messa in scena) agli intrighi, ai tradimenti, agli addii.

Alle morti.

Che non sono solo illustri ma anche anonime, e ugualmente commoventi: nella lotta per il Trono di Spade sono stati in molti a perire, e il bagno di sangue scatenato da Daenerys ci ricorda che il raggiungimento del potere non è mai privo di prezzi da pagare. Nell’anima della giovane Targaryen c’è sempre stata una vena oscura e la sua deriva morale è stata costruita bene nel tempo (che sia stata accelerata nell’ultimo periodo sottrae poco all’impatto del quadro generale), e sul finire di queste cronache di ghiaccio e di fuoco The Bells ci dice che anche i draghi possono avere dei cuori glaciali.

Non c’è cattivo più cattivo di un buono che diventa cattivo direbbe il Charlie O’Brian di Bud Spencer in Chi Trova Un Amico Trova Un Tesoro del grande Sergio Corbucci, e David Benioff e D.B. Weiss potrebbero aver seguito il mantra alla lettera.

La cosa più interessante è che, forse come mai prima d’ora, Game of Thrones ha affrontato di petto le conseguenze scaturite dalla brama del potere, rigettando ogni atto eroico tipicamente fantasy compiuto per la salvezza del mondo per sottolineare la natura nichilista del mondo che vuole raccontare. E da questo punto di vista è logico che l’unica soluzione possibile a tutte le macchinazioni, a tutte le strategie, a tutti i complotti, sia l’entropia, ovvero l’esatto opposto dell’ordine assoluto ce quelle macchinazioni, che quelle strategie, che quei complotti cercavano di realizzare.

L’unico atto di eroismo adesso è cercare di sopravvivere, e chiunque alla fine siederà sul Trono di Spade lo farà anche sulle macerie di Approdo del Re e sui cadaveri che vi sono seppelliti. Se tutto ciò che è stato ci ha portato a questo, ne è valsa davvero la pena?

Nell’oscurità di questa domanda si nasconde il significato di una serie indimenticabile.

In Breve

Giudizio Globale

8

8

Punteggio Totale

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