I.L – La ragazza dai mille volti di Tezuka Osamu | Recensione

Pubblicato il 24 Ottobre 2018 alle 11:00

J-Pop e Hazard Edizioni presentano al pubblico italiano i primi volumi della collana Osamushi.

Così, tra le varie opere più o meno note del dio dei manga, in questa collana, che porta un gioco di parole che sarebbe piaciuto molto al maestro (“mushi” significa insetto ed è un omaggio che viene fatto alla passione di Tezuka per gli insetti) troviamo anche I.L, opera inedita di Osamu Tezuka nel nostro Paese, in cui l’autore si stacca ancora una volta dal manga mainstream  (ma quando l’ha inventato lui ancora non si sapeva che lo sarebbe diventato) per provare nuovi temi, dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse ancora bisogno, quella poliedricità che lo ha portato ad inventare generi e narrazioni.

In questo volume troviamo come protagonisti un regista cinematografico, Daisaku Imari, tormentato dal fatto che i gusti del pubblico sono cambiati (ovviamente, secondo lui, in peggio), e una giovane vampira che gli fa da assistente nel lavoro; la ragazza si chiama, appunto, “IL”, dando il nome anche alla storia. Il regista è stato consigliato dal conte Alucard a legarsi alla giovane donna mutaforma, in realtà una bambola cui viene data dal regista la vita, e con lei incrocia le vite e le storie di una umanità feroce e direi a tratti perversa e disgustosa. Ancora una volta Tezuka dimostra di voler riflettere sulla natura umana delle persone e lo fa con le sue solite classe e profondità, come già intrapreso nel di poco precedente Swallowing the Earth.

Non è un esperimento nuovo per Tezuka, che già circa un anno prima, nel 1968, aveva dato alla luce una opera controversa come Diletta, in Italia per 001 Edizioni/Hikari, in cui un regista cinematografico (evidentemente un tipo di personaggio che Tezuka per l’ambiente che frequentava riteneva adatto a mostrare il lato peggiore dell’umanità) sfruttava una ragazza per il successo, con conseguenze tuttavia surreali e catastrofiche.

Ma, se in Diletta Tezuka adottava una storia sequenziale, con alcuni cali nella tensione della trama, qui sceglie un approccio più agevole, soprattutto tenendo conto della pubblicazione sulla rivista Big Comic di Shogakukan, e struttura la storia ad episodi, in cui si segue più o meno lo stesso canovaccio narrativo, ovvero un cliente si rivolge a Il ed al regista per farsi sostituire per un qualche motivo; da qui parte la singola  trama.

I singoli episodi trattano tematiche molto varie, che vanno da questioni familiari a tematiche politiche, non disdegnando alcuni riferimenti non troppo velati alla contemporaneità politica e sociale in cui si trovava a vivere Tezuka. Parallellamente si dipana la storia che unisce tutta l’opera, ovvero la decisione di Daisaku su quale strada seguire, se abbandonare i propri sogni e le proprie aspirazioni oppure arrendersi alla contemporaneità. Con questa struttura narrativa la lettura è ancora più agevole, consentendo al lettore di godersi ogni singola storia, ben cesellata dal padre del manga moderno, che qui sembra volere denunciare, con forza, la sconfitta del fantastico di fronte alla corruzione umana del presente e della modernità. Ma, si badi bene, il fatto che la lettura sia agevole non significa che il tema non sia trattato con la dovuta profondità; qui sta l’abilità del narratore, nel rendere facile e piacevole quello che per altri sembra impossibile.

Dal punto di vista dello stile, anche qui Tezuka non riesce a rimanere su un registro serio per tutta la storia, confermando il suo pensiero per il quale il fumetto deve esere divertente e non solo pedagogico. A ciò si accompagna il tipico stile di disegno che non cerca il realismo spiccio, ma piega il disegno al suo pensiero, che, anche se esprime tematiche indubbimente serie, non dimentica di dover attrarre il lettore, con la dinamicità che ha reso Tezuka un paradigma per tutti quelli che l’hanno seguito.

 

 

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