Polvere di Vetro di Marcello Quintanilha | Recensione

Pubblicato il 18 Giugno 2018 alle 10:00

L’insostenibile pesantezza dell’essere in un ritratto impietoso della insoddisfazione che serpeggia nella società moderna.

Edizioni BD forte del successo di critica e pubblico riscontrato anche in Italia con Tungsteno – la nostra recensione QUI – già vincitore del Fauve Polar SNCF al 43° Festival d’Angouleme e candidato ai premi Gran Guinigi e Micheluzzi, propone il nuovo lavoro dell’autore brasiliano Marcello Quintanilha intitolato Polvere di Vetro.

Rosangela è una dentista di Niterói, una professionista affermata. Ha un marito che la adora e una bella casa in uno dei quartieri più esclusivi della città. Ma nella sua vita perfetta c’è un tarlo che si insinua sempre più in profondità. Qualcosa che la tormenta.

Prima è la cugina “povera” che sfoggia un sempre un gran sorriso ed è… bella pur non vivendo agiatamente e non frequentando i circoli esclusivi e pur dovendo affrontare una situazione personale e famigliare tutt’altro che semplice. Poi è il marito le cui gentilezze iniziano ad essere soffocanti e il desiderio di libertà mentale e sessuale aumenta tanto da spingerla a chiedere il divorzio.

Inizia così una lenta ma inesorabile spirale autodistruttiva fra sesso occasionale, droga e un completo abbandono di sé stessa. Quando però finalmente Rosangela decide di rimettere in sesto la sua vita, partendo dalle sue uniche certezze ovvero i figli e il lavoro, farà un incontro che la farà improvvisamente ripiombare in una insicurezza che questa volta si rivelerà fatale.

Dopo l’affresco neorealista e hard boiled di Tungsteno, Marcello Quintanilha decide di confezionare un lavoro più “intimista” con Polvere di Vetro.

Dalla coralità del primo lavoro infatti si passa ad un unico protagonista, Rosangela, attorno a cui ruota tutta la vicenda e che si configura pagina dopo pagina, con una lucidità disarmante, come una vera e propria crisi esistenziale che sfocia poi nel drammatico finale.

Quello che colpisce del libro è la capacità dell’autore brasiliano da un lato di non fornire punti di riferimento al lettore – contro chi lotta davvero Rosangela se non contro sé stessa come apparirà chiaro nella parte finale del racconto – e dall’altro di giocare molto bene con il concetto di “sensazione” e con il malessere fisico che la protagonista più volte manifesta.

Rosangela è una protagonista che non può e non deve risultare empatica con il lettore: si parte con il lungo flusso di coscienza iniziale – affidato magistralmente ad un serie di brutali e interlocutorie didascalie – in cui viene letteralmente snocciolato tutto il disprezzo per “loro” ovvero quelle persone che non sono ricche e affermate, persone per cui non si può fare nulla e di cui non ci si può addossare il peso.

Dal malessere mentale poi si passa, come detto, a quello fisico. Il sorriso della cugina “povera” è inesplicabile, da dove arriva tutta quella felicità si domanda Rosangela, mentre subdolamente opera sui denti anche se non ce n’è un reale bisogno. Poi ci sono i conati di vomito improvvisi provocati dal pensiero della vita con il marito che diventa repulsione fisica tanto da chiedere immediatamente il divorzio.

La spirale di autodistruzione è tanto vorticosa quanto deflagrante nella sua conclusione con Rosangela rannicchiata sotto le coperte. Mentre la sua vita si sta sfaldando decide quindi di darci letteralmente un taglio; il parrucchiere le darà infatti un nuovo look da cui ricominciare ma il nuovo inizio durerà davvero poco basterà infatti un nuovo, piccolo sguardo “all’abisso” – ancora una volta la cugina “povera” e il suo sorriso – per distruggere definitivamente Rosangela.

Marcello Quintanilha offre, con quello che a tutti gli effetti potrebbe considerarsi un thriller psicologico che paga dazio ad un certo cinema di Alfred Hitchcok, uno sguardo impietoso sulla fragilità della condizione umana nella società moderna. Una società fagocitante in cui tutto è passeggero, soprattutto la felicità, e in cui il consumismo è diventata una forma mentale.

Come sempre l’autore brasiliano offre una prova brillante non solo con la penna in mano ma anche con la matita.

Lasciato da parte il tratto scattante e plastico di Tungsteno, per Polvere di Vetro, Quintanilha si concentra sulla costruzione della tavola e sulle inquadrature.

Le tavole sono sempre “affollate” – con uno schema 9 + 1 riquadro lungo in basso che ritorna ciclicamente nel corso del libro – in cui i riquadri non sono quasi mai regolari e sono privi di bordo accompagnando così il senso di disagio, e spesso di confusione, della protagonista che viene investita dalla vita e dalle sue pessime decisioni ed in cui balloon e didascalie sono posizionate di sbieco e/o in posizioni quanto meno inusuali e disordinate.

Le anatomie sono a tratti grottesche mentre le inquadrature sono spesso frontali, con campi medi che amplificano il senso di “estraneità” della narrazione. Un lavoro che mostra la precisa volontà dell’autore di traslare anche graficamente le tematiche che costituiscono l’impianto ideologico del libro.

Cura carto-tecnica come sempre impeccabile da parte di Edizioni BD che confeziona un cartonato molto curato. Il graphic novel è ottimamente tradotto e la cura utilizzata è di una ottima grammatura rendendo la resa di stampa eccellente.

Polvere di Vetro non deluderà coloro i quali avevano già apprezzato Tungsteno. Ma attenzione perché la nuova fatica di Marcello Quintanilha si configura come una evoluzione del percorso che l’autore ha intrapreso per raccontare la complessità della moderna condizione umana e questa evoluzione ha comportato un cambio, seppur perfettamente ascrivibile allo stile dell’autore brasiliano, sia in termini di storytelling che di linguaggio visivo.

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