Le Lacrime della Bestia: il Giappone post-bellico di Tatsumi [Recensione]

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Le opere di Yoshihiro Tatsumi proseguono con la loro pubblicazione in Italia con “Le Lacrime della Bestia”, una raccolta di sette racconti che offrono uno spaccato cruento e atroce del Giappone durante gli anni Settanta.

La Coconico Press continua ad arricchire la sua collana dedicata ai “gekiga“, fumetti giapponesi che, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, hanno voluto distinguersi dai “manga” con tematiche più mature e un pubblico decisamente più adulto rispetto agli abituali lettori dell’epoca.



Dopo una prima raccolta, “Crocevia”, la casa editrice pubblica un nuovo volume dedicato a Yoshihiro Tatsumi (scomparso nel 2015), considerato il fondatore del gekiga e della sua “scuola di pensiero”: “Le Lacrime della Bestia”, che porta il titolo del racconto di apertura (anche se non è il primo in ordine cronologico).

Tatsumi conosce molto bene il Giappone che ha deciso di raccontare, quello tra gli anni Settanta e Novanta del secolo scorso: il Giappone che ancora doveva fare i conti con le conseguenze della guerra, ma anche il Giappone alienante dello sviluppo economico, del rigido lavoro d’ufficio, dei pendolari.



L’autore mostra con un’urgenza e una frenesia evidente quello che osservava tutti i giorni perdendosi per le strade del suo Paese, a volte ispirandosi a fatti di cronaca: è il caso di “Orizuru”, il racconto che si rifà al caso dell’omicida Issei Sagawa.

Tutti i protagonisti raccontati da Tatsumi sono vittime del loro tempo: emarginati, prostitute, inadeguati, assidui lavoratori che, ad un certo punto, finiscono con l’impazzire. Il tema portante del volume, nonché di quasi tutta l’opera dell’autore, è il rapporto “sbagliato” che i protagonisti hanno con il sesso, l’amore e la morte, spesso collegati tra loro da una tragedia, una pulsione, un destino infausto.



L’impellenza di Tatsumi e il suo forte bisogno di raccontare questa faccia del Giappone lo portano a mostrare il minimo e l’essenziale, affrontato però con cruda intensità: il ritmo dei racconti è velocissimo e le vignette avanzano frenetiche, rallentando solamente quando l’ambientazione si fa particolareggiata (come nel caso della Cattedrale di Notre-Dame).

Queste caratteristiche si traducono spesso anche in un disegno “goffo” che, però, è entrato a far parte della cifra stilistica di Yoshihiro Tatsumi e dei suoi gekiga.

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