L’evoluzione dei supereroi in tv: dal Batman di Adaw West fino a Black Lightning

Pubblicato il 2 Marzo 2018 alle 14:30

Analizziamo i momenti e le serie tv epocali che hanno segnato il percorso dei supereroi sul piccolo schermo.

Il rapporto tra supereroi e televisione esiste fin dalla nascita di quello che una volta era l’apparecchio a tubo catodico. Addirittura ancora prima della tv i supereroi sfruttavano altri medium (fumetti a parte) per arrivare al pubblico. Celebre è il caso della serie radiofonica dedicata a Superman, andata in onda dal 1940 al 1951, e che ha trasmesso un totale di ben 2088 episodi.

Oggi, con la discesa in campo di Netflix e delle piattaforme digitali, il rapporto tra supereroi e serie televisive sta mutando radicalmente. Facendo una panoramica tra i momenti salienti che ne hanno sancito lo sviluppo vogliamo descrivere l’evoluzione nel tempo delle serie televisive sui supereroi.

07. GLI ALBORI: I SERIAL ANNI ’40 SU BATMAN E CAPITAN AMERICA, LA SERIE TV SU SUPERMAN

La prima serie televisiva di una certa importanza dedicata ad un supereroe risale agli anni cinquanta. Dal 1952 al 1958 Abc trasmise sei stagioni di una serie dedicata a Superman, e che aveva come protagonista George Reeves (le cui particolari vicende di vita sono raccontate nel film Hollywoodland, con Ben Affleck).

Ma prima ancora della serie televisiva dedicata a Superman, negli anni quaranta altri due supereroi erano stati protagonisti di due serial, trasposti direttamente al cinema: si tratta di Batman e Capitan America. Il serial su Capitan America fu prodotto dalla Republic Pictures, e distribuito nel 1944 diviso in quindici episodi. A differenza di quanto accade nei fumetti l’uomo che si nasconde dietro la maschera di Capitan America non è Steve Rogers, bensì il procuratore distrettuale Grant Gardner.

Ma il passo decisivo  che portò al boom della serializzazione dei supereroi fu il serial cinematografico dedicato a Batman, prodotto dalla Columbia Pictures e portato per la prima volta nelle sale nel 1943. I quindici episodi attraverso cui si articola il serial lanciarono alcuni elementi diventati iconici anche nei fumetti dedicati all’uomo pipistrello (la Batcaverna ed Alfred longilineo), ed ebbero un tale successo da spingere la Columbia Pictures a produrre un sequel nel 1949, intitolato Batman e Robin.

Il serial cinematografico su Batman fu riproposto a più riprese, soprattutto nei campus universitari, ma negli anni sessanta approdò per la prima volta in televisione con il titolo An Evening with Batman and Robin. Il successo di audience fu tale da far pensare ai produttori che era tempo di portare il dinamico duo in tv con una serie appositamente realizzata.

06. BATMAN (1966): TUTTI PAZZI PER IL “BATUSI”

Le interpretazioni iconiche di Adam West e Burt Ward, le atmosfere camp che riportavano sul piccolo schermo gli influssi della cultura pop e psichedelica degli anni ’60, i Bang! e Sbang! fumettistici che accompagnavano le scazzottate di Batman e Robin hanno reso questa serie, prodotta da Abc e 20th Century Fox, un vero e proprio cult di ogni epoca.

Quando i dirigenti della 20th Century Fox assegnarono al produttore William Dozier il compito di adattare i fumetti di Batman e Robin per la televisione non avrebbero mai potuto immaginare ciò che stava per accadere. Tutte le serializzazioni precedenti dei supereroi (dal Superman della Abc, al Batman della Columbia Pictures, fino al Capitan America della Republic Pictures) avevano uno stampo prevalentemente action e supereroistico (con sfumature che andavano dal mistery al fantascientifico, a secondo della propensione del personaggio), adatto per stimolare la fantasia e la voglia di avventura dei bambini degli anni Quaranta e Cinquanta. Ma negli anni Sessanta le cose erano cambiate.

