L’immortale Hulk 1 – Il rilancio dai toni horror di Al Ewing e Joe Bennett | Recensione

Pubblicato il 8 Dicembre 2018 alle 17:00

Una rapina in una stazione di servizio finisce molto male… ma chi sarà a farne le spese??? Di sicuro non si prospetta niente di buono se al calar delle tenebre spunta fuori… l’immortale Hulk!!!

Hulk non è un personaggio facile da scrivere. Ma questo vale per qualunque personaggio che abbia la forza di spostare una montagna o disintegrare un intero esercito con un battito di mani. Il dilemma è: come si può rendere interessante ai lettori qualcuno che è praticamente imbattibile…?!

La risposta non è semplice o immediata, ma di certo una via può essere quella di trovare qualche suo punto debole e la giusta chiave di lettura per raccontare le sue gesta. Nel caso di Hulk, vari autori si sono avvicendati nel corso dei decenni al timone della sua testata, e quelli principali hanno lasciato una loro impronta, fornendoci una diversa versione del Golia Verde. Qualcuno l’ha rappresentato come un mostro furioso, che parlava a malapena, altri l’hanno reso intelligente, ma anche freddo, cinico e calcolatore.

Ogni aspetto caratteriale e psicologico del Gigante di Giada è stato scandagliato, prendendo pieghe spesso impreviste e inaspettate, proprio perché Hulk non ha una psicologia ben definita. E’ una creatura nata per caso, dopo l’esplosione di una bomba gamma che ha irradiato il timido e introverso dott. Bruce Banner, trasformandolo in qualcosa di mostruoso, che nessuno conosce veramente, nemmeno lui stesso.

 

Alla fine il vero punto debole di Hulk è proprio Banner, il suo alter-ego, che lo considera una vera e propria maledizione da cui non riesce a liberarsi, e deve lottare quotidianamente per non perdere il controllo e far sì che il “mostro” non prenda il sopravvento. E’ anche vero, però, che a volte i due hanno trovato un punto d’incontro, facendo di necessità virtù, ad esempio nei periodi in cui Banner ha conservato la sua intelligenza, pur mantenendo anche la forza di Hulk. Non dimentichiamo inoltre che il Golia Verde è anche un membro fondatore degli Avengers, che ha salvato il mondo in più occasioni, dimostrandosi un eroe a tutti gli effetti e non solo una furia distruttrice.

La dicotomia tra il mite dott. Banner e l’ammasso di muscoli in cui si trasforma resta comunque l’elemento cardine alla base della mitologia del personaggio, e ogni autore che si confronta con lui prima o poi dovrà farci i conti. Si può decidere di privilegiare il suo aspetto umano, come fece ad esempio Bruce Jones nella sua lunga e controversa run, dove il Gigante di Giada non compariva quasi mai, o al contrario si può dare spazio solo all’ipertrofico alter-ego di Banner, come abbiamo visto in Planet Hulk e World War Hulk di Greg Pak. Ma in ogni caso si tratta di un compromesso tra le due parti, che prima o poi torneranno a scontrarsi per ottenere l’una il controllo dell’altra…

Per quanto sia interessante questa continua guerra psicologica interiore, non è comunque facile riuscire a scrivere qualcosa di nuovo, dopo che già tanti autori se ne sono occupati. Ecco perché spesso il personaggio è andato incontro a periodi di stanca a livello narrativo, che hanno portato a soluzioni drastiche pur di risollevarne in qualche modo le sorti o dare un taglio a questa lenta agonia.

E’ successo con la succitata Planet Hulk, dove il Golia Verde è stato letteralmente “sparato” su un altro pianeta, anche per non averlo tra i piedi nell’imminente Civil War, mentre nella seconda guerra civile tra supereroi hanno pensato di farlo fuori direttamente, trafiggendolo con una freccia scoccata da Occhio di Falco. Un modo come un altro per togliersi di mezzo un personaggio “scomodo”, quando c’era già in circolazione una sua versione più giovanile, ovvero il “fichissimo Hulk” Amadeus Cho.

Si sa comunque che nessuno muore mai per davvero nell’universo Marvel, specie personaggi così iconici come Hulk, ed era solo questione di tempo prima che rifacesse capolino sulle pagine di Avengers e infine tornasse con una nuova serie a lui dedicata, in occasione del Fresh Start che ha coinvolto quasi tutte le testate della Casa delle Idee.

Il titolo, L’Immortale Hulk, è già tutto un programma e ci ribadisce a chiare lettere che il nostro Gigante di Giada non può morire, per cui, per quanto ci si possa impegnare a far fuori il povero Banner, il suo mostruoso alter-ego tornerà in vita sempre, come il peggiore dei vostri incubi ! E non è un caso che abbia utilizzato questa espressione, in quanto L’Immortale Hulk sarà una serie dai marcati tratti horror, nella quale ritroveremo un Golia Verde quanto mai spaventoso e inquietante, che riemerge al calar della sera come nelle sue primissime avventure, scritte dal mitico Stan Lee.

Il nuovo scrittore Al Ewing realizza una sceneggiatura molto lineare e scorrevole, che sembra l’episodio pilota di un telefilm, anche per come sono impostate le tavole e lo storytelling. E questo riferimento non è casuale, visto che la serie sembra ispirarsi proprio al mitico serial tv degli anni Ottanta con Bill Bixby e Lou Ferrigno, dove il nostro dottore girovagava per gli Stati Uniti, imbattendosi ogni volta in casi che richiedevano l’intervento del suo alter-ego verde.

L’impostazione della serie di Ewing è la stessa. A parte gli Avengers, nessuno sa che Banner è ancora vivo e lui approfitta di questa situazione per continuare la sua vita senza essere disturbato, fuori dalle luci dei riflettori. Ma ovviamente i guai lo perseguitano sempre e in questo primo numero, ad esempio, una rapina a una stazione di servizio andrà a finire molto male, coinvolgendolo in prima persona…

Lo scrittore denuncia in maniera neanche troppo velata le lobby delle armi e le nefaste conseguenze della loro diffusione, soprattutto tra i giovani. La crudezza del racconto prende poi una deriva horror quando entra in scena il Golia Verde, qui più che mai mostruoso e crudele, molto lontano dall’eroico gigante buono visto al cinema accanto agli Avengers.

Non aspettatevi la solita storia di supereroi, dunque, ma qualcosa di molto più oscuro e terrificante, che accentuerà ancora di più il dualismo tra l’uomo e il mostro, qui rappresentato con la classica metafora del riflesso nello specchio, il quale spesso ci mostra ciò che veramente siamo o quello che cerchiamo di nascondere, a noi stessi e agli altri.

Graficamente Joe Bennett riesce molto bene a tradurre in immagini la sceneggiatura cine-televisiva di Ewing, scandendo in maniera precisa e regolare lo scorrere degli eventi, fino all’exploit dell’arrivo di Hulk, con due doppie splash-page nelle quali si può notare tutta l’imponenza fisica e la muscolarità che riesce a conferire al personaggio. L’elemento che colpisce sono anche i lineamenti e l’espressività del Gigante di Giada, scimmiesco ma allo stesso tempo crudele e dal ghigno inquietante.

Se amate il Golia Verde, specialmente quello classico o comunque più mostruoso, non lasciatevi sfuggire questa serie, che di certo si discosta da buona parte dell’attuale parco testate Marvel/Panini, anche se – ahimè – dovrete accontentarvi di una sola storia al mese, vista la vicinanza con le pubblicazioni oltreoceano.

 

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