American Gods 2×06 – Donar the Great | Recensione

Pubblicato il 16 Aprile 2019 alle 15:33

La battaglia tra Vecchi e Nuovi Dèi è pronta a scoppiare, dopo gli avvenimenti dei precedenti episodi della nuova stagione.

Dopo gli episodi di “stallo” che hanno seguito l’entusiasmante premiere, The Ways of the Deadil quinto episodio della seconda stagione di American Gods, potrebbe essere stato finalmente il punto di partenza per il decollo definitivo delle nuove trame, con Shadow sempre più autonomo e pronto a dimostrare le sue potenzialità.

Il confrontarsi con la morte lo ha di fatto emancipato, anche dal binomio che sembrava inscindibile con la sua ex-compagna defunta Laura (che, invece, dal confronto con la morte risulta ancora più vuota e persa di prima). Per il sempre più stretto rapporto tra Laura e Mad Sweeney dunque, e soprattutto per le nuove potenzialità di Shadow e la missione verso la quale lo potrebbero spingere (quel difendere le persone di colore, da sempre emarginate, così caro anche a Mr. Nancy e Bilquis) ci aspettiamo che Donar the Great sia un punto di svolta importante per American Gods 2.

Quale sarà la nuova posizione di Shadow all’interno dell’olimpo dei Vecchi Dèi? E quale sarà il nuovo assetto dei Nuovi Dèi invece, dopo la totale assenza nello scorso episodio e l’uscita di scena di Technical Boy?

LA LANCIA SPEZZATA

Come ai vecchi tempi, in questo sesto episodio i protagonisti della scena tornano ad essere sostanzialmente Shadow e Mr. Wednesday, questa volta in viaggio per raggiungere il nano Dvalin in modo da fargli riparare la lancia Gungnir, facendola tornare al suo massimo potenziale anche grazie all’incisione di alcune rune. Giunti in un centro commerciale, la nuova “roccaforte” dei nani, Shadow e Wednesday dovranno inventarsi un bizzarro stratagemma per impossessarsi della giacca di Lou Reed, unico “manufatto” in grado di fornire al nano il giusto potere per poter incidere le rune.

E mentre i due protagonisti aspettano di riavere a disposizione Gungnir tornata al suo massimo splendore, nella mente di Odino (anche sollecitato dalle domande di Shadow) si fa spazio il ricordo del figlio Donar il Grande, proprio colui il quale ha rotto la lancia del padre di tutti gli Dèi.

IL FIGLIO DI ODINO

Il finale di The Ways of the Dead aveva aperto le strade a Shadow nel pantheon delle divinità ma, Donar the Great, ristabilisce le gerarchie presentandoci di nuovo, almeno inizialmente, il protagonista in viaggio insieme a Mr. Wednesday, situazione già vista tante volte nel corso della serie. Dai primi viaggi dei due in giro per l’America alla ricerca di vecchie divinità da reclutare però, sono successe molte cose ed è cambiata la percezione di Shadow e la sua consapevolezza verso gli eventi stessi in cui è coinvolto.

E tutto l’episodio gioca proprio su questo, sulla consapevolezza che deve avere Shadow nello stare al fianco di Odino per l’imminente guerra, che è sul punto di scoppiare. Per questo, il protagonista viene associato a Donar, figlio di Odino la cui fine è stata tragica: giocando coi flashback e presentando inoltre anche il contesto nel quale Wednesday, Mr. Nancy e altri Vecchi Dèi si trovavano in passato, prima che il pubblico li conoscesse, viene raccontata la storia di Donar, il suo rapporto con il padre e il suo rifiuto di un destino da divinità per inseguire il desiderio di vivere una vita normale, “umana”.

Interessante inoltre la presentazione di Mr. Wednesday poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, alle guida in uno strano cabaret pieno di divinità: nel corso della stagione troveranno sicuramente spazio per essere approfondite tematiche qui solamente accennate, come il rapporto coi Nazisti e soprattutto con Technical Boy.

Donar the Great, come gli altri episodi dopo la premiere, aggiunge altri piccoli (ma importanti ed interessanti) frammenti al grande mosaico che è il mondo di American Gods e, nonostante gli sceneggiatori stiano “tirando” al massimo l’attesa per lo scoppio della guerra tra le due fazioni, ogni episodio, compreso questo sesto, risulta godibile e magnificamente realizzato. Questa volta, a beneficiarne è la psicologia di Odino e il suo rapporto con Shadow, forse visto come quel figlio che anni prima si è allontanato definitivamente da lui.

Con una realizzazione registica impeccabile, una caratterizzazione esemplare, magia e divertimento, sicuramente tutti gli spettatori possono apprezzare episodio dopo episodio questa seconda stagione nonostante, dopo la premiere a dir poco perfetta, la narrazione procede piuttosto lentamente. Come detto, però, questo porta beneficio ad una serie di elementi secondari che, con molta probabilità, sono la parte migliore di American Gods.

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