One Punch Man anime: un solo pugno per il personaggio più forte di sempre – RECENSIONE

Pubblicato il 19 Febbraio 2016 alle 18:00

One Punch Man stagione 1 si conclude con il botto e lascia i fan col fiato sospeso. Una recensione per capire cosa ci è piaciuto di più e alcune considerazioni sul lavoro dello studio di animazione Madhouse che si è occupato del progetto.

Il capolavoro firmato dalla coppia ONEYuusuke Murata (prossimamente in Italia con Planet Manga, e già disponibile in alcuni paesi limitrofi come la Francia) è giunto al capolinea della sua prima stagione televisiva. Dopo aver annunciato la sua disponibilità sulla piattaforma online di streaming gratuito VVVVID, ce lo siamo visto tutto d’un fiato.

One Punch Man segue le gesta di un ragazzo qualunque, Saitama, che un giorno decide di lasciare la sua grigia esistenza di impiegato per seguire il sogno di diventare un supereroe. Dopo tre anni di allenamenti estenuanti si accorge di essere diventato troppo potente, e di non sentire più alcun brivido di eccitazione di fronte al nemico che avanza.

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All’apparenza banale, la premessa della trama nasconde un sottile gioco di specchi che il lettore/spettatore percepisce soltanto come un solletico alle meningi: invece del classico romanzo di formazione, dove l’eroe nasce, cresce, combatte e solo alla fine vince il male, qui abbiamo un eroe già nato e cresciuto, già potentissimo, anzi più forte di qualunque immaginabile nemico.

Fin dalle prime battute infatti Saitama ci stupisce con la sua forza inarrestabile, che gli consente con un singolo pugno di mettere al tappeto chiunque. Il risultato è ironico, perchè da una parte stempera quella solidarietà tra eroe e fruitore, ancora entrambi “umani”, dall’altra conduce alla sorpresa e alla meraviglia.

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Saitama resta fermamente umano dall’inizio alla fine dei capitoli di questo capolavoro, e lo dimostrano le numerose scene di vita domestica e quotidiana, la sua inconsapevolezza (apparente?) del mondo che lo circonda, il numero incalcolabile di problemi banali in cui chiunque si può rispecchiare.

Grazie a questo stratagemma narrativo il protagonista – su cui si impernia tutta la vicenda, senza nessun fraintendimento – è credibile e aderisce alle esigenze del lettore di shonen manga. La trasposizione per la televisione non sbava e non pecca di tracotanza, andando a ricalcare quanto realizzato già in precedenza dalla carta stampata.

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La nostra impressione è che l’impiego della computer graphic e delle animazioni 3D non sia troppo invasiva e risulti funzionale alla fruizione alle scene d’azione più concitate e violente.

Dopo L’Attacco dei Giganti sembra che il pubblico e i telespettatori di tutto il mondo abbiano imparato a esigere di più dalla dinamicità delle sequenze e dei combattimenti, e One Punch Man non vuole essere da meno.

La stessa scelta di dividere in stagioni di una dozzina di episodi l’intero corso della serie agevola il rapporto che i telespettatori possono avere con la serie stessa; in primo luogo ricorda la tecnica ormai consueta dei telefilm e delle serie televisive contemporanee, e in secondo luogo non rischia di sfinire il pubblico e mettere a dura prova la pazienza dei fan con cicli perpetui di episodi filler e riempitivi.

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Il risultato è ottimo sotto tutti i punti di vista, e lo stile di Murata non sembra risentire della trasposizione sul piccolo schermo.

Un ultimo appunto sulla colonna sonora, la vera novità di questo prodotto di cui conoscevamo già così bene trama, personaggi, ambientazioni e metodi comunicativi.

Avendo alle spalle un’esperienza decennale con prodotti d’intrattenimento di altissimo livello, Madhouse non si è fatta cogliere impreparata e ha lavorato sodo per soddisfare la necessità intrinseca della serie One Punch Man di una colonna sonora moderna e piacevole, dinamica e a tratti profonda.

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Grazie ad essa le scene di combattimento sono già entrate nell’immaginario collettivo e sono state condivise sui social centinaia di volte, anche grazie alla scelta oculata di far corrispondere un determinato tema a un solo personaggio.

Risulta così ben chiaro il momento in cui, ad esempio, Genos scende in campo e parte all’attacco. Anche lo spettatore più distratto sente una lampadina accendersi dentro la sua testa.

La vecchia regola del cinema americano del “3”, secondo cui ogni elemento importante deve essere ripetuto 3 volte in modo che anche l’ultimo spettatore dell’ultima fila lo capisca, anche in One Punch Man è rispettata perfettamente.

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