Dozier pensò che il miglior modo per far funzionare la serie era forzare i toni, rendere i personaggi più assurdi possibili, e far riflettere le atmosfere pop e psichedeliche dell’epoca. Quando Adam West lesse per la prima volta il copione dei due episodi pilota, scritti da Lorenzo Semple Jr., disse che erano la cosa più buffa e assurda che avesse mai letto. E la trasposizione su pellicola non lo smentì affatto.

Le velate allusioni sessuali, i riferimenti alla pop art nei costumi e nelle scenografie, un’interpretazione di Batman, Robin e dei vari character fortemente ironica e sopra le righe (potremo mai rivedere una trasposizione su pellicola capace di rendere credibile Batman che balla il “Batusi”?), ed i messaggi moralisti inseriti in situazioni tendenti a creare un senso di assurdo, avvicinarono non solo i più piccoli ma anche molti adulti alla serie.

Dopo tre stagioni articolate in 120 episodi, una produzione sempre più dozzinale delle puntate, ed una minor cura verso le sceneggiature, si registrò un calo dell’audience che portò alla cancellazione della serie su Abc (anche se altri canali avevano dimostrato interesse nel portarla avanti). Ma il seme dei supereroi in tv era stato gettato, e sarebbe germogliato molto presto.

05. GLI ANNI SETTANTA: CBS, IL NETWORK DEI SUPEREROI

Il successo della serie tv su Batman portò le reti televisive statunitensi a dare maggiore attenzione ai supereroi. Sempre la Abc nel 1974 fece partire la produzione di una serie dedicata a Wonder Woman (ancora una volta un personaggio Dc Comics trovava il suo spazio in tv). Nonostante la prima stagione si rivelerà un successo il network lascerà la produzione delle due stagioni successive alla Cbs, che in poco tempo diventerà la rete più importante per la produzione di serie tv sui supereroi.

Le tre stagioni ed i 60 episodi che costituiscono l’intero arco narrativo della serie su Wonder Woman fecero emergere l’attrice Lynda Carter, interprete di Diana Prince, che divenne un’icona pop quasi al pari di Adam West. Ma, rispetto alla serie tv su Batman, in Wonder Woman fu abbassato di molto lo humor. Wonder Woman univa l’action ed il supereroistico con un’ambientazione spy-storica: la prima stagione era ambientata durante la seconda guerra mondiale, con Diana Prince impegnata a fronteggiare i nazisti. Mentre le due stagioni successive riflettevano il clima da Guerra Fredda della fine degli anni ’70, con Diana che praticamente rivestiva il ruolo di agente segreto.

Cbs divenne sempre più centrale nella produzione di serie tv supereroistiche: dal 1977 al 1982 mandò in onda una trasposizione televisiva di Hulk che fece molto successo sia negli Stati Uniti, che in altre parti del Mondo. Mentre dal 1977 al 1979 produsse una serie tv su Spider-Man, che ebbe un buon riscontro di pubblico, ma che non soddisfò i fan del fumetto, visto che molti personaggi principali ed i villain visti nei comics erano praticamente assenti.

I successi di Wonder Woman e di Hulk fecero capire che i supereroi potevano essere un buon modo per creare intrattenimento televisivo, ma nel frattempo la prima trasposizione cinematografica su Superman (1978), ed i tentativi di produrre un lungometraggio su Batman, spostarono per tutti gli anni Ottanta l’attenzione sui supereroi verso il grande schermo. Ma la bolla era pronta a scoppiare di nuovo.

04. FLASH (1990): IL BATMAN DI TIM BURTON INFLUENZA I SUPEREROI DELLA TV

Nel 1989, dopo continue riscritture di sceneggiature, cambi di registi e di cast, finalmente il lungometraggio su Batman venne portato sul grande schermo. A prendere le redini del progetto fu il giovane Tim Burton. La sua visione dark del personaggio mandò in estasi migliaia e migliaia di fan che attendevano una trasposizione più seria del Cavaliere Oscuro, e non sopportavano l’idea che la figura di Batman venisse esclusivamente associata alla trasposizione camp degli anni Sessanta.

