Big Hero 6 – Recensione

Pubblicato il 18 Dicembre 2014 alle 00:01

San Fransokyo. Il quattordicenne Hiro è un precoce genio della robotica che spreca le sue capacità partecipando a scontri tra robot. Suo fratello maggiore Tadashi mette a frutto lo stesso talento per scopi umanitari. Ha creato il robot sanitario Baymax e spinge Hiro ad entrare nel laboratorio universitario presentandogli i suoi quattro amici e colleghi: GoGo, Wasabi, Honey Lemon e Fred. Quando il fratello resta ucciso in un terribile incidente e si palesa un misterioso nemico, Hiro, il goffo Baymax e i suoi nuovi amici decidono di affrontarlo diventando un gruppo di supereroi: i Big Hero 6.

Big Hero 6

Il connubio tra Marvel e Disney, che ha già dato vita alla redditizia saga filmica dei Vendicatori, prosegue con questo lungometraggio d’animazione liberamente tratto dal fumetto omonimo della Casa delle Idee. Il gruppo di supereroi giapponesi è stato creato da Steven T. Seagle e Duncan Rouleau per la serie Alpha Flight ma esordisce prima sulla propria testata, Sunfire & Big Hero 6, ad opera di Scott Lobdell e Gus Vasquez. Il team è stato poi rilanciato dieci anni dopo in una miniserie scritta da Chris Claremont e disegnata manga-style da David Nakayama.

La versione cinematografica si propone di presentare lo stesso ibrido stilistico tra fumetto americano e giapponese a partire dall’immaginaria metropoli d’ambientazione che mescola San Francisco a Tokyo. I registi Don Hall e Chris Williams non si discostano dagli stilemi disneyani proponendo una rilettura all’insegna di risate e buoni sentimenti. Vero protagonista del film è Baymax, robottone infermiere goffo e tenerone, doppiato dal presentatore nazionalpopolare Flavio Insinna.

Baymax si trova di fronte a qualcosa che non può curare con semplici strumenti sanitari: la morte di Tadashi e il lutto che di conseguenza Hiro porta dentro di sè. Il robot racchiude le personalità di entrambi, quella più assistenziale e caritatevole del suo creatore e quella più spiccatamente distruttiva del fratellino. Solo raggiungendo il perfetto equilibrio, Baymax diverrà il supereroe che cercherà di salvare San Fransokyo insieme ai Big Hero 6.

Chiaramente, il rapporto tra Hiro e Baymax è il motore emotivo del film e il robot viene sfruttato in tutte le gag più riuscite. Gli altri quattro comprimari, nerd che diventano supereroi, fungono sempre da diversivo comico o come elemento action. Il livello dell’animazione è buono, pur senza presentare grosse innovazioni, e si lascia apprezzare soprattutto per la mimica dei personaggi. La prima parte della pellicola è esilarante e trascina il pubblico senza un attimo di sosta, poi i risvolti narrativi diventano più prevedibili, il combattimento finale con il malvagio Yokai non denota grosse idee e salta fuori il consueto epilogo strappalacrime.

Immancabile la scena durante i titoli di coda in puro stile Marvel. Il cortometraggio Winston, proiettato insieme al film, si rivela pregevole più per la simpatia del cagnolino protagonista che per il plot in sé che richiama fin troppo Paperman, altro corto Disney del 2012 uscito insieme a Ralph Spaccatutto.

Baymax sta già entrando nel cuore del pubblico ed è molto probabile che lo rivedremo ma il film non presenta grossi acuti sul piano della narrazione o dei temi supereroistici e non raggiunge certo le vette de Gli Incredibili della Pixar. La vicenda è solo un pretesto per risate, tenerezza e simpatia. In tal senso, è un prodotto che funziona.

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