Disincanto di Matt Groening – Stagione 1 | Recensione

Pubblicato il 19 Agosto 2018 alle 12:00

Nel regno medievale immaginario di Dreamland una principessa alcolizzata, un demone e un elfo di nome Elfo saranno la bizzarra compagnia che anima una storia storia tutto sommato gradevole, ma che non spicca mai il volo.

Dalla mente del creatore dei Simpson e di Futurama arriva Disincanto, la prima serie animata realizzata da Matt Groening per Netflix (le sue due serie precedenti sono state create per 20th Century Fox Television) e della quale la piattaforma ha richiesto all’autore la realizzazione di 20 episodi, i primi 10 dei quali sono disponibili da ieri su Netflix.

In breve e senza rivelarvi alcuno spoiler, Disincanto racconta le (dis)avventure in cui si imbatte la principessa Bean quando decide di mandare a monte le sue nozze programmate con il principe di Bentwood (il fine è una alleanza politica).

  • Un vero disincanto

Iniziamo con una breve premessa: chi scrive è una fan accanita da decenni di Matt Groening per via del suo forte sarcasmo, delle battute demenziali e nonsense, delle trovate geniali e inaspettate, della caustica critica sociale e della forte caratterizzazione dei personaggi.

Ciò che rende memorabili alcune battute tratte dai Simpson e da Futurama è un senso dell’umorismo marcatamente spiccato (o spiccatamente marcato?), per cui sarebbe più che lecito aspettarsi dall’uomo che ha creato il professore che può collegare qualsiasi cosa a qualsiasi altra una serie nuova e originale che causi sovente risate isteriche come la scena in cui Homer sfonda una finestra di casa sua con dei biglietti della lotteria in mano e un pennarello su per il cervello.

A onor del vero, va anche detto che le ultime serie dei Simpson dimostrano un certo calo qualitativo, mancando del mordente delle serie precedenti, il che di per sé potrebbe bastare a far calare le aspettative per Disincanto, e io sono sicuramente fra quelli che si sono avvicinati con un misto di gioia e timore a questa nuova fatica di Matt Groening: in un certo senso, sapevo che non mi sarei potuta aspettare un capolavoro, ma la speranza è l’ultima a morire, come si suol dire, per cui posso ora affermare con certezza, dopo la visione della prima stagione di Disincanto, che la mia speranza non è ancora morta (ci sarà sempre la seconda stagione). Ha solo avuto un incontro ravvicinato con Drederick Tatum.

Disincanto è una serie che, nel complesso, scorre in maniera piuttosto fluida, ma che manca quasi sempre di mordente e di battute memorabili, presentandosi, dunque, come un prodotto che sembra vertere più sugli intrecci della storia narrata che sugli elementi, per così dire, più tipici delle altre creazioni di Groening.

  • Una blanda critica

Anche in Disincanto sono presenti alcune tematiche care al nostro Matt Groening, come la messa in dubbio della religione, in fortissimo contrasto con la scienza, anche se vista come più credibile e veritiera di quest’ultima, in maniera coerente  con l’ambientazione in un Medio Evo fantasy, la costante paura del diverso, che porta inevitabilmente al conseguente desiderio di sopraffazione del diverso in quanto non conosciuto, il che ha portato alla creazione di personaggi ignoranti nel senso etimologico del termine, perché, per l’appunto, ignorano, non conoscono.

La religione, poi, viene definita come una sorta di sistema che ha eretto chiese monumentali di dimensioni demenziali per venerare un Dio che forse nemmeno esiste e, soprattutto, per far sentire gli uomini piccoli nei suoi confronti. Ovviamente, al metodo scientifico vengono preferiti riti magici e/o religiosi.

La società è ovviamente prettamente maschilista, l’educazione delle donne e la loro indipendenza sono dunque malviste, mentre la vita nei bassifondi viene mostrata anche in maniera piuttosto cruda; Disincanto presenta infatti una certa presenza di scene sanguinolente, teste mozzate, interiora e quant’altro, ma non si tratta di splatter fine a se stesso, poiché è funzionale alla rappresentazione di un mondo crudele in cui le condizioni igienico-sanitarie non sono proprio il massimo a corte, figuriamoci nei bassifondi.

