Autore: Arne Bellstorf
Editore: Black Velvet
Provenienza: Germania, 2010
Formato: 16,5×24, brossurato con bandelle, 216 pag., b/n
Prezzo: € 16,00
Anno di pubblicazione: 2011
Il mito dei turbolenti anni Sessanta che avrebbero cambiato il mondo raccontato attraverso l’intensa e drammatica relazione tra la fotografa Astrid Kirchherr e l’allora bassista dei Beatles Stuart Sutcliffe, rapito dall’amore e dall’arte, e poi strappato alla vita all’alba di una carriera musicale diventata leggenda.
Questa la trama di “Baby’s in black – La storia di Astrid Kirchherr & Stuart Sutcliffe”, narrata con grande sensibilità dal giovane autore tedesco Arne Bellstorf.
Con un segno corposo e denso, dalle linee nette, cui si accompagnano campiture che non si preoccupano di essere troppo precise, Bellstorf ripercorre gli avvenimenti personali dei suoi protagonisti nell’intenso biennio 1960-1962 con il ritmo pacato e ovattato del ricordo che viene richiamato alla memoria e ai sentimenti.
Quasi in un susseguirsi di fotografie in bianco e nero, l’autore immortala umori e atmosfere di un ambiente ancora fortemente provato dal dopoguerra ma ormai scosso da potenti fermenti artistici, che portano all’incontro tra le sensibilità di Astrid e Stuart.
Di quell’Astrid riconosciuta a livelllo mondiale come la presunta creatrice del celebre look del quartetto di Liverpool e loro fotografa nei concerti tedeschi non c’è traccia. Così come dei Beatles come li conosciamo oggi, non vi è quasi nulla. Solo, l’intesa scoccata tra i giovanissimi musicisti britannici e gli artisti tedeschi, in un groviglio di speranze e aspirazioni, ben prima del successo planetario.
In questo senso, è coerente il modo di rappresentare le figure, che nonostante siano ormai delle vere e proprie icone mondiali, non vengono rappresentate in chiave realistica in modo tale da renderle chiaramente riconoscibili come lo sono oggi nell’immaginario collettivo. In questo modo, i personaggi, pur mantenendo la loro specifica e inimitabile individualità, evitano il pericoloso effetto caricaturale che avrebbe certamente nuociuto alla narrazione.
Il tema del bianco e nero viene portato avanti in tutta l’opera, non solo nella scelta strettamente grafica, ma anche nel contrasto tra la rappresentazione della realtà, permeata dai toni scuri, e la raffigurazione delle sensazioni di Astrid, rese con ampi spazi bianchi.
La narrazione, che si prende senza fretta i suoi tempi dando respiro e intensità a quel gioco di sguardi che è all’inizio dell’intera vicenda, sul finale diventa improvvisamente concitata e muta, così come rapida e improvvisa è stata la morte del giovanissimo Stuart.
Concludendo, “Baby’s in black” è un viaggio nel tempo e nel ricordo, alla scoperta di un modo di sentire che ha dato vita alla grande rivoluzione di quel decennio, ma narrato con discrezione e profondo rispetto tramite il sentimento di chi con la sua arte ne avrebbe interpretato lo spirito più autentico.