Martin Freeman al Romics: “Fargo e Sherlock sono state due scommesse fin dall’inizio”

Pubblicato il 9 Aprile 2018 alle 11:00

Abbiamo incontrato l’attore britannico alla Fiera romana dove ha ricevuto il prestigioso Romics D’Oro.

In Italia per promuovere Ghost Stories, l’horror drammatico tratto dall’omonima piece teatrale, Martin Freeman ha incontrato la stampa e i fan accorsi numerosi per celebrarlo al Romics di Aprile 2018. L’occasione è stata proficua per parlare a tutto tondo della sua carriera, dal teatro alla tv al cinema. Noi di MangaForever c’eravamo ed ecco cosa ci ha raccontato.

“Il film Ghost Stories è chiaramente un animale diverso rispetto alla rappresentazione teatrale da cui è tratto” ha esordito all’incontro stampa “e uno dei motivi per cui è stato per me uno dei lavori più felici degli ultimi vent’anni stata la presenza dei due sceneggiatori e registi Jeremy Dyson e Andy Nyman con cui avevo radici comuni poiché siamo cresciuti guardando lo stesso tipo di show in tv dal taglio molto britannico.” Freeman ha ricordato l’aspetto divertente e peculiare del film, ovvero gli effetti “speciali” realizzati sul set e non in un secondo momento in CGI, facendogli genuinamente paura e quindi rendendo più reale la reazione del suo personaggio.

Ma Freeman è scettico come il suo personaggio riguardo le storie di fantasmi? “Credo nella possibilità dell’esistenza degli spiriti, è meno interessante per me pensare che non possano esistere, mi piace non sapere, non posso dire che i fantasmi siano reali ma nemmeno che non lo siano, non sono ateo quindi devo pur credere in qualcosa, vado in Chiesa a pregare, e quindi i fantasmi potrebbero benissimo essere reali, sarebbe logico. Non sono a mio agio quando le persone sfruttano per denaro il lato soprannaturale della morte, ovvero se qualcuno si fa pagare per farti parlare con i tuoi cari defunti, ma per il resto c’è sicuramente qualcosa che non riusciamo a spiegare della vita, e potrebbe essere perché siamo stupidi (ride) oppure perché c’è qualcosa di inspiegabile e basta. Penso sia importante raccontarsi storie di fantasmi perché sono belle storie, non so se sono vere ma rimangono affascinanti.”

Parlando del Marvel Cinematic Universe e del suo ruolo in Black Panther, ha raccontato di non aver avuto occasione di incontrare Benedict Cumberbatch (il suo co-star in Sherlock e Lo Hobbit, ndr) ma essendo stata un’ottima esperienza che spera continui, magari quando rivedremo il suo personaggio rivedremo anche quello di Cumberbatch (il Dr Stephen Strange), e sarebbe bello rivederli insieme magari in costume. L’attore britannico si è detto poi molto orgoglioso di Black Panther, per il ruolo socio-culturale-politico che sta avendo. Da qui la nostra domanda:

Com’è stato lavorare a teatro, al cinema e in tv che sono mezzi molto diversi e qual è la differenza per lei aver lavorato in serie come Sherlock, Fargo e StartUp fin dall’inizio ed essere entrato nel Marvel Cinematic Universe – che è di fatto una grande serie tv – alla Terza Fase che sarebbe una sorta di terza stagione, quindi a progetto inoltrato?

