Pantera Nera: Ta-Nehisi Coates firma una story-line profonda e impegnata [Recensione]

Pubblicato il 16 Dicembre 2016 alle 10:00

Arriva una delle serie Marvel più discusse degli ultimi tempi: Pantera Nera! Non perdete le nuove avventure del sovrano del Wakanda scritte dal romanziere Ta-Nehisi Coates e disegnate da Brian Stelfreeze! Quando impegno e supereroismo si uniscono il risultato è: Black Panther!

Quando si discute di Pantera Nera, il primo supereroe nero dei comics, è impossibile evitare discorsi politici. E’ evidente sin dal nome che fa pensare al movimento delle Black Panther (benché Lee e Kirby, creatori del personaggio, non avessero l’intenzione di alludervi); ed è altresì evidente che le tematiche socio-politiche siano essenziali, specialmente se si leggono le memorabili storie di Jungle Action scritte dal bravissimo Don McGregor.

Fu proprio McGregor, tramite la figura del sovrano del Wakanda, ad affrontare argomenti controversi come la guerra, la contrapposizione tra tradizione e modernità, il razzismo e l’omosessualità, che fecero di Jungle Action e delle altre opere sulla Pantera da lui firmate prodotti non in linea con il classico Marvel style. Nel corso degli anni, vari autori si sono occupati di T’Challa (uno dei più interessanti è stato Christopher Priest) e ora arriva una nuova serie di Pantera Nera che ha fatto subito discutere.

Va specificato che Black Panther ha suscitato l’entusiasmo del pubblico e della critica, vendendo oltre trecentomila copie negli Stati Uniti. Si deve al fatto che le sceneggiature sono di Ta-Nehisi Coates. L’autore è al suo esordio nel mondo dei fumetti ma è noto per la sua attività di romanziere e di giornalista coinvolto nel dibattito sui diritti civili, con un’attitudine spesso polemica.

Come è facile intuire, Coates ha deciso di concentrarsi su questioni politiche e filosofiche con il pretesto di una serie supereroica. Non si può perciò non pensare a McGregor. Coates ha tenuto ben presente quel modello e ha provato a delineare una story-line che fa dell’impegno l’elemento fondamentale. In questo volume che include i primi quattro numeri del comic-book Coates imposta le premesse della vicenda che intende sviluppare.

T’Challa si trova nel Wakanda, una delle nazioni più potenti del mondo, tormentata da un contrasto tra la mentalità tradizionale e il progresso tecnologico. La vita dei wakandiani non è però facile, dal momento che crimini ed efferatezze sono all’ordine del giorno. Apparentemente, sembra che le Dora Milaje, le guerriere guardie del corpo nonché spose di T’Challa introdotte da Priest, si siano rese responsabili di una ribellione. In effetti, alla fine del volume Pantera capirà che dovrà affrontare un’insurrezione ma forse non sono le Dora Milaje il vero problema.

Coates si concentra sul concetto del conflitto. T’Challa è un uomo schiacciato dal peso del potere e la sua voglia di giustizia si contrappone alle ragioni della politica. Ramonda, seconda moglie del compianto T’Chaka, a sua volta vive un contrasto tra i suoi doveri politici e le ragioni dei sentimenti. E lo stesso vale per ogni character presente nella trama. Ognuno è preda di un conflitto personale, tanto che si può giungere alla dolorosa conclusione che sia l’intero popolo wakandiano a essere vittima di divisioni e controversie.

L’autore scrive testi intensi e riflessivi che cercano di richiamare quelli di McGregor. Abbondano le citazioni e i riferimenti (viene usata una poesia di Henry Dumas, ‘Rootsong’, e si colgono echi di autori del calibro di Franz Fanon e Steven Hahn, giusto per citarne un paio) e alcuni dialoghi (vedere quello tra Ramonda e un docente universitario) raggiungono livelli di profondità che non si riscontrano facilmente in un comic-book statunitense. A tratti, però, c’è troppa ridondanza e, in particolare nei primi capitoli, il ritmo della narrazione è lento.

Black Panther giustifica tanto entusiasmo? Non ne sono convinto. Da un lato, abbiamo a che fare con un’opera colta che merita di essere letta. Dall’altro, colgo un eccesso di intellettualismo e di snobismo che compromette il risultato complessivo. C’è inoltre la solita attitudine politically correct che ha preso piede alla Marvel e ha spinto la casa editrice a fare scelte, a mio avviso, conformiste e perbeniste (far scrivere le storie di una supereroina a una donna, in modo da evitare un presunto sessismo; a un’attivista lgbt nel caso di un eroe gay e, ovviamente, a un autore afroamericano come Coates nel caso di Pantera Nera).

Insomma, un’opzione in apparenza controcorrente che di fatto maschera il più becero qualunquismo (senza considerare poi che ‘gli eroi neri affidati solo a scrittori neri’ mi pare davvero una decisione razzista e discriminatoria). Ecco perché non riesco a promuovere del tutto Black Panther che di certo non può essere messo sullo stesso piano delle saghe leggendarie di McGregor, tuttora il migliore autore a essersi occupato di T’Challa.

I disegni sono di Brian Stelfreeze e il suo stile fluido, elegante e dettagliato costituisce uno dei punti di forza della collana. Ha il merito di evocare con maestria il carisma e il fascino di uno degli eroi più suggestivi della Marvel e di caratterizzare egregiamente gli altri personaggi.

Le rappresentazioni dei paesaggi africani sono impeccabili e lo stesso vale per quelli incentrati sulle ambientazioni iper-tecnologiche. La dicotomia tra antichità e modernità è palese proprio grazie al lavoro di Stelfreeze. Anche se non pienamente riuscita, la nuova serie di Black Panther è tuttavia da tenere d’occhio e vale un tentativo.

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