Spider-Man: L’Ultima Caccia di Kraven, un capolavoro indiscusso del fumetto americano

Pubblicato il 3 Novembre 2015 alle 11:15

Ritorna in una nuova edizione una delle storie più celebrate dell’Uomo Ragno: L’Ultima Caccia di Kraven, capolavoro indiscusso del fumetto americano degli anni ottanta scritto da J.M. De Matteis e disegnato da Mike Zeck!

Il cosiddetto Rinascimento Americano degli anni ottanta rappresentò un momento di forte innovazione dei comics statunitensi. Grazie all’impeccabile lavoro di autori del calibro di Frank Miller, Alan Moore, Chris Claremont e altri, i comic-book supereroici divennero più complessi e maturi con testi profondi e introspettivi e disegni che, come nel caso di Bill Sienkiewicz, si discostavano dai consueti cliché espressivi.

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Un altro elemento importante introdotto in quella straordinaria stagione creativa fu l’ambiguità morale. Se negli anni sessanta la distinzione tra buoni e cattivi era netta, negli anni ottanta non fu più così. Di conseguenza, diversi eroi rivelarono tratti negativi e i villain spesso dimostravano di possedere psicologie più sfaccettate che non li rendevano semplici malviventi. Il progressivo inserimento di tematiche adulte e cupe diede poi il via a una tendenza definita ‘morte e disperazione’.

Gli X-Men di Claremont furono rappresentativi di questo stile. Nella sua lunga e acclamata run, infatti, Chris Claremont fece affrontare al team mutante una serie pressoché infinita di lutti e tragedie con toni sempre più drammatici. Ben presto il trend dilagò, influenzando altre serie Marvel e DC. Da questo punto di vista, l’Uomo Ragno fu all’inizio un’eccezione. In passato i toni tragici non erano mai mancati ma nel complesso il personaggio era sostanzialmente solare. Quando però Peter Parker decise di indossare il suo costume nero le cose incominciarono lentamente a cambiare.

Spidey era all’epoca protagonista di tre serie: Amazing Spider-Man, Peter Parker The Spectacular Spider-Man e Web of Spider-Man. Ognuna di esse aveva uno stile preciso e in particolare la seconda proponeva storie dalle ambientazioni realistiche e dark. l’Uomo Ragno quindi viveva avventure di impostazione classica e altre più inquietanti. Lo stile ‘morte e disperazione’, tuttavia, giunse anche nelle collane ragnesche e il culmine si ebbe con un capolavoro assoluto, L’Ultima Caccia di Kraven, che Panini Comics ora propone in volume.

A scriverla fu J.M. De Matteis, uno degli autori che maggiormente contribuirono all’evoluzione dei comics anni ottanta. Lo scrittore era in grado di delineare tipiche vicende supereroiche, sovente con situazioni umoristiche, nonché storie più sofisticate e innovative. Si era messo in luce con la sua run di Captain America dove aveva affrontato tematiche scottanti e controverse come il neonazismo e l’omosessualità, ottenendo un ottimo riscontro di pubblico e critica.

Fu lui ad avere quindi l’idea di una story-line dalla struttura sperimentale in sei parti, pubblicata a puntate nelle tre serie regolari dell’Uomo Ragno. L’effetto fu scioccante e l’Ultima Caccia di Kraven fu subito considerata una pietra miliare della Marvel. Secondo una scuola di pensiero, anzi, tale sequenza, convenzionalmente conosciuta pure come quella di ‘Spider-Man sepolto vivo’, è la migliore in assoluto dell’intera esistenza editoriale di Peter Parker.

Apparentemente non ci dovrebbe essere nulla di nuovo. De Matteis infatti racconta l’ennesimo scontro tra l’Uomo Ragno e Kraven il cacciatore, classica nemesi ideata da Stan Lee e Steve Ditko. Ma sin dalle prime pagine si intuisce che le cose non sono prevedibili. Innanzitutto, la sceneggiatura è composta da un incessante monologo interiore che ci fa entrare nella psiche dei protagonisti e ci fa percepire prevalentemente i ragionamenti sconnessi di Kraven, ossessionato dalla caccia e tormentato dal pensiero oppressivo dell’Uomo Ragno. In alcuni momenti la tecnica di scrittura richiama il cut-up di Burroughs con effetti spiazzanti.

Se una volta Kraven era un criminale come tanti ora è un folle che ha deciso di distruggere in maniera definitiva l’Uomo Ragno. Perché? La risposta di De Matteis è questa: perché l’eroe rappresenta il Male. Il ribaltamento della prospettiva è notevole: stavolta, in effetti, il cattivo sembra essere proprio Spidey e noi lettori siamo portati a crederci poiché vediamo tutto dalla parte di Kraven. Il Ragno diviene il simbolo dell’epoca contemporanea che reprime l’individuo e Kraven, spinto da pulsioni primordiali, è invece la natura che si sforza di non soccombere alla disumanità dilagante.

Il Ragno è perciò un concetto negativo e De Matteis lo chiarisce parafrasando una celebre poesia di William Blake, The Tiger (al posto di ‘tiger’ c’è ovviamente ‘spider’), ricorrente nella narrazione. E non mancano sviluppi sconvolgenti che quasi fanno impazzire il povero Peter. Kraven, infatti, dopo aver sconfitto e drogato la sua preda, la seppellisce viva. Le conseguenze, come avrete modo di vedere, sono allucinanti. Ma la vittoria di Kraven sancisce la fine del suo percorso esistenziale. Avendo finalmente ottenuto ciò che ha sempre desiderato, il cacciatore comprende di non avere più nulla per cui vivere. Prenderà quindi una drastica decisione nell’ultimo capitolo che negli Stati Uniti suscitò un putiferio.

Il volume include anche Spider-Man Soul of the Hunter, one-shot sempre scritto da De Matteis e che va considerato un epilogo dell’intera vicenda. Fu realizzato da De Matteis per rispondere alle critiche di molti lettori che trovarono discutibile (e pericoloso) il finale della storia. In questo caso, l’Uomo Ragno si confronta di nuovo con Kraven in una dimensione più spirituale ed emotiva che reale. Non posso approfondire il discorso poiché rischierei di inserire spoiler che rovinerebbero la lettura a coloro che ancora non conoscono l’Ultima Caccia di Kraven. Mi limito a specificare che i testi di De Matteis sono ottimi e di grande intensità.

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Le matite sono di Mike Zeck che aveva già lavorato con J.M. su Captain America. I suoi disegni, valorizzati dalle chine di Bob McLeod, sono splendidi. L’Uomo Ragno, qui nel suo costume nero, ha un’aura tragica e tormentata; Kraven è intimidente ma carismatico, con lo sguardo fisso da maniaco, il corpo muscoloso e vaghi atteggiamenti omoerotici; Mary Jane ha un fascino delicato ed è lontana dalla versione superficiale e festaiola dei sixties. Da tenere d’occhio le pagine incentrate sull’eroe sottoterra, di innegabile raffinatezza formale. Insomma, L’Ultima Caccia di Kraven, è davvero un capolavoro, in pratica il Born Again di Spidey. Non fatevelo sfuggire.

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