Forget Me Not vol.1, la recensione dello struggente manga di Yuuki Obata

Pubblicato il 29 Novembre 2014 alle 15:00

Dopo l’acclamato Bokura ga ita, Flashbook Edizioni pubblica la nuova opera di Yuuki Obata

HaruMeguru1

 

Gli esseri umani reagiscono al dolore nei modi più disparati: c’è chi si lascia travolgere e inghiottire dalle sue onde impetuose, c’è chi invece ha la forza di affrontarlo e diventare più forte del dolore stesso.

Forget me not, il nuovo manga di Yuuki Obata, famosa e apprezzata autrice di shoujo manga, è una storia impregnata di dolore, un racconto crudo, reale che affronta il delicato argomento del cancro giovanile con toni seri e pacati, scevri da sdolcinature o edulcorazioni. Il primo volume dell’opera è composto da un lungo one shot che presenta tutti i protagonisti e continua con tre capitoli incentrati sui percorsi di vita dei personaggi.

L’inizio ci introduce subito a una delle tematiche più attuali e scottanti dei giorni nostri: Umeno Shinozaki è una ragazza serena, con una bella famiglia, carina e sognatrice, ma tutto precipita inesorabilmente quando una volta alle superiori diventa vittima degli atti di bullismo da parte dei suoi nuovi compagni. Esasperata e forse troppo giovane per riuscire a lottare contro i suoi aguzzini, Umeno sceglie di dare l’addio alla vita e una mattina si butta giù da un ponte. L’istinto di sopravvivenza però è più forte di tutto e senza accorgersene comincia a nuotare e viene salvata. Quando si risveglia si ritrova nel lettino di una stanza d’ospedale, circondata da ragazzini della sua stessa età che la guardano con meraviglia e curiosità. Umeno stringe subito amicizia con Maki e la bella Kano, quindi con Yusei un ragazzo della sua età che pratica karate a livello agonistico. Umeno nella caduta ha riportato la fratture delle costole ed è quindi ricoverata nel reparto di ortopedia. Per la prima volta dopo tanto tempo comincia a sentirsi accettata e ben voluta e i propositi suicidi restano un brutto ricordo. Quando Yusei viene dimesso, il ragazzino si fa promettere da lei che non abbandonerà la scuola, ma lotterà contro le difficoltà, e Umeno stringe il suo patto d’amicizia. Prima di andare via, Yusei con un sorriso le confessa candidamente che è affetto da un male terribile alle ossa.

Il one shot introduttivo si chiude con quello che potrebbe definirsi un calcio allo stomaco e un colpo al cuore al lettore, che non potrà che rabbrividire di fronte alla leggerezza con cui l’orribile parola osteosarcoma , esce dalle labbra del giovane protagonista. Da questo momento in avanti la lettura si fa toccante, profonda, cruda e a tratti insopportabile per la crudeltà di un racconto che purtroppo non è lavoro di fiction come può esserlo un horror o un thriller, ma è un frammento delle milioni di storie di dolore che affliggono bambini di tutto il mondo.

La Obata, come scrive nella postfazione del romanzo, scrive di cancro e ne scrive con cognizione di causa, perché ferrata sull’argomento: la madre infatti è morta a causa di questo male. Non potrebbe essere altrimenti, considerata la veridicità delle situazioni, la precisione e l’esattezza con cui sono descritti percorsi medici e mentali dei protagonisti. La Obata descrive in modo chirurgico le sensazioni e i sentimenti di chi da un giorno all’altro vede la propria esistenza rivoltata come un calzino, tutte le certezze crollare e non sa più a cosa ancorarsi per non precipitare.

Bellissimo il racconto della vita di Yusei la cui normalità, contrassegnata da una sorta di vanità del ragazzo nell’essere un campione di karate ammirato da tutti, precipita in un’anomalia che all’inizio Yusei non riesce né può accettare e gli fa considerare la malattia come una sorta castigo, ma che col tempo lo spinge a svuotare mente e anima perché “chi è vuoto è il più forte perché non ha incertezze.” Toccante la storia della bellissima Kano che da fotomodella acclamata e circondata di attenzioni, si ritrova da sola ad affrontare una diagnosi impietosa che la costringe a cicli di chemioterapia.

Il reparto di oncologia infantile in cui si svolgono le vicende di Forget me not ricorda molto la fortunata serie televisiva italiana Braccialetti Rossi, con i piccoli protagonisti impegnati nella loro lotta quotidiana contro il male, il dolore e gli effetti collaterali delle radioterapie. La storia della Obata è scritta di pancia e arriva in pancia: è una lettura forte, toccante che non scade mai nel patetico. Non c’è rabbia né rassegnazione nei cuori dei protagonisti, ma una piccola luce di speranza, perché “vale sempre la pena di vivere”. Al tentativo di suicidio della prima protagonista, stanca di lottare fa da contraltare la voglia disperata di vivere di chi ha avuto letta una sentenza di morte, e fa riflettere: la vita è un dono del quale non ci si dovrebbe mai privare né stancare.

Il tratto è sempre quello carinissimo e delicato della Obata, con i protagonisti ritratti dai caratteristici occhioni da cerbiatto e le sembianze delicate ed eteree.

Un manga dedicato a chi ha sofferto, soffre e non ha perso ancora la voglia di lottare, un piccolo capolavoro che fa piangere occhi e cuore, ma che arricchisce il lettore e lo porta a confrontarsi con una tematica dolorosa ma reale.

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