Caput Mundi 3 – L’uomo che non c’era | Recensione

Pubblicato il 16 Novembre 2017 alle 17:00

Nascondersi in mezzo alla folla non è difficile…

Caput Mundi arriva al giro di boa con questo terzo numero L’uomo che non c’era e ritorna ad atmosfere crime rispetto a quelle più tradizionalmente horror del numero precedente – la nostra recensione qui – e viene introdotto la terza pedina della oscura scacchiera che è questa Roma occulta e truce.

Giulio A. Gualtieri cura i testi di questo terzo numero e parte da un assunto palese quando si parla della Città Eterna: Roma è una delle città più ricche al mondo in termini di opere d’arte. Ed in questo “parco giochi” che si l’Uomo Invisibile – ladro professionista che accontenta pochi e spregiudicati individui con la passione per l’arte.

Il giro d’affari dell’Uomo Invisibile però non passa inosservato e ben presto viene reclutato, o meglio ricattato, per un colpo all’interno della residenza della Mummia – sinistro personaggio che abbiamo conosciuto alla fine del secondo numero e legato sia alle presenze occulte che a quelle religiose della città – dove si ritroverà a recuperare tutto fuorché un’opera d’arte.

Nel frattempo il suo cammino si incrocia con quello di Nero e Eva e altri due personaggi che non vedevamo dal primo numero… la scontro allora è inevitabile visto che tutti hanno interesse nel mettere le mani sull’oggetto trafugato alla Mummia, oggetto che però l’Uomo Invisibile, da perfetto professionista, ha consegnato ad un “terzo uomo”: il Mostro del Lago.

Lo scrittore riesce benissimo a fondere, soprattutto nella prima parte dell’albo, le influenze del libro di H.G. Wells con alcune puntuali didascalie che ci offrono lo stato d’animo e le motivazioni del protagonista con una tradizione che si rifà ai grandi heist movie ma anche al fumetto nero italiano. Gualtieri, come suo solito, non esagera mai con i dialoghi preferendo orchestrare scene che spetta ai disegnatori “far parlare” non rinunciando come detto a strizzare l’occhio ai grandi ladri del fumetto italiano degli anni ’70, soprattutto Diabolik, qui riletti in chiave più pulp se vogliamo e all’azione che monopolizza la parte finale dell’albo.

Forti della grande libertà concessa loro dai testi mai ridonanti dell’autore le disegnatrici Elisa Di Virgilio e Ludovica Ceregatti offrono una prova maiuscola – la migliore probabilmente vista su Caput Mundi finora – fondendo la ricercatezza anatomica della scuola americana con una costruzione della tavola che alterna soluzioni più tradizionali e riposanti con altre più fantasiose e ricercate che si adattano al protagonista ed alla sua attività di ladro: ecco quindi che i riquadri si inclinano o diventano irregolari per assecondare i movimenti sinuosi dell’Uomo Invisibile durante i suoi colpi.

Ottimo anche l’uso del chiaroscuro che con semplicità viene sfruttato per accompagnare l’idea che L’Uomo Invisibile sfrutti le ombre per muoversi anziché particolari poteri… ma sarà davvero così?

Ed è questo poi il nucleo narrativo dell’albo: mentre nei numeri precedenti le “abilità” dei personaggi diventavano centrali nella narrazione, qui, come nel romanzo di Wells, la “condizione” del protagonista è sempre messa in dubbio. E’ solo abilità o c’è davvero qualcosa di mostruoso nell’esecuzione dei furti? E soprattutto il vero mostro non è colui che riesce a nascondersi alla vista di tutti?

Giunti a metà del suo percorso Caput Mundi continua a costruire ed aggiungere tasselli ad un universo sempre più complesso e variegato, seppur tutti i personaggi finora introdotti risultano interessanti – e degni di sviluppi in solitaria se ce ne fosse l’occasione – bisogna iniziare a far quadrare il cerchio e questo terzo numero ci riesce solo in parte introducendo l’elemento che porterà allo scontro i due grandi attori di questa sfilata di “mostri” bisognerà ora capire però se questi individui colti nel mezzo di questa guerra sotterranea avranno voglia di schierarsi o decideranno di agire solo per il proprio tornaconto.

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