Creed II di Steven Caple Jr. | Recensione

Pubblicato il 15 Gennaio 2019 alle 14:00

Il nuovo film della saga di Rocky arriverà nelle sale cinematografiche italiane dal prossimo 24 gennaio.

Laddove il primo film del nuovo franchise sequel-spinoff Creed  era da considerarsi un rifacimento del primo Rocky del 1976, è evidentemente invece con Rocky IV (ma anche parte del III) che questo Creed II decide di interfacciarsi, non solo aprendo un dialogo continuo con temi e passaggi di trama, ma anche ricalcandone quasi del tutto la struttura dell’impianto filmico. Quello scritto e diretto da Sylvester Stallone nel 1985 però esagerava a tal punto le proprie caratteristiche istrioniche e macchiettistiche da arrivare nel campo della mitologia, trasformando le riflessioni umaniste dei primi capitoli (che raccontavano la parabola di ascesa di un uomo comune e dei suoi sogni) in un vero e proprio scontro politico che elevava Rocky a Nazione, consentendogli addirittura di vincere da solo e simbolicamente l’intera Guerra Fredda.

Tutto questo in Creed II non c’è, anche se le attuali relazioni fra Stati Uniti e Russia fanno pensare che avrebbe anche potuto esserci: ma Stallone – che torna alla sceneggiatura di un film della saga dopo il bellissimo Rocky Balboa – non è più tanto interessato alla retorica di quello scontro, quanto alle motivazioni che portano allo stesso.

Se in Rocky IV in ballo c’era la reputazione di due mondi, di due ideali, di due politiche, alla base di Creed II c’è una semplice -e a tratti puerile – questione di vendetta: Adonis Creed (Michael B. Jordan) viene sfidato da Viktor Drago (Florian Munteanu), figlio di quell’Ivan Drago (Dolph Lundgren) che nel film dell”85 aveva ucciso suo padre in un incontro. Già all’epoca Rocky aveva “vendicato” la morte di Apollo ma adesso Adonis vuole farlo di nuovo, forse spinto più dalla volontà di provare a se stesso e al mondo di essere in grado di farlo piuttosto che da un senso morale di appartenenza (quella, semmai, la incontrerà strada facendo).

Da questa premessa il personaggio protagonista ne esce fuori parecchio indebolito, spesso mosso da decisioni sciocche che sembrerebbero molto più adattate ad un bambino che ad un uomo adulto campione del mondo di boxe e prossimo a mettere su famiglia con la musicista Bianca Taylor (una Tessa Thompson a dir poco sprecata). Paradossalmente invece è il suo avversario, Drago secondo, quello col quale è più facile relazionarsi: lui, che davvero non ha alcuna colpa per tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare nella vita (in patria è sempre e comunque stato ostracizzato a causa dei fallimenti di suo padre), si ritrova strumento al servizio di un genitore rancoroso, e allora si che tutta quella furia – che si vede nel suo sguardo e nei suoi muscoli marmorei – è più che comprensibile.

Non si può dire che sia un pessimo film, Creed II, ma di certo è inferiore al precedente sotto ogni aspetto. Anche la relazione fra Adonis e Rocky è meno vigorosa e drammatica, col secondo che si ritroverà protagonista di un arco narrativo identico a quello ben più risonante ed epico già visto in Rocky VI, alias Rocky Balboa, che a suo modo fu  -ed è ancora – una maniera molto più dignitosa di dire addio al personaggio.

A differenza di Ryan Coogler, infine, Steven Caple Jr si dimostra molto meno maturo per un film di questa portata. Anche lui, come all’epoca Coogler, viene da una sola regia (quella di The Land), ma qui l’impressione è che sia stato pedissequamente veicolato da Stallone, del quale il povero Caple Jr. è stato non più di quello che un semplice shooter è per uno showrunner televisivo.

Ma le scene di combattimento sono tutto sommato buone, il montaggio dell’allenamento tocca le corde giuste (anche grazie al ritorno della celebre fanfara della saga, solo accennata nel primo Creed) e si arriva facilmente ai titoli di coda. Che ci sia di più oltre a questo, però, non si può proprio dire.

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