Recensione – The Leftovers 2×4: nessun miracolo a Miracle

Pubblicato il 28 Ottobre 2015 alle 15:15

Nuova settimana, nuova recensione.

The Leftovers entra nel vivo con Orange Sticker, quarto episodio della seconda stagione che, dopo ben due digressioni in altrettante puntate, ci riporta ai momenti finali del primo episodio concentrandosi sulla scomparsa di Evie Murphy e le conseguenze psicologiche che (questa nuova Sparizione?) ha portato nella vita degli abitanti di Miracle.

Soprattutto in Nora.

Si, perché la puntata inizia proprio con la compagna di Kevin, che si sveglia a causa del terremoto visto nell’episodio uno solo per scoprire di essere sola nel letto. Di Kevin non c’è traccia. E la povera Nora, che per quanto si sforzi di nasconderlo è ancora ovviamente sconvolta dalla Sparizione della sua intera precedente famiglia, quando viene a sapere che la figlia dei vicini e le sue amiche sono scomparse nel nulla e che tutta la comunità le sta cercando senza risultati, semplicemente dà di matto. E come biasimarla?

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All’epoca della prima Sparizione Nora ha perso tutto. Marito e i due figli. Statisticamente parlando, potrebbe essere la persona più sfortunata del mondo. E, diciamolo, vedendo quel cane dare di matto e correre per la strada con un guinzaglio ma nessun padrone, abbiamo avuto un piccolo brivido lungo la schiena. Abbiamo capito cosa è successo davvero. Abbiamo capito che è successo un’altra volta.

E Nora ha pensato di aver perso Kevin, che nel cuore della notte non era in casa. Quando il suo compagno torna, il viso dell’attrice è la maschera del sollievo, che però si scioglie in un immediato senso di freddo disagio. Se Kevin non è Scomparso, allora dov’era andato a cacciarsi nel cuore della notte? Il suo sonnambulismo è tornato?

Da queste prime battute potremmo pensare che, come i precedenti episodi, anche questo si concentrerà quasi esclusivamente su un personaggio. Eppure non è così. Orange Sticker è il racconto corale di come la meravigliosa e ridente cittadina di Miracle inizia il suo inesorabile tracollo verso la più totale disgregazione sociale.

Avete presente la fine che ha fatto la città di Mapleton? Ecco, probabilmente con Miracle le cose non andranno diversamente. Insomma, i suoi abitanti pensavano che fosse un posto speciale, la nuova La Mecca, meta di pellegrini e credenti che arrivavano lì da ogni angolo del mondo perchè fino a questo momento nessuno era mai Scomparso da quel posto. Fino a questo momento, già.

Però la questione è un tantino più spinosa di così, in effetti.

Tutto l’episodio gira intorno al ‘cosa potrebbe essere successo’: c’è chi è convinto che Evie e le sue amiche siano Scomparse, che si sia verificata un’altra Sparizione; chi invece è sicuro che le ragazze sono da qualche parte, magari semplicemente scappate di casa, magari rapite e uccise da qualcuno; e c’è chi è sicuro che una seconda Sparizione non capiterà mai.

“Il diluvio c’è già stato, e l’arca è già salpata. Perchè Dio dovrebbe fare un secondo giro?” Parole di Nora, durante un toccante confronto con Jill, nel quale la donna cerca di spiegare alla figlia di Kevin che al tempo della prima Sparizione non tutte le persone che si pensava fossero scomparse erano effettivamente scomparse. Alcune, semplicemente, avevano approfittato del ‘più grande capro espiatorio’ della Storia per prendere il largo e fuggire dalla propria vita.

 

 

 

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Nel corso dei 60 minuti dell’episodio succedono tante altre cose però. Forse, non sarebbe ingiusto consegnare a Orange Sticker la palma di ‘episodio più movimentato della stagione’. Finora, per lo meno.

Vediamo come si sviluppi lentamente ma in modo assolutamente genuino il rapporto fra Jill e Michael, il figlio dei Murphy. Scopriamo definitivamente (ci era solo stato suggerito) che Matthew è stato testimone della potenza di Miracle, che quella città ha davvero qualcosa di speciale, ma che gli è stato intimato di tenerselo per se. Vediamo il dolore dilaniare John e Erika (ma soprattutto John, o per lo meno è lui quello che finisce maggiormente sotto la lente di ingrandimento in questa puntata) per la scomparsa di Evie.

Ma soprattutto – ed è un grosso soprattutto – la sceneggiatura inizia a chiedersi (e farci chiedere) cosa abbia per la testa Kevin. Insomma, si è trasferito con sua figlia, la sua nuova compagna e la figlia adottiva in una nuova città per ricominciare, tutto sembrava andare alla grande (fantasma di Patti escluso) e poi alla fine del secondo episodio si risveglia sul fondo di un lago con un blocco di cemento legato alla caviglia perché mentre dormiva, il suo sonnambulismo lo ha portato dall’altra parte della città a cercare di suicidarsi. E ci sarebbe riuscito se la seconda Sparizione non avesse fatto scomparire perfino l’acqua del lago.

 

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E finalmente decide di dare ascolto alla visione di Patti, di risponderle (anche per insultarla, il più delle volte), ed è proprio Patti a fargli aprire gli occhi: “Ci sono persone che tentano il suicidio solo per attirare l’attenzione. E poi ci sono quelli che vogliono davvero togliersi la vita.”

E la cosa inquietante è che Kevin scoppia in lacrime, sconvolto da quella rivelazione. Come se non ne sapesse niente di quella storia. E’ stupito di essersi ritrovato in quel lago prosciugato, come era scioccato di aver ripreso lucidità in una capanna isolata nel bosco e colpevole di rapimento. Questo apre uno spiraglio sconcertante non solo sulla sua psiche, ma sulla sua intera esistenza.

In pratica, è come se ci fossero due Kevin. Uno di giorno, che cerca di godersi la nuova vita che si è creato con Nora. E un altro, che di notte si sveglia di soprassalto e fa cose inquietanti che il primo Kevin non farebbe mai, come sparare ai cani insieme a Dean, che rapisce Patti, che tenta il suicidio. Chi è questo secondo Kevin? Non l’abbiamo mai incontrato. Ci siamo sempre ritrovati di fronte al fatto compiuto, di fronte al primo Kevin, quello diurno, che ogni volta si risveglia nel bel mezzo del pasticcio in cui il suo psicopatico alter-ego notturno lo ha fatto finire.

Una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde, ma ancora più inquietante. Perché qui si tratta di una persona normale affetta da un disturbo reale.

Ed è questo che fanno i traumi, alla fin fine. Ti scombussolano la mente fino a che non perdi completamente la testa. E quando succede è difficile tornare indietro.

 

 

 

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