In questo, c’è dunque una volontà di mostrare un mondo arretrato, attanagliato dalle pestilenze e dalla povertà estrema, che spinge le persone più indigenti perfino a vendere i propri figli.

Nonostante questo, però, la caustica critica alla società che è una costante nelle opere di Groening è qui piuttosto scialba, come anche la maggior parte delle battute, con il risultato finale di un prodotto che sembra quasi abbozzato, ma che potrebbe essere una sorta di preparazione a qualcosa di più intenso, che magari è stato lasciato per la seconda stagione della serie. Non resta dunque che sperare in un innalzamento dell’asticella futuro.

  • Citazioni, citazioni ovunque

Se volessimo paragonare Disincanto alle altre serie realizzate da Matt Groening, potremmo dire che si avvicina più a Futurama che ai Simpson. Parlando invece delle fonti di ispirazione a cui ha attinto Matt Groening, possiamo affermare che, come sempre, sono molteplici, come anche le citazioni e i cosiddetti Easter Egg, inseriti qua e là nelle varie puntate. Elencarli tutti sarebbe complesso, ma vi farò un bel po’ di esempi, così, per sollazzarvi, iniziando dai personaggi principali di Disincanto:

  • Principessa Tiabeanie detta Bean: si tratta di un personaggio femminile dal carattere molto forte e indipendente, che sfida le convenzioni sociali e si pone come artefice del proprio destino. In lei si può rivedere in parte la principessa Merida, protagonista del film animato Disney del 2012 Brave, il cui titolo in italiano è stato distorto in Ribelle. Se invece vogliamo guardare ai Simpson e a Futurama, i corrispettivi di Bean nelle altre serie create da Matt Groening sono dunque la giovane buddista vegetariana Lisa Simpson e la monocola mutante Leela;
  • Luci: il demone personale di Bean, cattivo consigliere che la spinge sempre a fare la cosa sbagliata, fa venire in mente il leggendario Bender e il suo scintillante culo metallico, di cui però è una versione decisamente più blanda e paradossalmente meno crudelmente diverte (o divertentemente crudele?). Dal punto di vista meramente visivo, invece, la posizione delle mani di Luci riprende una delle pose tipiche di quelle del signor Montgomery “Monty” Burns, el Diablo col dinero:
  • Elfo: mentre dal punto di vista caratteriale il piccolo e timido amico di Bean ricorda Milhouse per la sua timidezza, Slurm McKenzie per il desiderio di smettere di fare un lavoro sì divertente, ma sempre uguale a se stesso, e il friendzonato Fry, il suo abbigliamento riprende invece quello di Bart Simpson:
  • Regina di Bentwood: ricorda fisicamente il personaggio di Mamma di Futurama:
  • Lucciole: anche nel mondo fatato di Disincanto ci sono le prostitute, un po’ come le robottane di Futurama, solo che qui sono riviste in chiave fantasy: grazie al gioco di parole che rende la parola “lucciola” sia il nome di un insetto associabile alle fate che un sinonimo di “prostituta”, a svolgere il mestiere più antico del mondo troviamo qui delle fatine. In particolare, una di loro richiama nell’abbigliamento la Trilly creata dalla Disney e nell’aspetto fisico la vecchia Petunia di Futurama, il che rende il personaggio una sorta di versione invecchiata male proprio di Trilly:

Sempre per quanto riguarda le autocitazioni, in Disincanto sono presenti alcuni Easter Egg, come l’inserimento in alcune scene di Spider Pork, dal film di animazione dei Simpson del 2007, la presenza di una “Guerra dei Limoni”, che ricorda la vicenda dell’albero di limoni di Springfield rubato dagli abitanti di Shelbiville, e quello che potete trovare qui di seguito, che non necessita di spiegazioni:

Disincanto condivide con Futurama anche la scelta di effettuare alcune riprese con un effetto tridimensionale, mentre le ambientazioni presentano una colorazione che verte principalmente sull’uso dei colori caldi e che fa venire in mente la pittura ad acquerello, il che contribuisce a creare una certa atmosfera vintage e classica.

