American Horror Story Cult – 7×01 “Election Night” | Recensione

Pubblicato il 8 Settembre 2017 alle 15:00

Ryan Murphy è tornato con la settima stagione di American Horror Story su FX, reiventando ancora una volta se stesso e dimostrando che il vero orrore è dentro casa nostra.

Se c’è una cosa per cui verranno ricordate le presidenziali americane del 2016 è l’accanimento mediatico del mondo dello show business contro quello che è stato poi il presidente eletto, Donald Trump. Non tutto il mondo dello spettacolo, ma la maggior parte. E’ quindi interessante notare come una serie tv si schieri apertamente contro Trump, basando la sua intera trama proprio su una sorta di propaganda di parte.

Se c’è una cosa che Ryan Murphy sa fare bene è reinventare se stesso. Dopo aver creato un cult con la sola prima stagione di American Horror Story, aver puntato più sull’estetica nei cinque anni successivi mescolando vari livelli di soprannaturale, già con Roanoke aveva spiazzato il fedelissimo pubblico mostrando un horror minimalista che faceva il verso al true crime televisivo. Ora, con American Horror Story: Cult utilizza il pretesto delle presidenziali fra Trump e Hillary per mostrare il marcio della società contemporanea, e come a volte la passione politica, se esasperata (come qualsiasi passione, del resto), porti alla follia e all’ossessione.

Pescando tra cast vecchio e nuovo delle produzioni del Murphyverse, Sarah Paulson e Alison Pill interpretano Ally e Ivy, una coppia omosessuale sposata con figlio di dieci anni che è preoccupata di veder lesi i propri diritti ora che è stato eletto Trump. Ally, che ha un passato di fobie tanto da essere in cura da uno psichiatra (Cheyenne Jackson), ha una ricaduta nella propria follia, e con lei lo spettatore viene chiamato a interrogarsi su ciò che vede, se si tratta di realtà o frutto della sua immaginazione. La sua paura più grande sono i clown – che vede sempre mentre compiono un atto sessuale o vogliono ucciderla – quindi non mi sorprenderei che venga rivelato più in là che il trauma che le ha causato questa fobia abbia a che fare con Twisty, il Clown della quarta stagione in modo più o meno diretto. Proprio Twisty per ora è tornato sotto forma di storia fumettistica che legge il figlio della coppia, Oz.

Dato che non c’è soprannaturale in questa storia (i creatori lo aveva dichiarato), a parte le “visioni” di Ally, Murphy e Falchuck, che hanno scritto l’episodio, hanno inserito l’elemento del clown, emblema dell’horror grazie (o per colpa di) IT di Stephen King, che guarda caso questo mese sbarcherà col suo primo adattamento cinematografico nelle sale.

Ovviamente ci voleva una controparte trumpiana della storia, e questa è data dal folle Kai (Evan Peters) e da Winter (Billie Lourd), dalle manie autolesioniste e totalmente soggiogata al fratello. Nonostante lei abbia messo in pausa i propri studi per partecipare attivamente alla campagna di Hillary e sia quindi rimasta sconfortata dal risultato, accetta di “lavorare” per Kai e di entrare nella famiglia di Ivy e Ally come babysitter del piccolo Oz. A quale pro Kai la vuole lì dentro?

Questa settima stagione si presenta più come un thriller psicologico, un crime dalle tinte horror per cui lo spettatore vuole arrivare alla verità. Sono tante le domande che scatena questa premiere di stagione: Perché delle persone vestite da clown – gli stessi che Ally ha visto ma nessuno le crede – hanno ucciso brutalmente i vicini di casa della coppia? Il piccolo Oz se li è davvero inventati, influenzato dalle fobie della madre? Quella di Kai è una sorta di “setta” (il cult del titolo e della campagna promozionale della stagione)?

Escamotage semplici eppure efficaci per mettere già da subito non solo molta carne al fuoco, ma soprattutto instillare curiosità nel vedere i prossimi episodi, cosa che negli ultimi anni la serie tv antologica non sempre era riuscita a fare. Una critica e una riflessione della società che mancava dai tempi della prima stagione e che ricorda nuovamente quel capolavoro che è American Beauty.

Con American Horror Story Cult la premiata ditta Murphy-Falchuck sembra quindi voler dirci che non serve andare a ricercare nel soprannaturale o nelle invenzioni più perverse della mente umana, basta guardare i correnti fatti di cronaca per realizzare che l’orrore, quello vero e più spaventoso di tutti, si trova dentro casa nostra, o in quella dei nostri vicini.

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