Zoolander 2 – Recensione

Pubblicato il 26 Febbraio 2016 alle 20:00

Dopo 15 anni Ben Stiller riprende in mano il suo celebre personaggio di Derek Zoolander senza riuscire nemmeno lontanamente a ritrovare quello spirito originale, innovativo e demenziale del primo film. Il copia e incolla brutto brutto di un film bello bello in modo assurdo.

Quella di Zoolander è una storia strana, uscito nel lontano 2001 a ridosso dell’attentato alle Torri Gemelle, era stato un flop. Nel tempo poi è stato riscoperto fino a diventare una pellicola cult, amata sia dalla critica che dal pubblico, regalandoci delle scene che rientrano nell’immaginario collettivo. Era un film che prendeva in giro quel mondo della moda così perfetto e lontano, anticipando i tempi che sarebbero arrivati.

Ritroviamo Derek e Hansel ai giorni nostri, dopo che abbandonarono il loro amato mondo della moda in seguito a un brutto incidente. L’incipit è davvero geniale, ripercorriamo gli anni trascorsi dal primo capitolo, attraverso la cronaca dei giornalisti di gossip mentre un nuovo pericolo incombe sulla gente figosa dello spettacolo. Uno dopo l’altro vengono uccisi volti noti come Usher e Justin Bieber. Qui finiscono tutte le idee del film, il resto è solo noia protratta fino alla fine.

Era davvero impossibile superare il film originale, il rischio scivolone era dietro l’angolo e purtroppo così è avvenuto. Ben Stiller lascia sullo sfondo il mondo della moda, proponendo una trama da spy story davvero senza mordente, finendo persino nel misticismo del Codice Da Vinci.

Si sbaglia innanzitutto con l’atmosfera del film che non è al passo con i tempi. Oggi siamo tutti pseudo stilisti e fotografi, la moda è dettata da chi ha più follower su instagram e dalle fashion blogger. Gli hipster barbuti con i risvoltini vagano per le nostre città. Il selfie è d’obbligo per iniziare una serata. Tutto ciò non esiste in una pellicola basata sul mondo della moda.

zoolander-mugatu

Se lo sfondo è sfocato e poco riuscito, le gag non sono da meno. Ogni singola scena è la copia spudorata del primo film, ritroviamo l’orange mocha frappuccino, l’orgia di Hansel, uno spot di Derek e molte altre situazioni con le stesse canzoni di sottofondo, risultando così fastidioso e poco divertente. Non mancano nemmeno i vari cameo, troppi e mal amalgamati con la storia per poterseli ricordare tutti.

Ritroviamo anche Will Ferrell con il suo Mugatu, a lui è affidata una delle scene più riuscite, rovinata però dal trailer. Al suo fianco c’è una Kristen Wiig irriconoscibile nei panni di Alexandra Atoz, una brutta copia di quel che era stata la sempre splendida Milla Jovovich con il suo accento russo. A Penelope Cruz è affidato il ruolo di un’agente speciale, Valentina Valencia, ex modella di costumi con una storia personale già vista.

La vita da regista di Ben Stiller stava prendendo una strada interessante, prima il geniale Tropic Thunder con la proposta di una parodia sui film di guerra, e successivamente con l’eccellente Walter Mitty, non un capolavoro ma senza dubbio una prova in equilibrio tra commedia e dramma che poteva far ben sperare per il futuro.

Ora riprende in mano il suo cult senza dargli un nuovo spirito, un film che non cerca un nuovo pubblico, viste le troppe citazioni, e che delude i veri fan. Se il primo da flop si era trasformato in una pellicola che fa scuola nel genere demenziale, questa volta il flop rimarrà tale e verrà presto dimenticato una volta usciti dalla sala. Derek ha mancato la magia della sua celebre Magnum, oggi il mondo è un posto un po’ meno figoso.

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