Jeff Lemire: decostruire i supereroi e narrare la quotidianità [VIDEO INTERVISTA] – Lucca Comics & Games 2017

Pubblicato il 6 Novembre 2017 alle 18:10

Abbiamo incontrato l’autore allo stand BAO Publishing.

Durante l’ultima giornata del Lucca Comics & Games 2017 abbiamo incontrato Jeff Lemire presso lo stand BAO Publishing per scambiare alcune battute sulle nuove serie e sul nuovo graphic novel pubblicati in Italia: Black Hammer, Royal City e Niente da Perdere – trovate le nostre recensioni qui, qui e qui.

Estremamente rilassato e disponibile l’autore canadese ha risposto alla nostre domande sulla sua carriera, sul suo doppio ruolo di scrittore e disegnatore, sul genere supereroistico e sulla sua impressionante prolificità e poliedricità.

Ringraziamo BAO Publishing per la disponibilità e l’ospitalità presso il loro stand.

GIRATE PAGINA SE DESIDERATE LEGGERE L’INTERVISTA

MF: Benvenuto su MF, Jeff!

JL: Grazie a voi per l’ospitalità!

MF: Iniziamo ovviamente con Black Hammer… come è nato Black Hammer e qual è il concept dietro la serie?

JL: A dir la verità Black Hammer è uno dei miei progetti più vecchi.  L’idea mi è venuta circa una decina di anni fa, all’epoca non leggevo fumetti di supereroi ma molta roba indipendente che allora erano davvero pochi e spesso autoprodotti e per lo più di nicchia. Avevo appena terminato il mio primo graphic novel – Essex County – ambientato in una piccola città rurale e in una fattoria simili a quelle in cui sono nato e cresciuto in Canada. Finito quel libro non ero sicuro su cosa voler fare dopo ma ho sempre amato i fumetti di supereroi, specialmente quelli DC Comics che erano quelli che leggevo da bambino, e non avrei mai immaginato che avrei lavorato per DC o Marvel un giorno e così pensai di  realizzare la mia versione di quei personaggi… era la mia lettera d’amore al genere ma l’avrei fatto ricollegandomi idealmente con Essex County dove ci sono i supereroi ma sembrano interagire con la gente “normale”…
Ho iniziato a lavorare alla serie, intorno al 2007/2008, ma per una serie di circostanze sono invece finito a fare Sweeth Tooth per la Vertigo e Black Hammer è finito in un cassetto. Nei dieci successivi ho scritto altre serie e mi sono reso conto che non sarei riuscito a riprenderlo da solo e così ho pensato che sarebbe stato un progetto da condividere con qualcun altro, ho incontrato Dean Ormston [il disegnatore della serie NdA] nel 2011 ad una convention nel Regno Unito… ero un fan del suo lavoro svolto per la Vertigo e così gli ho chiesto cosa ne pensasse del progetto. Ne è stato subito entusiasta e quello che mi piace di Dean è che il suo stile non è quello classico dei fumetti di supereroi e sapevo che se avessi dovuto sviluppare il progetto avrei avuto bisogno di qualcuno che non ricordasse quella iconografia altrimenti non sarebbe stato qualcosa di davvero
differente. Dean è stata una grande aggiunta e ci siamo trovati subito in sintonia ed abbiamo “resuscitato” il progetto recuperando le mie idee iniziali e sviluppandole autonomamente e l’universo di Black Hammer è cresciuto.

MF: In un mondo dove i supereroi sono sempre più tecnologici e corazzati, Black Hammer ha un tocco di retro-sci-fi… era l’idea originale per la serie?

JL: Ci sono 6 personaggi principali nella serie e ho cercato di sceglierli di modo da rappresentare ogni epoca diversa dei fumetti di supereroi che ho amato. Ho guardato al passato anziché al presente e quello che accadeva in quei momenti. Per la Golden Age ho creato Abraham Slam e Golden Gail, per la Silver Age e con l’esplosione della sci-fi dei ’50 e ’60 sono nati Col. Weird e Barbalien, Madame Dragonfly rappresenta un personaggio horror stile anni ’70 o comunque uscito da House of Mystery e dalla prima Vertigo. Ho guardato al passato, anziché ai supereroi moderni, non per creare  un effetto nostalgia piuttosto per scrivere quella “lettera d’amore” al genere e a tutti quei fumetti che amavo da bambino e non a quello che succede ora.

MF: Black Hammer è una serie che indubbiamente decostruisce i supereroi. Quanto è difficile decostruire un genere?

JL: E’ sorprendentemente facile perché prendi Descender per esempio dove devi creare un mondo da zero, con Black Hammer invece ho il lusso di ben 80 anni e più di storie da cui attingere idee è un buon inizio, basta scegliere qualcosa  che ti ispira in quel momento e creare un personaggio basato su quello che ti coinvolge in quel momento. Ho decenni e migliaia di fumetti da utlizzare come base e validi da usare come fonti di idee: è molto figo ed è facile.

