I 7 film più pericolosi mai girati

Pubblicato il 27 Aprile 2017 alle 12:25

“L’orrore ha un volto e bisogna essere amici dell’orrore”.

Quando siete al cinema, comodamente seduti sulla vostra poltroncina preferita, con un cestello di pop-corn in grembo e una lattina di coca fresca infilata nel porta-bibite del bracciolo, staccate la spina per centoventi minuti e lasciate il mondo fuori dalla sala, concentrati esclusivamente sulle immagini proiettate sullo schermo davanti a voi.

Non pensereste mai che le persone al di là di quello schermo, sia quelle che vedete (gli attori) sia quelle che non vedete (la troupe), abbiano rischiato la vita per concedervi quei centoventi minuti senza pensieri. Non ci pensate perché di solito non è così. Di solito sul set di un film c’è una gran bella atmosfera, un’atmosfera quasi magica, tutti si divertono, tutto fila liscio.

Però qualche volta le cose vanno male. Molto male. E nei film di cui vi parleremo oggi, le cose sono andate malissimo. Ecco a voi i sette film più pericolosi mai girati.

07. Lo Squalo, di Steven Spielberg

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Uno dei più grandi successi di Steven Spielberg, nonché uno dei migliori horror di sempre, è anche indiscutibilmente uno dei maggiori esempi di come non si dovrebbe girare un film.

La sceneggiatura veniva riscritta praticamente ogni giorni sul set, i protagonisti Robert Shaw e Richard Dreyfus si odiavano a morte e l’uno avrebbe volentieri dato l’altro in pasto ad uno squalo vero, il piccolo budget previsto di circa 4 milioni venne sforato e la produzione arrivò a costarne quasi 10, barche indesiderate continuavano a spuntare nelle inquadrature e lo squalo meccanico non faceva che rompersi ogni volta che veniva azionato. Al di là di tutti questi contrattempi, lo sceneggiatore rischiò di essere decapitato da un’elica difettosa e George Lucas restò incastrato fra le fauci di uno degli squali meccanici costruiti per le riprese.

Erano 55 i giorni previsti per completare le riprese, ma alla fine ce ne vollero ben 159. Lo stesso Steven Spielberg pensava che la disastrosa esperienza avrebbe messo fine alla sua carriera. Ma il film si rivelò un successo senza precedenti, che stabilì nuovi standard per la distribuzione e il marketing cinematografico.

06. Shining, di Stanley Kubrick

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Nonostante il suo talento non sia mai stato incoronato con l’assegnazione di un Oscar (a parte quello per gli effetti speciali) Stanley Kubrick è indiscutibilmente uno dei registi più influenti ed importanti della storia del cinema.

Un’altra cosa indiscutibile è il caratteraccio che lo contraddistingueva sul set (del resto, come dice Kanye West, “nominatemi un genio che non sia anche un pazzo”): nella ricerca della ripresa perfetta, Kubrick sviluppava una sorta di comportamento ossessivo-compulsivo che lo spingeva a girare e rigirare la stessa scena per decine e decine di volte.

Sul set di Shining la co-protagonista Shelley Duvall fu messa a dura prova da uno di questi tour-de-force: per farle dare davvero il massimo Kubrick la esasperò portandola al limite dello sfinimento, costringendola a ripetere le sue scene anche per cento volte. Lo stress accumulato dalla Duvall risultò in svariati attacchi di panico che la portarono ad un esaurimento nervoso che le causò la perdita dei capelli.

Le riprese sarebbero potute andare avanti per altri mesi ancora, se uno dei set non fosse stato distrutto da un incendio. Solo a quel punto Kubrick si “accontentò” del girato a sua disposizione e dichiarò la fine della produzione.

05. Fitzcarraldo, di Werner Herzog

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Premiato per la Miglior Regia durante la 35esima edizione del Festival di Cannes, Fitzcarraldo parla di un imprenditore pazzoide che vuole costruire un teatro dell’opera in Amazzonia e per farlo costringerà un mucchio di gente a portare una nave nella giungla. In pratica, è un’allegoria per descrivere l’avventura che Werner Herzog ha dovuto compiere per realizzare il film.

