Ted 2 – Recensione

Pubblicato il 24 Giugno 2015 alle 00:23

L’irriverente orsacchiotto Ted si è sposato con Tami-Lynn e vuole avere un figlio con lei ma lo Stato non riconosce i suoi diritti civili perché lo ritiene un bene e non una persona. Affiancato dal suo “rimbombamico per la vita” John, reduce dal divorzio, Ted si rivolge alla giovane avvocatessa Samantha per far causa al Governo e dimostrare al mondo di essere un individuo a tutti gli effetti.

Ted 2

La capacità di pensare, provare emozioni e sentimenti è ciò che ci caratterizza e distingue come singoli individui, anche se il singolo individuo in questione è un orsacchiotto vivente, sboccato, trasgressivo e irresponsabile. Anzi, sono proprio tali difetti a renderlo una persona a tutti gli effetti, peraltro simpatica in modo irresistibile.

Partorito e interpretato da Seth MacFarlane, creatore de I Griffin, Ted ha già conquistato l’affetto del pubblico nel primo episodio, uscito tre anni fa e capace di incassare più di duecento milioni di dollari in tutto il mondo. Si trattava di un film molto intimista, una favola natalizia, filtrata attraverso la comicità politicamente scorretta di MacFarlane, su un bambinone cresciuto, Mark Wahlberg nel ruolo di John, che non riesce proprio a staccarsi dal suo orsacchiotto restando perennemente immaturo.

Per questo sequel, il regista decide di toccare temi ancor più universali e quantomai attuali inerenti i diritti civili. Ted deve lottare per essere riconosciuto come individuo, vedere convalidato il suo matrimonio e poter adottare un bambino, qualcosa di molto vicino alle battaglie che stanno sostenendo gli omosessuali in tutto il mondo.

Il messaggio del film è quindi forte e ficcante ed è somministrato ancora una volta da una vicenda surreal-demenziale che inanella una sfilza di gag slapstick esilaranti e di straordinaria inventiva. L’accoppiata composta da Wahlberg e Ted-MacFarlane si ritrova alla perfezione dando vita a nuovi dialoghi immaturi e duetti fuori di testa assolutamente indicati ad un pubblico adulto.

Mila Kunis, co-protagonista femminile del primo episodio nel ruolo di Lori, non ha potuto prendere parte al sequel per una gravidanza. Viene rimpiazzata da Amanda Seyfried, che ha già collaborato con MacFarlane nel deludente Un milione di modi per morire nel west, uscito lo scorso anno. L’attrice costruisce con l’avvocatessa Samantha un personaggio opposto a quello della Kunis. Se Lori, infatti, voleva responsabilizzare John, Samantha è molto più simile a lui. John e Ted costituiscono per lei un’avventurosa evasione dal rigore della figura professionale che rappresenta.

Ritorna Giovanni Ribisi nel ruolo del cattivo Donny, anche se viene inserito nella storia più a forza. Morgan Freeman ha un ruolo breve ma importante nel dimostrare quanto sia errato giudicare un individuo in maniera superficiale. Minuscolo ma spassoso il cameo di Liam Neeson. Apprezzabile l’autoironia della Hasbro con il dirigente della compagnia che si dimostra privo di scrupoli per il successo economico.

Il film è ricchissimo di citazioni dalla cultura popolare. Indimenticabile l’omaggio a Jurassic Park nella scena del campo coltivato a marijuana. Forse la parte finale ricalca un po’ troppo quella del capostipite, ma lo scontro ambientato al Comic-Con di New York farà impazzire il pubblico nerd. Come di consueto per quel che riguarda la narrativa di MacFarlane, il lieto fine è d’obbligo con un pizzichino di inattaccabile retorica. Ted è una persona e un personaggio, non c’è dubbio, e gli vogliamo un gran bene.

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