MF: Parliamo di Royal City – recentissima serie Image – che è molto “sperimentale” nella forma e nel contenuto. A tratti sembra di leggere una serie TV…

JL: Il mio primo libro è stato nel 2005/2006 Essex County, un lavoro molto realistico e assolutamente non di genere da lì in poi ho scritto molte serie di genere soprattutto di fantascienza e supereroi. Ma volevo tornare alle mie radici con qualcosa di simile ad Essex County senza rifare qualcosa che avevo già fatto in passato. Il punto era approcciarmi ad Essex County come un quarantenne, con tutto il mio bagaglio di esperienze: Essex rappresenta la mia giovinezza e dove sono cresciuto, Royal City è invece dove sono ora con la mia vita e le mie relazioni. Normalmente tratteresti questi argomenti con un graphic novel
anziché con una serie mensile perché di solito lì c’è una idea di base forte prendi per esempio i supereroi o la science fiction che è facilmente vendibile e esplorabile mensilmente. Recentemente mi ha molto affascinato lo sviluppo della serialità televisiva, che è davvero in un’epoca d’oro, con tutti questi incredibili drama che sono in TV ora e dal modo in cui si è sfruttata la serialità per raccontare storie a lungo termine e sviluppare un personaggio in molteplici stagioni anziché in sole due ore di un film hai invece 50/60 ore a stagione per sfruttarlo e svilupparlo da ogni angolazione. E per me è diventato davvero intrigante cercare di farlo anche nei fumetti e fino ad ora è stato davvero appagante.

MF: Bao ha recentemente pubblicato anche il tuo ultimo graphic novel, Niente da Perdere, quanto c’è di Jeff Lemire in termini di esperienze personali in quel lavoro ma anche in quelli di cui abbiamo parlato fino ad ora come Royal City e Essex County?

JL: E’ interessante perché metto molto di me nelle mie storie anche in quelle di supereroi ma non è mai troppo diretta la cosa anche per titoli come Essex County o Royal City che sembrano molto autobiografici. Non è mai l’espressione diretta di quello che sta succendendo nella mia vita spesso combino diverse istanze in un solo personaggio o esperienze di persone che mi sono vicino quindi il “prodotto finale” è un po’ un 50/50 fra le mie esperienze e quelle che rubo dalle altre persone.

MF: Dustin Nguyen, Dean Ormston, Andrea Sorrentino fra gli altri disegnatori con cui hai collaborato: il tuo modo di scrivere cambia in base al disegnatore che ti accompagna in ogni progetto?

JL: No… All’inizio della mia carriera non scrivevo per altri disegnatori e disegnavo le mie storie ma dal 2010 quando ho iniziato a farlo soprattutto quando sono arrivato alla DC era davvero una esperienza nuova per me scrivere storie per altri disegnatori perché scrivevo cose che avrei voluto anche disegnare. Ci sono voluti un paio di progetti per abituarsi all’idea di non controllare la parte grafica ma ho capito sin da subito che i risultati migliori arrivavano quando davo meno indicazioni possibili ai disegnatori dicevo loro cosa disegnare e porre meno paletti possibili così da lasciare loro libertà di esprimersi. Per rispondere alla tua domanda, e dopo aver scritto tanti fumetti per tanti artisti diversi, il segreto è trovare persone con cui riesci a connettere per me ad esempio è successo con Andrea Sorrentino prima alla DC su Green Arrow e poi alla Marvel con Old Man Logan e ora faremo una serie Image chiamata Gideon Falls che è un horror. Ma anche con Dustin e Dean: trovi persone di cui ti fidi e le lasci fare quello che sanno fare meglio. Ma cerco anche persone che mi lascino essere me stesso, per le quali non devo cambiare per cui possa scrivere alla mia maniera e che completino il mio stile e apportino qualcosa di differente. E’ una questione di fiducia reciproca: bisogna essere fan uno dell’altro. Io e Dustin, io e Dean, io e Andrea amiamo quello che facciamo e abbiamo fiducia in quello che facciamo e questo fa uscire il meglio da ognuno di noi.

MF: A che punto del loro corso sono Descender, Royal City e Black Hammer?

Per Black Hammer avremo una piccola pausa dopo il numero 12 per poi riprendere con la seconda serie che non so quanto durerà e la storia sta diventando sempre più grande, sto aggiungendo anche degli spin-off come Frankenstein e altri due su cui sto lavorando per costruire questo mondo. Penso che Black Hammer  sarà un universo che continuerò a creare per i prossimi anni, conosco il nucleo della storia che Dean e io vogliamo raccontare e conosco la fine di quella storia, cosa succederà ma non voglio rivelarvelo… ma soprattutto non avverrà troppo presto.

Descender è una storia enorme. Dustin e io siamo intorno al numero 30, il sesto volume, e posso dire che siamo più o meno a metà è una storia davvero enorme. Ribadisco però che con Dustin, Andrea o Dean continueremo a lavorare insieme per lungo tempo anche quando Descender o Black Hammer finiranno sono sicuro che troveremo lavoreremo su nuovi progetti perché quando trovi persone con cui lavori bene vuoi continuare a farlo.

MF: Tornerai a scrivere graphic novel come Niente da Perdere?

Il graphic novel è fantastico perché puoi avere un inizio, uno svolgimento e una fine e quindi una storia completa ma attualmente sono più interessato a storie dalla forma più articolata: la serie mensile, almeno negli USA, mi permette di non limitare la narrazione. Tutto quello a cui sto lavorando ora quindi sono serie lunghe ma sono sicuro che ad un certo punto tornerò ad una storia più contenuta che si adatterà al formato graphic novel ma almeno per i prossimi anni mi dedicherò a serie mensili.

MF: Ringraziamo Jeff Lemire e Bao Publishing…

JL: Grazie a voi

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