La produzione inizialmente decise di girare il film in un villaggio sul confine fra Perù ed Ecuador, ma una tribù armata intimò a tutti di andarsene. Inoltre, quando finalmente si iniziò a girare, il protagonista era interpretato da Jason Robards: questi si ammalò gravemente di dissenteria e, dopo che il medicò gli vietò categoricamente di tornare sul set, Herzog si vide costretto ad assumere Klaus Kinski (attore feticcio di Herzog: insieme i due hanno girato cinque film, ma è celebre lo strano rapporto di amore/odio che sfociava in clamorose sfuriate, una delle quali portò il regista a minacciare l’attore di morte) e rigirare daccapo tutte le scene già girate da Robards.

La nave usata per le scene in montagna, poi, non è un modellino, ma una vera nave da 320 tonnellate. Il confine fra realtà e finzione si assottigliava dii giorno in giorno, con gli attori che erano sempre più stufi di questa impresa impossibile (proprio come accade ai personaggi del film).

Ma non finisce di certo qui.

Un membro della crew fu morso da un serpente e si vide costretto a farsi amputare un piede per evitare che il veleno lo uccidesse, mentre l’atteggiamento da star viziata di Kinski indispettiva non poco la troupe e soprattutto le comparse locali: addirittura uno degli indigeni si offrì volontario per ucciderlo.

Lo stesso Herzog anni dopo raccontò di aver appiccato un incendio sotto il letto dell’attore, che si salvò grazie al suo cane: l’animale si accorse delle fiamme e abbaiò svegliando il suo padrone.

Quando Kinski morì, Herzog gli dedicò un documentario intitolato Kinski, il mio nemico più caro.

04. L’Isola Perduta, di John Frankenheimer

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Remake de L’Isola del dottor Moreau del 1977, tratto a sua volta dal romanzo omonimo di H.G. Wells del 1896. Le storie leggendarie che circondano questo film sono probabilmente migliori del film stesso, il cui unico punto di forza è la straripante interpretazione di Marlon Brando.

La figlia dell’attore si era suicidata poco prima dell’inizio delle riprese, ma Brando accettò comunque di recitare nel film a patto che nessuno l’avesse costretto ad imparare le battute della sceneggiatura: per tutto il film l’attore recitò con un auricolare nell’orecchio tramite il quale gli venivano lette le sue battute, che lui ripeteva lì per lì. Un giorno l’auricolare subì un’interferenza, iniziò a trasmettere sulla frequenza di una stazione di polizia e Brando recitò anche le istruzioni che dalla centrale venivano inviate alle auto-pattuglia.

Il ruolo di Val Kilmer era stato dato a Bruce Willis, che però fu costretto a rinunciare a causa dell’improvviso divorzio da Demi Moore. Dopo aver ottenuto la parte, anche Val Kilmer si vide presentare le carte per il divorzio, ma invece di rinunciare alla parte chiese di avere un 40% di giorni di riprese in meno.

Secondo le fonti dell’epoca Kilmer sul set era ostile, presuntuoso e maleducato nei confronti del primo regista Richard Stanley (si, il primo regista, perché ne arrivò un secondo, come vedremo). A causa del suo comportamento l’attore Rob Morrow lasciò il progetto e la sua parte venne affidata a David Thewlis.

Questo accade durante il secondo giorno di riprese.

Il terzo giorno i rapporti fra Val Kilmer e Richard Stanley si ruppero definitivamente e il regista venne licenziato via fax. A sostituirlo arrivò il ben più affabile John Frankenheimer, regista de Il braccio violento della legge 2.

03. The Revenant, di Alejandro González Iñárritu

“Se tutti si divertono sul set di un film, allora quel film rischia di venire fuori come una vera merda!”

Queste le parole che il due volte premio Oscar Alejandro González Iñárritu urlò sul set del suo revenge-movie epico, probabilmente il giorno stesso in cui metà della troupe decise di abbandonarlo a se stesso e tornarsene a casa, dopo che uno stuntman nudo fu trascinato nella neve da un cavallo.

Uno dei membri della troupe definì le riprese del film come “un inferno vivente”, e non si fa molta fatica a crederci: il film è stato girato ad una temperatura di -40 nelle remote foreste canadesi, e siccome il regista messicano voleva a tutti i costi girare con l’ausilio della sola luce naturale, la troupe veniva costretta ogni giorno a trascinare l’attrezzatura per le riprese nella neve, attraverso sentieri impervi e tragitti che potevano durare anche ore ed ore. Il tutto per pochi minuti di riprese, perché una volta arrivati a destinazione la luce naturale iniziava già ad affievolirsi.

