Vivi e Vegeta Vol. 2 – Odio di Palma | Recensione

Pubblicato il 18 Ottobre 2018 alle 10:00

Ritorna, in formato cartaceo per BAO Publishing, Vivi e Vegeta, il webcomic di Francesco Savino e Stefano Simeone, con una seconda ed ultima stagione abrasiva.

Un pomodoro è stato ucciso stanotte. Inizia così il secondo ed ultimo volume, targato ovviamente BAO Publishing, di Vivi e Vegeta intitolato in maniera altrettanto puntuale Odio di Palma.

Il Distretto delle Piante, in eterno conflitto con il Distretto dei Fiori, è in tumulto. L’arrivo delle piante di Palma, in fuga dal mondo degli umani e dalla caccia alle streghe attuata nei confronti dell’olio che producono, hanno spezzato un equilibrio già precario e il partito dei Sempreverde guidato dal folle leader Salvius alimenta una campagna di odio senza precedenti e 10 anni dopo gli eventi del primo volume lo spettro degli Adoratori dello Scalogno si allunga nuovamente sul regno delle piante ma questa volta i suoi contorni sembrano essere ancora più spaventosi e radicalmente estremi.

I due poliziotti Pepper e Basil iniziano così ad indagare sull’omicidio scoprendo che si tratta solo della punta di un iceberg, una cospirazione che unisce in maniera in maniera assurda superstizione e razionalità, politica e “religione”. Ma Lyco, questo il nome del pomodoro, era anche legato al gruppo di fiori che proprio 10 anni prima aveva combattuto contro gli Adoratori e soprattutto era legato all’eroe di quella “impresa” il cactus Carl… cactus creduto morto anni fa dai suoi amici e che ora invece suo malgrado si ritroverà a lottare per tutto il regno vegetale anche se lui stesso ha perso la speranza oltre che la ragione di vivere.

 

Man mano che la cospirazione verrà dipanata e la minaccia si concretizzerà in tutta la sua drammaticità, Carl dovrà compiere un doloroso percorso interiore non solo per sventare il terribile piano ma anche per riconciliarsi con i suoi “amici” e soprattutto con sé stesso. Il finale è scontato ma non così scontato come potrebbe apparire perché veicola un messaggio tremendamente attuale: per cambiare la realtà bisogna innanzitutto cambiare noi stessi e il nostro modo di pensare.

Odio di Palma è senza ombra di dubbio una storia che definire ambiziosa sarebbe un mero eufemismo.

Francesco Savino radicalizza – attenzione a questa parola che è forse il perno di tutto l’impianto narrativo del volume – i temi già in parte esposti nel primo volume. Lì però il colpo non veniva, volutamente?, affondato cedendo il passo ad una storia a tratti onirica – per rinfrescarvi la memoria, la recensione completa la trovate QUI – mentre in questo volume le istanze socio-politiche sono fondanti e di una terrificante attualità.

Gli avvenimenti del libro infatti vengono scatenati sfruttando l’artefatta xenofobia imbastita da Salvius, in una retorica tristemente attuale e per noi familiare, e usata di fatto per distrarre la popolazione delle piante dai suoi reali intenti.

Per certi aspetti l’autore fa sua la lezione di una certa narrativa a fumetti colorata di politica – parlo dei primi autori britannici come Jamie Delano piuttosto che Alan Moore e soprattutto di un certo fumetto argentino come il duo Munoz/Sampayo, Odio di Palma ricorda in alcuni frangenti iniziali alcuni passaggi di Alack Sinner, e soprattutto Héctor Oesterheld – questo perché non si perde mai di vista la natura intima di cui la dimensione politica è mera espressione.

A metà volume infatti il dramma politico si allarga, diventa sociale e Carl nel suo faticoso percorso di redenzione diventa un simbolo di redenzione per tutti coloro che non vogliono arrendersi ad una “brutta” realtà.

La soluzione narrativa di Savino non è facile ma è appagante seppure proprio nello stacco fra dimensione sociale e personale l’autore perde per un attimo il pomello della narrazione con un passaggio un po’ troppo repentino che impiega qualche pagina per carburare.

Maturano anche in maniera evidente le matite di Stefano Simeone. Il suo tratto ora è più sicuro e deciso pur mantenendo stile riconoscibile fatto di linee sottili ed affusolate, tuttavia l’ambientazione più “urbana” sembra galvanizzarlo caratterizzando subito con personalità i nuovi personaggi e giocando, soprattutto nella prima metà dell’albo, con le inquadrature mutuate dai grandi serial polizieschi ma riletti in maniera personale ed efficace rendendo la lettura dinamica e scorrevole. Nella seconda parte invece il tratto si fa leggermente più nervoso e stilizzato accompagnando così le parti più introspettive della storia.

Chiudono il volume le storie in appendice realizzate dallo stesso Simeone e da La Tram che fungono come una sorta di prequel alla storia principale. Azzeccatissimo per contenuti ma soprattutto per stile grafico rispetto alla parte principale quelle de La Tram che illustra una storia ambientata nel quartiere a luci viola con tratto “matitoso” e colori pastello.

Come sempre ineccepibile la cura carto-tecnica del volume, nel classico “formato BAO”, brossurato con alette.

Se Vivi e Vegeta non era fra le vostre letture, l’uscita del secondo e conclusivo volume è una ghiotta occasione per recuperare una delle migliori serie prodotte in Italia negli ultimi anni anche e soprattutto per la sua disarmante attualità e concretezza.

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