“E’ indubbiamente differente. Quando sono andato in Nuova Zelanda per girare Lo Hobbit, sembrava un treno già in corsa sul quale sono salito a bordo, perché Peter Jackson sapeva già ciò che che stava facendo e non aveva bisogno dei miei input a riguardo. Queste produzioni sono affermate e imponenti, come così quelle Marvel, e tu sei in un certo senso un passeggero su un veicolo meraviglioso, su una macchina davvero ben oliata, e sai che sarai salvaguardato sotto ogni aspetto. In serie come Fargo o Sherlock proprio perché ci sei dall’inizio, dalle fondamenta, è un differente tipo di entusiasmo perché nessuno sa o ha un indizio su come andrà il prodotto, se piacerà alla gente, quindi quando sei abbastanza fortunato da prendere parte a progetti audiovisivi che poi hanno successo è meraviglioso. Black Panther o Captain America potevano essere dei fallimenti ma c’era già un pubblico per questo tipo di film, lo stesso valeva per quelli di Peter Jackson, sanno bene cosa stanno facendo. Per una serie tv come Fargo, invece, c’era sì il film alle spalle, ma di vent’anni prima, molto amato e apprezzato e quindi l’adattamento televisivo poteva non piacere per nulla o deludere le aspettative, gli spettatori avrebbero potuto odiarla, per me quindi essere riusciti a trovare il favore del pubblico in un progetto così incerto è la sensazione più bella al mondo, ma dal mio punto di vista è interessante vedere entrambe le prospettive proprio perché così diverse. Voglio dire io non sono uno degli sceneggiatori di questi telefilm ma mi sento parte del processo creativo, mentre nelle produzione più grosse e affermate speri semplicemente che piaccia il tuo ruolo nel film, che sia riuscito nel quadro generale: di nuovo, Black Panther sarebbe stato tale con o senza di me, non facevo la differenza per il film, sono comunque molto onorato di farne parte, sia chiaro, ma sono due tipi di entusiasmo diversi.”

Si è parlato poi del Romics e di eventi simili – sarà ospite anche a Lucca Film Festival – e dei fumetti in generale, Freeman ha raccontato di non essere cresciuto a pane e fumetti, per così dire, ma di aver comunque letto un po’ di Marvel e DC, e alcuni comics britannici, anche se non in modo costante magari. Trova queste Fiere molto belle poiché si incontra e si sta a contatto con la gente, si vedono colori e costumi folli ed è ammirevole per lui l’impegno e l’entusiasmo che le persone ci mettono nel realizzarli e indossarli. Non fanno male a nessuno e sono davvero divertenti. Osservare queste persone e i loro dettagli è per lui molto interessante.

Restando in tema horror, a maggio uscirà Cargo, uno zombie movie con Freeman nel cast. Come raccontare in modo nuovo una tematica esplorata moltissimo in tv e al cinema come quella zombie? Difficile dirlo. Se fosse stata una semplice ennesima storia zombie non avrebbe avuto lo stesso appeal per farlo interessare. La gente sembra non essere stanca delle storie di zombie, ma questo film girato in Australia parla di perdita, dell’essere genitori e del voler proteggere i propri figli ad ogni costo e tenerli in vita, di un padre che cerca di tenere unita la propria famiglia. I due registi Ben Howling e Yolanda Ramke amano gli zombie movie ma Cargo è più di questo, Freeman stesso non pensa mai al genere per un nuovo progetto ma al progetto e alla sceneggiatura.

Dati i ruoli della sua carriera di attore, Martin Freeman è stato definito “Re dei Nerd”. Ma lui come la vive questa cosa? “Sono felice di essere Re di qualsiasi cosa” (da buon inglese, ndr). “E’ una strana serie di coincidenze, nel bene e nel male ciò che ha fatto in tv e al cinema ha una sua valenza di “cult”, e oggi il concetto di nerd e geek è diventato mainstream. Quando ero un bambino, se eri un nerd o un geek eri surclassato in un angolo, oggi i nerd comandano il mondo e una buona parte della cultura pop al cinema e in tv, e sembrano non essere mai stati così forti, quindi essere il loro re vuol dire essere molto potenti (ride). Onestamente sono attratto dalle sceneggiature, e può capitare che siano storie di questo tipo, sono un re dei nerd “per sbaglio” per così dire.”

Tra i prossimi progetti dell’attore anche il teatro. Quattro anni fa ha recitato in Riccardo III a Londra con il regista Jamie Lloyd e spera di fare di nuovo qualcosa con lui quest’anno. Non recita più molto spesso a teatro ma è sempre nel suo cuore, è stata la sua gavetta, tutto ciò che ha imparato sull’essere un attore è stato a teatro oltre che a scuola di recitazione. E secondo noi si vede data la sua bravura in qualsiasi ruolo lo si metta, non trovate?

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