Rachel di Roger Michell | Recensione

Pubblicato il 16 Marzo 2018 alle 20:00

Il nuovo film di Roger Michell arriva nei cinema italiani.

Fin dalla primissima scena e poi per tutta la sua durata (106 minuti) Rachel di Roger Michell riesce splendidamente nel suo intento, che è quello di mantenere sospese le aspettative dello spettatore riguardo alla misteriosa donna che dà il titolo al film e al mistero che la avvolge. Non a caso, una volta che quel mistero verrà risolto (forse), il film giungerà a conclusione nel giro di due minuti netti, lasciando tutti (pubblico e protagonista) con un senso di vuoto e tormento, come ogni buona storia di mistero deve fare.

Se nel Macbeth di Shakespeare il protagonista affermava “I have done the deed”, qui la frase-tormentone diventa “did she or didn’t she?”; non siamo nella Scozia del basso Medioevo ma più a sud (Cornovaglia) e molto più avanti nel tempo (l’epoca vittoriana di Jane Austen, e c’è molto della Austen nel film di Michell), qui non si afferma nulla, qui ci si interroga, si fa mente locale … ma forse fare mente locale non basterà per trovare una risposta definitiva.

Rimasto orfano da piccolo, Philip (Sam Claflin) viene allevato dal cugino Ambrose in una tenuta signorile nelle nebbiose terre della Cornovaglia. Alla partenza del cugino, Philip rimane solo nell’enorme magione e ogni giorno aspetta con ansia le lettere di Ambrose, in viaggio per l’Europa: un giorno una lettera informa Philip dell’inaspettato matrimonio fra Ambrose e una giovane donna conosciuta in Italia. A quel punto le lettere diventano sempre più sporadiche e le notizie che contengono spingono Philip a temere il peggio. E infatti l’ultima lettera recapitatagli lo informa dell’improvvisa morte del parente, avvenuta in una villa in Toscana, e che la vedova di Ambrose, Rachel (Rachel Weisz), è in viaggio per l’Inghilterra.

Sospettoso che questa Rachel non sia altro che un’arrampicatrice spregiudicata, si ripromette di accoglierla con freddezza e ostilità. Ma le cose non andranno come lui aveva pianificato.

Adattamento cinematografico del romanzo del 1950 La Mia Cugina Rachel di Daphne du Maurier (Hitchcock, da uno dei romanzi della scrittrice e poetessa inglese, aveva tratto Rebecca – La Prima Notte, che abbiamo recentemente ricordato nella recensione de Il Filo Nascosto di Paul T. Anderson: anche qui in Rachel non mancheranno i parallelismi col film del maestro della suspance), Rachel è un sottile thriller psicologico diretto con raffinatezza ed eleganza da un regista eclettico ed esperto come Roger Michell, che si è sempre diviso fra brillanti commedie (Notting Hill, Il Buongiorno del Mattino) e drammi con sfumature da giallo (Ipotesi di Reato, L’Amore Fatale, Persuasione).

Qui Michell scrive una sceneggiatura affilata e intrigante e poi la agghinda con abiti oscuri e luci soffuse molto naturalistiche. Il resto lo fanno due splendidi, splendidi attori come Sam Caflin e Rachel Weisz, che si spartiscono la scena attraverso due interpretazioni talmente complementari, talmente legate fra loro, che diventano una cosa sola: lui convincente nella parte dello stolto, del giovane invaghito (ed è solo grazie al suo talento che il personaggio di Philip appare sempre come un ingenuo disarmato e mai come un bamboccione idiota, cosa che avrebbe fatto crollare il film); lei sempre più sensuale, ora dolce ora glaciale, capace di alternare momenti di affetto materno ad espressioni profondamente inquietanti, con gesti impercettibili e sottigliezze spettrali (quanto fa paura con quel velo nero e la carnagione pallida, come un bellissimo fantasma).

Did she? Didn’t she?

Non vi resta che andare al cinema e scoprirlo. Se ci riuscite.

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