L’onda lunga del successo di Batman al cinema creò una vera e propria Bat-Mania (“Non potevi girarti intorno senza vedere il bat-simbolo da qualche parte” racconterà anni dopo il regista nerd Kevin Smith). Ma l’influsso della visione di Burton condizionò anche la televisione, tanto che la Cbs (sempre lei) decise di sfruttare le atmosfere cupe del Batman cinematografico per la produzione di una serie televisiva incentrata su un altro supereroe della Dc Comics: Flash.

Per interpretare Barry Allen fu scelto John Wesley Shipp (famoso all’epoca per le sue interpretazioni in soap opera come Sentieri, e che sarebbe successivamente diventato popolare per il ruolo di Mitch Leery in Dawson’s Creek). L’influenza del Batman burtoniano si notò in maniera evidente quando Danny Elfman (compositore della colonna sonora del film sul Cavaliere Oscuro), decise di produrre le musiche per la serie su Flash.

L’attenzione data dalla produzione di The Flash su scrittura, musica, scenografie e cast spostarono di parecchio in alto l’asticella della qualità della serialità televisiva sui supereroi. A fare da consulenti alla scrittura degli episodi furono scelti due specialisti dei fumetti come Howard Cahykin e John Francis Moore. I villain furono scelti con particolare attenzione, e rispettando l’aderenza al fumetto, proponendo character di rilievo come Capitan Cold, Mirror Master e soprattutto Trickster. In particolare quest’ultimo si fece notare per la magistrale interpretazione dell’iconico Mark Hamill (che cercava di emigrare su altri lidi nerd, dopo essere entrato nella leggenda grazie a Guerre Stellari ed al ruolo di Luke Skywalker).

Ma un altro aspetto importante per cui la serie si è caratterizzata è stata l‘attenzione verso i particolari più realistici ed umani del personaggio di Barry Allen. Il suoi difficile rapporto con il padre, l’elaborazione del lutto ed i sensi di colpa maturati a causa della perdita del fratello, la difficoltà di convivere con il proprio potere, sono tutti elementi che spostarono l’attenzione da un aspetto puramente supereroistico e bidimensione del character, verso una tridimensionalità che catapulterà nell’era contemporanea dei supereroi in tv, e che vedremo essere meglio sviluppata in futuro.

Perciò nonostante The Flash sia stata cancellata (per una serie di “sfortunati” eventi) dopo solo una stagione, l’importanza che riveste nell’evoluzione dei supereroi sul piccolo schermo è piuttosto rilevante.

03. SMALLVILLE E LE ORIGINI DELL’ARROWVERSE: QUANDO IL SUPEREROISTICO DIVENTA TEEN

Dal 1993 al 1997 la Abc produsse una serie articolata in quattro stagioni dal titolo Lois & Clark-Le Nuove Avventure di Superman. L’obiettivo era (così come si evince dal titolo) quello di porre l’attenzione non più solo ed esclusivamente su Superman, ma sulla coppia Lois e Clark, mettendo al centro le loro dinamiche amorose ma anche le avventure vissute insieme, dando pari importanza al personaggio di Lois Lane quanto a quello di Clark Kent.

Era il sintomo di un desiderio di caratterizzare e strutturare in maniera diversa le serie tv supereroistiche. Già nel 1988 la Cbs aveva prodotto una serie televisiva intitolata Superboy, incentrata sulla figura del giovane Superman, e che durò per quattro stagioni fino al 1992. In questa serie però Superman indossava fin dall’inizio il costume iconico rosso e blu, e combatteva già villain importanti.