Faceva talmente freddo che il direttore della fotografia tre volte premio Oscar Emmanuel Lubezki doveva fare i conti con cineprese congelate o lenti appannate dalla condensa. Inoltre, il super-vegetariano Leonardo Di Caprio si ritrovò a mangiare un vero fegato crudo.

“Alejandro mi ha costretto a mangiare questo enorme fegato sanguinolento” ha dichiarato Di Caprio mesi dopo, durante un’intervista tenutasi nella comodità di un hotel a cinque stelle. “La parte più difficile da mandare giù è stata la membrana che lo circondava, che era come un palloncino. Quando la mordevo scoppiava, facendo fuoriuscire il sangue.”

02. Il Grande Ruggito, di Noel Marshall

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“Nessun animale è stato ferito durante la realizzazione di questo film, ma ben 70 persone della troupe non sono state così fortunate”.

Questa la tagline de Il Grande Ruggito, celebre a causa dell’infamante nomea di “film più pericoloso mai girato”.

Per qualche strana ragione, qualcuno pensò che per rendere le riprese del film più veritiere sarebbe stato necessario usare dei leoni veri. E qualcun’altro, per ragioni altrettanto strane, fu d’accordo e diede il via libera.

Le conseguenze?

Il direttore della fotografia Jan De Bont (che avrebbe diretto Speed) perse lo scalpo e fu medicato con 120 punti di sutura, il regista Noel Marshall e la star  Tippi Hedren riportarono varie ferite che gli causarono la cancrena, l’assistente regista  Doron Kauper ebbe la gola squarciata e la protagonista femminile Melanie Griffith dovette ricorrere alla chirurgia estetica per ripulirsi il viso dai segni dei tanti tagli riportati.

Sorprendentemente e fortunatamente, non ci fu nessuna vittima.

01. Apocalypse Now, di Francis Ford Coppola

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“Alla fine delle riprese mi sono sentito come se avessi combattuto una guerra vera” dichiarò Dennis Hopper, uno che a guardarlo bene, sia al tempo che oggi, sembra davvero un uomo capace di sopravvivere a una guerra.

Apocalypse Now non è soltanto uno dei migliori film più belli mai realizzati (è nella mia top 3, dopo Blade Runner L’Impero Colpisce Ancora) ma è stato soprattutto un delirio psichedelico fatto di alcool, droghe, malattie tropicali e, last but not least, Marlon Brando.

Un delirio che il leggendario Francis Ford Coppola diresse attraverso 68 settimane di riprese nelle Filippine (in media, le riprese di un film durano 12 settimane).

Martin Sheen nella scena iniziale si ubriacò davvero e si ferì davvero alla mano, e in seguito ebbe addirittura un attacco di cuore; una tigre irruppe sul luogo delle riprese, l’intero libro paga venne rubato e un tifone distrusse la maggior parte dei set costruiti. Coppola arrivò a scontrarsi con l’allora dittatore delle Filippine Ferdinand Marcos, perché l’equipaggiamento militare che si vede nel film (dai fucili agli elicotteri) era stato fornito dal governo, che nel bel mezzo della produzione lo rivolle indietro per la guerra civile allora in corso contro i ribelli musulmani.

Un Marlon Brando sovrappeso faceva i capricci e rifiutava di imparare le sue battute a meno che non fosse inquadrato in penombra (alla fine, nonostante tutto, diede corpo a quella che per il sottoscritto è la sua più grande interpretazione) e stremato dal lavoro e impaurito dall’eventualità di non riuscire a portarlo a termine, Coppola cadde in depressione, perse trenta chili, rischiò di essere lasciato dalla moglie e soprattutto tentò il suicidio.

Oh, e a un certo punto si arrivò ad avere dei veri cadaveri appesi agli alberi, così, tanto per creare atmosfera. L’esercito filippino quello stesso giorno arrivò e li portò via prima dell’inizio delle riprese, quindi i veri cadaveri furono sostituiti da persone vive che fingevano solamente di essere morte.

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