Usare il pretesto del viaggio nel tempo per creare una nuova continuity narrativa sta diventando una comoda abitudine di Hollywood per cercare di accontentare tanto i vecchi fan del franchise che desiderano un sequel quanto il pubblico neofita che vuole il reboot. Lo ha fatto J.J. Abrams con Star Trek, lo ha fatto Bryan Singer in X-Men – Giorni di un Futuro Passato e adesso tocca anche a Terminator sotto la direzione di Alan Taylor, già regista di Thor: The Dark World e di alcuni episodi di Game of Thrones.
Come dimostrato da Terminator Salvation, la saga non funziona senza Arnold Schwarzenegger che torna qui nei panni del T-800, “invecchiato ma non obsoleto”. L’idea per giustificare l’aspetto più anziano del Terminator funziona e la presenza dell’attore è sempre carismatica ma ci sono degli evidenti problemi. Anzitutto il personaggio denota una caratterizzazione comica eccessiva con gag ripetitive che antiepicizzano la narrazione. Quella che potrebbe e dovrebbe essere la scena madre del film, ovvero lo scontro tra il giovane e il vecchio Schwarzenegger, viene liquidata troppo presto, troppo in fretta e senza idee.
Nonostante il medesimo cognome, Jason Clarke ed Emilia Clarke sono parenti solo sullo schermo. Lui è John Connor e lei è l’eroica madre Sarah. Con Schwarzy e Kyle Reese, qui interpretato da un Jai Courtney senza infamia e senza lode, c’è un eroe di troppo e John Connor diventa il cattivo della situazione. Il grande J.K. Simmons è buttato nella mischia in modo totalmente inutile.
La storia diventa un polpettone abbastanza indigesto di spiegoni, controspiegoni, flashback e paradossi. Tutto va a parare al solito sistema operativo che conquisterà il mondo. Il concept di ripercorrere gli eventi del primo film richiama Ritorno al futuro – Parte II ma in maniera meno divertente e originale. Le scene d’azione sono congegnate male, infarcite da brutti effetti digitali e scopiazzate ad altri film. La componente emotiva della storia regge su dialoghi banali e sentimentalismo di grana grossa. Ormai immancabile la scena durante i titoli di coda.
Il film non riesce nemmeno a suscitare l’effetto nostalgia che vorrebbe. Certo, vedere Schwarzenegger muoversi accompagnato dal mitico tema musicale di Brad Fiedel, qui riarrangiato da Lorne Balfe, è sempre suggestivo e potrebbe accontentare i fans ma il prodotto è scialbo e non rinverdisce i fasti della saga.