Ma fu agli esordi del 2000 che la Warner Bros pensò seriamente di produrre una serie incentrata sulle origini di Superman, sul suo percorso di crescita, e in particolar modo sulla sua adolescenza. La Warner, all’epoca reduce dal successo di Settimo Cielo, pensò di avvicinarsi ad un target più eterogeneo, facendo leva non solo su bambini ed appassionati di fumetti.

Il risultato che ne uscì fuori fu Smalville, una serie televisiva di stampo prevalentemente teen, che sfruttava le dinamiche action-fantascientifiche del personaggio di Clark Kent mettendolo però al centro di vicende più personali e “terrestri”: questioni sentimentali, e problematiche causate proprio dal suo arrivo sulla Terra.

Era il periodo in cui la Warner Bros produceva la serie fenomeno Dawsons’Creek, e lo stampo teen ed eterogeneo di Smalville produssero un successo tale da prolungare la serie per ben undici stagioni, facendole vincere tre Emmy Award, e venendo etichettata dal Parental Television Council come una tra le migliori serie per famiglie.

Il successo di Smalville, ed il target giovanile sul quale si era concentrata, misero in testa ai dirigenti della Warner l’idea di estendere questo tipo d’impronta anche ad altre produzioni. Dopo il tentativo fallito con Aquaman, per il quale fu realizzato solo l’episodio pilota, la Warner Bros, che nel frattempo aveva lanciato il canale CW, pensò di concentrarsi su un altro personaggio Dc Comics (per il quale era stato già realizzato uno spin-off animato di Smalville intitolato The Oliver Queen Chronicles): Arrow.

Il lancio di Arrow nel 2012 portò rapidamente allo sviluppo di altre serie, collegate fra loro, ed accomunate da uno stampo prevalentemente teen: Flash, Supergirl, Legends of Tomorrow, oltre al più adulto Costantine (trasmesso da Nbc), e cancellato dopo una sola stagione. Tutte queste serie entrarono a far parte di un unico e organico universo Dc Comics televisivo che si sta tutt’ora sviluppando, e che porta il nome di Arrowverse.

02. DAREDEVIL E L’EPOCA DEI SUPEREROI SU NETFLIX

Con la nascita  nel 1993 dei Marvel Studios (all’epoca Marvel Films) la Casa delle Idee iniziò a co-produrre film basati sui propri character. Nel 2005 sotto la direzione di Kevin Feige i Marvel Studios decisero di produrre le proprie pellicole in maniera indipendente. Tutto ciò portò nel 2008 all’uscita nelle sale cinematografiche di Iron Man, il cui successo sancì la nascita del Marvel Cinematic Universe.

Nel frattempo, nel 2012, i diritti di Daredevl tornarono di proprietà dei Marvel Studios, ed il progetto della Casa delle Idee (che era da poco stata acquisita dalla Disney) cominciò a strutturarsi in maniera più articolata. Nel giro di un anno Marvel si accordò con Netflix per la produzione di alcune serie televisive incentrate sui propri personaggi. All’epoca produrre una serie tv sui supereroi e distribuirla su una piattaforma digitale era una novità.

L’uscita di Daredevil nel 2015 sancì la nascita del mini-universo Marvel/Netflix, che si articolò successivamente attraverso la produzione di Luke Cage, Iron Fist, Jessica Jones, The Punisher e la serie crossover The Defenders. I produttori Netflix sottolinearono fin dall’inizio le differenze tra l’universo supereroistico che stavano sviluppando e quello che la Marvel stava portando al cinema. La fotografia di stampo più cinematografico  (aderente ai canoni da serie Netflix sullo stile di House of Cards), i toni duri che riprendevano le atmosfere della run fumettistica curata da Frank Miller a fine anni ’70, il piglio più realistico della storia con una trama spy diedero subito a Daredevil un’impronta diversa rispetto a tutto ciò che si era visto fino ad allora sui supereroi in tv.

Sul lungo termine però, soprattutto con le successive produzioni, Netflix ha evidenziato la difficoltà di far convivere l’impronta realistica con l’essenza supereroistica dei personaggi messi al centro del progetto.

