La gigantesca barba malvagia, la recensione del miglior Graphic Novel di Lucca

Pubblicato il 15 Dicembre 2014 alle 10:15

Cosa succede se ad un certo punto, la barba di Dave cresce a dismisura e senza fermarsi? Per di più in un’isola dove sono tutti perfetti…una storia sorprendente!

la gigantesca barba malvagia-cover

La prima cosa che colpisce, della Gigantesca barba malvagia, è l’imponenza del volume: enorme e meraviglioso, nell’esterno e negli interni, in piena tradizione Bao Publishing.
L’opera si è aggiudicata il Premio Gran Guinigi come miglior Graphic Novel (ex aequo con Jaybird) e non si può che concordare con la scelta.

La storia della Gigantesca barba malvagia ricorda un po’ quelle di Roald Dahl: semplici ma con un grande sottotesto di significati, simboli e intenzioni.
Dave vive sull’isola di Qui, un isola ordinata, precisa, tranquilla, un po’ noiosa. Gli abitanti di Qui guardano con terrore e disprezzo a Lì, il resto del mondo, con le sue stranezze e la sua imprevedibilità.

Dave è un ometto tranquillo, modesto, che trova conforto nelle tabelle e nei numeri, ama disegnare e ascolta sempre la stessa canzone. Non ha particolari interessi o aspirazioni, se non quella di rimanere così nella sua normalità.
Finché un giorno il suo unico pelo di barba comincia a crescere, a dismisura, senza fermarsi davanti a nessun tipo di taglio. E avere la barba, nell’isola di Qui, significa essere estraniati come dei lebbrosi.

Un po’ come Gregom Samsa nella Metamorfosi di Kafka, che incolpevole si risveglia come un insetto e viene allontanato dalla sua famiglia, Dave è una vittima degli eventi che si ritrova ad essere un estraneo dal suo mondo, ad espiare una colpa non sua.
Partono così una serie di vicende anche un po’ surreali, con il governo che prova a contenere l’enorme barba con mezzi più o meno di fortuna, eserciti di barbieri che provano a limitare la crescita inarrestabile, il tutto senza successo. La storia è semplice e vive di sensazioni, di piccoli eventi, di atmosfera generale.

E della bellezza dei disegni, semplici e morbidi, non dettagliati ma molto espressivi, con degli splendidi chiaroscuri che danno un tono malinconico alla storia.
La barba si ripiega sempre, inesorabilmente, e questo fornisce a Collins la possibilità di deliziarci con tavole a pagina piena, con grandi invenzioni per contenere la barba che fanno anche un po’ divertire, in una storia non certo allegra, sopratutto per il significato.
Come in tutta la grande letteratura del ‘900, un uomo incolpevole e mediocre viene isolato e non riesce a trovare una ragione della sua condizione, non riesce a trovare una soluzione per integrarsi: e il mondo esterno guarda ai diversi come dei lebbrosi, degli incurabili, non come delle risorse da valorizzare nella loro unicità.

La bellezza della Gigantesca Barba Malvagia è che soddisfa qualunque tipo di lettura: da chi godrà dei disegni e della storia nella sua semplicità, a chi cercherà di scavare a fondo nei riferimenti e nei significati della storia, e nel suo bellissimo finale. Ottima operazione di Bao, quella di dare la giusta dignità all’opera con un’edizione imponente e che valorizza il tratto essenziale di Collins, ed è da aggiungere che l’editore si è superato nel rapporto qualità/prezzo in questo caso.

Insomma, questo volume è uno di quelli da non mancare, non avendo praticamente pecche e prestandosi anche a più letture nel tempo e negli anni.

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