Le citazioni e i riferimenti ad altre opere, poi si sprecano:

  • Il titolo del secondo episodio è For Whom the Pig Oinks, esplicito riferimento al brano dei Metallica For Whom the Bell Tolls, presente sul secondo album della band del 1984 Ride The Lightning;
  • quando viene presentato il promesso sposo di Bean, il principe Guysbert, viene usato l’appellativo “Slayer di Metallica”, con chiaro riferimento alle band metal Slayer e Metallica;
  • Come si vede già nel trailer della serie, Guysbert si ritroverà la testa conficcata in una delle tante spade che formano un trono presente nella sala, una piccola citazione di Game of Thrones o, se preferite, Il Trono di Spade;
  • in una scena vengono mostrati due maiali mangiare lo stesso tratto di intestino dai due capi opposti, in una ennesima citazione da parte di Matt Groening della conosciutissima scena di Lilly e il Vagabondo;
  • fa una brevissima apparizione anche un Mini Pony volante;
  • quando Elfo esprime la sua nostalgia per la sua terra natale, dice “Nessun posto è come Olmo”, riprendendo in parte una battuta di Dorothy Gale, protagonista delle avventure ambientate nel fantastico mondo di Oz;
  • in una ripresa per le strade del regno, vengono mostrati dei cani che giocano a carte seduti intorno a un tavolo, riprendendo una celebre serie di opere dallo stesso tema dell’artista statunitense Cassius Marcellus Coolidge;
  • quando arriva nel castello un esorcista sulla sua carrozza, l’inquadratura ricorda quella usata per mostrare l’arrivo di al castello del conte Dracula nel film del 1992 Dracula di Bram Stoker, del regista Francis Ford Coppola;
  • in una scena di possessione, la testa della posseduta che ruota di 360° è quasi una citazione d’obbligo dell’Esorcista, film horror classico del 1973 diretto da William Friedkin;
  • la scena del rituale sessuale mistico vede i protagonisti indossare delle maschere e un abbigliamento che fanno venire in mente l’ultimo film di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut, del 1999;
  • in una scena il castello di Dreamland è adornato da dei fuochi d’artificio, in una citazione del classico logo Disney;
  • la favola di Hänsel e Gretel è stata usatata come base per un intero episodio, anche se la storia è stata ovviamente rivisitata.

Matt Groening ha anche inserito alcuni riferimenti alla letteratura classica greca:

  • Odissea: le Sirene, il cui canto fa impazzire gli uomini, costretti a farsi legare agli alberi della nave o a inserirsi dei tappi nelle orecchie per non ascoltare, riprende il mito raccontato da Omero nell’Odissea, collocabile cronologicamente nel VI secolo a.C.; il fatto, poi, che in realtà si tratti di trichechi (a quanto pare, le Sirene vivono su un’isola vicina) è un riferimento a una delle spiegazioni più probabili della nascita delle leggende stesse sulle Sirene, secondo la quale i marinai che avvistavano in mare animali come trichechi, dugonghi o foche monache tendessero a considerarle erroneamente come delle creature per metà donna e per metà pesce;
  • Odissea: la trasformazione in maiale di un personaggio, che richiama le abilità della maga Circe;
  • Le opere e i giorni: quando vengono liberati per errore dei demoni, Bean dice che hanno liberato “il male nel mondo”, ricordando il mito del vaso di Pandora, raccontato nell’opera dell’autore greco Esiodo Le opere e i giorni, risalente all’VIII secolo a.C.
  • Conclusioni

Disincanto è una serie animata per adulti ambientata in un mondo fantasy che sembra doversi mostrare ancora nel suo massimo splendore e caratterizzata da una narrazione fluida, anche se non sempre incisiva. Di sicuro le aspettative erano più alte rispetto a quello che è poi il risultato finale, per cui non resta che sperare in una seconda stagione più divertente, più avventurosa e in cui i personaggi possano mostrare al meglio le proprie caratteristiche peculiari.

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