Voglio mangiare il tuo pancreas di Shinichirō Ushijima | Recensione

Pubblicato il 21 Gennaio 2019 alle 14:00

Il film apre gli Anime al cinema 2019 di Nexo Digital e Dynit.

Quando si viene a sapere che la propria data di scadenza come esseri umani è più definita e vicina di quanto credessimo, le reazioni sono fra le più disparate. Voglio mangiare il tuo pancreas, il film anime di Shinichirō Ushijima che apre la stagione 2019 degli Anime al cinema di Nexo Digital e Dynit il 21, 22 e 23 gennaio, racconta proprio dell’incontro fra una ragazza con una malattia terminale al pancreas e di un ragazzo taciturno, e di come le loro vite cambieranno grazie a questo incontro.

Tratto dal romanzo omonimo di Yoru Sumino del 2014, da cui sono stati ricavati anche un manga nel 2016 e un film live action diretto da Sho Tsukikawa nel 2017, Voglio mangiare il tuo pancreas, come spesso capita, offre un titolo effervescente e originale per una tematica al contrario seria e, all’apparenza, cupa. Molti nell’animazione – Tim Burton in primis – hanno trattato il tema della morte come qualcosa non da temere ma da celebrare e comprendere come parte, non polo opposto, della vita; un po’ come fa la cultura messicana (Coco). E come fa la fotografia coloratissima di questo film.

A proposito di poli opposti, i caratteri dei due protagonisti non potrebbero essere più diversi. Lui è taciturno, introverso, sempre impegnato a leggere libri poiché gli danno più appagamento della vita reale, e con il passatempo, parole sue, di immaginare cosa gli altri pensano di lui piuttosto che interagire con loro. Lei è estroversa, piace istintivamente a tutti e cerca di mantenere un buon rapporto con chiunque. Un incontro casuale (forse) all’ospedale fa sì che lui divenga l’unico a conoscenza del segreto di lei, al di fuori della sua famiglia. Nè gli amici nè l’ex fidanzato sanno nulla. Questo porta i due a frequentarsi spesso fuori da scuola, alimentando il chiacchiericcio e lo sbigottimento dei compagni. Perché scegliere di aprirsi con uno “sconosciuto”? “Perché mi offri verità”, dice lei, data la schiettezza di lui quasi al limite del sociopatismo, non sapendo relazionarsi con gli altri.

Haruki e Sakura – che in giapponese significano Primavera e Ciliego, un po’ come le Summer e Autumn di 500 Days of Summer – impareranno entrambi l’uno dall’altra, in una storia di crescita e di formazione che è più di questo. Una storia che possiede un pizzico di Serendipity per la serie di concidenze (secondo la protagonista sono scelte) che portano i protagonisti a reicontrarsi, e la delicatezza de La forma della voce nel modo con cui viene affrontato un tema difficile come la malattia e la morte giovanili.

Se Into the Wild ci diceva che “La felicità non è reale se non è condivisa”, Voglio mangiare il tuo pancreas ci ricorda, attraverso la sua protagonista, che “Vivere significa amare e essere amati”. Che siano amici, fidanzati, bisogna uscire dal nucleo familiare e aprirsi il più possibile con gli altri. Si rimarrà magari scottati, ma si riceverà anche tanto calore umano. D’altronde queste relazioni non sono appunto casuali, bensì il risultato di una serie di scelte. La regia di Ushijima si concentra su particolari e dettagli dell’ambiente così come dei personaggi per esprimere il loro stato d’animo.

La scelta di Sakura di affrontare con il sorriso la malattia e le risposte e reazioni involontariamente comiche di Haruki compongono quasi una danza lungo tutto il film, emozionante, avvincente, dai risvolti anche inaspettati, che colpisce nel profondo lo spettatore. Fino ai titoli di coda, dove vi consigliamo di rimanere proprio fino alla fine.

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