Le serie Marvel prodotte da Netflix si sono perciò caratterizzate, alla lunga, come un tentativo non del tutto riuscito di conciliare un piglio prettamente realistico da serie tv di spessore, con supereroi come character di base, i quali non sono riusciti ad esprimere una completa tridimensionalità. Ed il calo di attenzione verso alcune produzioni (Luke Cage ed Iron Fist su tutti), oltre al mancato successo del crossover The Defenders (addirittura considerato da una statistica di Variety come la serie Marvel/Netflix meno seguita dagli abbonati), ne sono l’emblema.

01. BLACK LIGHTNING: UN NUOVO FUTURO PER I SUPEREROI IN TV?

Il primo tentativo di distacco dall’Arrowverse da parte di CW è arrivato all’inizio di quest’anno con la serie incentrata sul personaggio di Black Lightning, un supereroe di colore capace di generare e ingrandire fenomeni elettromagnetici, ed il cui alterego Jefferson Pierce fa il preside di liceo nella città di Freeland.

Il piglio realistico della serie ha subito catturato l’attenzione della critica. Su Rotten Tomatoes ha ottenuto il 100% di recensioni positive, ed è stata definita una serie che “non reinventa i supereroi in tv, ma dà al genere una scossa necessaria, grazie ad un plot realistico ed a nuovi tipi di villain che incutono timore”.

Ciò che colpisce in Black Lightning è la dimensione estremamente terrena attraverso cui si muovono i personaggi e la storia. Jefferson Pierce non affronta super cattivi dotati di incredibili poteri, ma contrasta gang mafiose che hanno contaminato la città di Freeland. La storia non parte dalle origini, ed il personaggio interpretato da Cress Williams è un uomo dal passato piuttosto burrascoso: a causa della sua attività da supereroe è stato lasciato dalla moglie, ma dopo aver abbandonato i panni di Black Lightning per quasi dieci anni capisce che fare solo il preside di liceo non basta. Inoltre deve quotidianamente confrontarsi con figlie alle soglie dell’età adulta che vivono in un ambiente estremamente difficile.

I personaggi appaiono nella loro tridimensionalità: i loro problemi sono tangibili, e non sempre si trovano a fare la scelta migliore. Inoltre una caratteristica che accomuna Black Lightning alle serie tv di spessore è l’incertezza sui destini dei protagonisti: figure che sembrano centrali nei primi episodi scompaiono improvvisamente, per lasciare il posto ad altri nuovi character. Si crea in questo modo un senso d’incertezza che in altre serie supereroistiche sembra essere molto più sotto controllo.

Tutto ciò però non esime da fare alcune critiche. Black Lightning infatti non è né perfetto, né rivoluzionario, anzi. Mostra molti difetti: il costume del character principale non è convincente, il villain non sembra avere il carisma e la presenza scenica necessaria per conquistare il pubblico, la fotografia è di stampo prettamente televisivo.

Nonostante ciò si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una serie supereroistica che sfrutta le personalità dei character per sviluppare la trama, anziché usarli per rivestire un serial action, che finge di avere più spessore e realismo di ciò che in realtà è.

Una vera e propria attenzione sui personaggi, e sullo sviluppo delle loro personalità, anziché semplicemente sull’azione, è l’ulteriore passo in avanti di cui le serie tv sui supereroi avrebbero bisogno. Ed il fatto che questo spunto stia arrivando proprio dalla CW, fino ad ora ferma quasi esclusivamente sullo sviluppo di serie di stampo teen e bidimensionali dell’Arrowverse è ancora più interessante.

Stiamo assistendo allo step successivo della serialità dei supereroi in tv? Il tempo saprà darci risposta. Nell’attesa abbiamo decenni di grandi e piccole trasposizioni su piccolo schermo di cui godere. Perché in fondo è anche grazie alla tv che abbiamo iniziato ad amare così tanto i nostri supereroi.

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