Sugar Skull: Charles Burns completa la sua trilogia – Recensione

Pubblicato il 26 Settembre 2016 alle 11:25

Rispettando il suo solito “ritardo”, il fumettista Charles Burns ritorna con il suo ultimo lavoro Sugar Skull, mettendo un punto sulla sua trilogia iniziata nel 2011.

Si completa la trilogia che il fumettista Charles Burns aveva iniziato nel 2011 con il fumetto X’ed out e continuato poi l’anno seguente con The Hive. Uscito in Italia per Rizzoli Lizard, Sugar Skull è il terzo volume con il quale Burns dà prova, ancora una volta, delle sue doti sia di sceneggiatore che disegnatore.

A tutti coloro che non hanno familiarità con le opere del fumettista americano, possiamo dire che è stato uno degli artisti più importanti della scena underground tra gli anni novanta e duemila. Si può quasi allineare la sua arte alla musica “alternative” che si respirava negli USA proprio in quegli anni.

Burns continua a creare ambienti e situazioni che sono a metà tra il lisergico e l’horror, il tutto incastrato in storie nelle quali i temi dell’adolescenza – come sesso e droga – rendono i suoi lavori crudi e allucinanti allo stesso tempo.

Più d’una punta di William Burroughs è facile scorgere nel fumetto di Burns; personaggi e ambienti  venuti fuori dalla matita del fumettista americano, sembrano rispecchiare i toni onirici dello scrittore di St. Loiuse.

Protagonista di Sugar Skull è Doug, un ragazzo ossessionato da visioni notturne che si ripetono sempre uguali. Immagini e scene quasi raccapriccianti riempiono le pagine di questo fumetto; l’autore sembra quasi voler giocare con il lettore, trascinandolo in un universo spaventoso che presenta tracce subdole di realtà.

L’immedesimazione in Doug avviene quasi in maniera naturale; il fumettista ricalca nelle mente di chi legge il passato da teenager che tutti abbiamo vissuto, quel tempo  ormai lontano dove tutto era sbagliato.

Parlare di un’evoluzione in questo lavoro di Burns forse sarebbe un errore dato che parliamo della conclusione di una trilogia, ma qualche variante stilistica è comunque presente; differenze dettate anche dall’evoluzione dello stato mentale di Doug: annebbiato nel primo volume, passa pian piano a chiaro e meno fumoso in quest’ultimo.

Dunque un Charles Burns in forma, che continua a stupire con il suo tratto pop; un fumettista che riesce a tenere ancorati alla pagina, attingendo all’universo adolescenziale dal quale autore e lettore non hanno ancora la voglia di evadere.

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