Marvel’s Luke Cage – Stagione 2 | Recensione

Pubblicato il 17 Giugno 2018 alle 20:00

Abbiamo visto per voi in anteprima la stagione 2 di Luke Cage: ecco cosa aspettavi senza spoiler.

Nomen omen dicevano gli antichi Romani. “Il nome è un presagio”, o meglio la convinzione che il proprio nome fosse, e quindi determinasse, il proprio destino. Ed è tutta una questione di nomi nella seconda stagione di Marvel’s Luke Cage, dal 15 giugno interamente disponibile su Netflix.

“Il mio nome non è più Carl Lucas, è Luke Cage” oppure “Il mio nome è Mariah Dillard. non Stokes” sono infatti due delle più frequenti frasi che si sentono infatti nel corso dei 13 nuovi episodi. Se la seconda stagione di Jessica Jones era un approfondimento sulla vita e sul passato della protagonista dopo essere stata presentata al MCU televisivo, i nuovi episodi di Luke Cage si concentrano maggiormente sui villain della storia, senza però dimenticare il protagonista. La stagione è anche quasi una costola di Iron Fist, un naturale prosieguo della storia di Danny e Colleen, ed ecco quindi che l’annuncio che la prossima serie Marvel/Netflix ad uscire sarà Iron Fist 2 e non Daredevil 3 come inizialmente previsto, acquista maggiormente senso.

Luke, dopo aver accettato chi è, deve capire se è l’eroe che Harlem merita o quello di cui ha bisogno, e cosa vuol dire essere un eroe ad Harlem, che è si New York City ma è anche un microcosmo black a parte. E’ diventato un brand, nel bene e nel male, c’è un app per localizzarlo e c’è chi lo riprende costantemente nelle sue “missioni”. Allo stesso tempo cerca di trovare un equilibrio con Claire e ritrovare un rapporto col proprio padre, il reverendo Lucas (il compianto Reg E. Cathey, qui al suo ultimo ruolo), dopo ciò che ha scoperto nella stagione inaugurale sulla propria famiglia.

Dall’altra parte della barricata, troviamo Mariah, divisa fra l’essere una Stokes, una Dillard e Black Mariah, e il fantasma di Mama Mable che aleggia costantemente su tutte le sue scelte, la cui scalata al potere sembra non conoscere limiti, e rivelerà delle sorprese non da poco in questa stagione, se già nella prima vi erano state delle avvisaglie. Alfre Woodard dipinge una donna complessa, determinata, senza scrupoli, che continua a sentirsi in difetto e a dover dimostrare quanto valga a delle persone morte e sepolte, e che quindi non possono realmente appagare il suo bisogno di accettazione.

L’altro personaggio che si conferma affascinante è Shades, ben interpretato da Theo Rossi, che vedrà il suo rapporto morboso con Mariah evolversi, un viaggio sulle montagne russe per entrambi i personaggi, che ingloberanno con loro anche la new entry Matilda, interpretata da Gabrielle Dennis, la figlia estraniata di Mariah che nulla vuole avere a che fare con gli “affari” di famiglia. Una sorta di rise and fall, o viceversa, che travolge tutti i personaggi, anche i cosiddetti “buoni”.

Misty, per esempio, rimasta senza un braccio, sembra aver perso non solo una parte di se ma anche il coraggio e la determinazione e saranno proprio Luke, Danny e Colleen ad aiutarla a riacquistarli. Ognuno dei personaggi dovrà capire il ruolo che il proprio nome comporta nella comunità. Così come il big bad di queste nuove puntate, Bushmaster (Mustafa Shakir), che permetterà di conoscere la popolazione giamaicana e il suo rapporto con la comunità afroamericana. Dopo Diamondback, per un eroe indistruttibile serve un villain altrettanto indistruttibile, e questa volta ci va di mezzo la magia quasi woodoo à là New Orleans.

Marvel’s Luke Cage, proprio come Black Panther al cinema, si dimostra orgogliosamente black in tutto e per tutto, e la musica rap, hip hop acquista ancor più significato e importanza dando voce ad Harlem, ai suoi abitanti e ai protagonisti, con lunghe esibizioni al Paradise, il locale al centro della vicenda. Lunghe come l’aver diluito nuovamente il racconto in 13 episodi quando potevano bastarne anche meno – una critica oramai frequente per le serie Marvel/Netflix, tanto da portare qui a episodi quasi puramente filler come il penultimo, e a vari flashback anche ripetuti per ricordare allo spettatore cos’è accaduto in passato – scelta non propriamente riuscita, dato che parliamo di streaming e binge watching e non di appuntamento settimanale. Cheo Hodari Coker dipana un racconto ben incastonato nell’universo televisivo Marvel, con molti riferimenti ai Defenders e al già citato Iron Fist, e costruisce una stagione sapientemente dosata su tutti i personaggi, vero motore della storia.

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