Recensione – Il Trono di Spade 6×07: The Broken Man

Pubblicato il 7 Giugno 2016 alle 15:54

La notte è oscura e piena di terrori.

Gli autori de Il Trono di Spade sembrano aver raggiunto uno stato di grazia tale che, pur scrivendo col freno a mano tirato, tirano fuori dei veri e propri gioiellini narrativi.

E’ il caso di The Broken Man, settimo episodio della sesta stagione, durante il quale non succede praticamente nulla. Ma praticamente succede tutto.

A cominciare dalla scena pre-titoli di testa. Io mi considero un orfano di Lost, e vedere una sequenza così importante concludersi con un bel colpo di scena come il ritorno del Mastino – okay, non lo avevamo mai visto morire e i più smaliziati potevano già aver sperato di rivederlo – prima dell’inizio della sigla mi ha riportato ai twist della serie di J.J. Abrams e Damon Lindelof, con l’incalzante colonna sonora di Michael Giacchino. Ve la ricordate, vero?

Sandor Clagane che riscopriamo profondamente cambiato – The Broken Man, appunto – e al servizio di un septon piuttosto rock interpretato da quel mostro di bravura sempreverde e mastodontica che è Ian McShane, vincitore del Golden Globe.

Il ritorno del Mastino ci lascia un po’ come quello di Benjen Stark a cui abbiamo assistito nello scorso episodio: più che soddisfatti ci fa tirare un sospiro di sollievo, perché speravamo che prima o poi sarebbe tornato, ma non sapevamo quando né se gli autori lo avrebbero “riportato” in vita.

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Un po’ come quando giochiamo a carte e abbiamo estremo bisogno di quella specifica carta che, dopo aver pescato dal mazzo, ci ritroviamo in mano. Perciò, ben tornato a Sandor Clagane, uno dei personaggi più belli usciti dalla penna di George R.R. Martin.

Il suo arco narrativo però puzza parecchio di cliché, e bastano tre scene per darcene la conferma. Giusto l’altro giorno, poi, ho iniziato la ri-lettura de Il Banchetto dei Corvi, quarto volume de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, e mi sono domandato: “Ma gli autori di Game of Thrones si sono scordati della Fratellanza Senza Vessilli? Da quand’è che non abbiamo più notizie di loro?”

Appunto. Sandor Clagane avrà parecchie gatte da pelare, nel suo avvenire.

Ora vorrei parlare di Arya, dovrei parlare di Arya – dato che, se avete letto le mie precedenti recensioni, ormai dovreste sapere che è il mio personaggio preferito – ma come dice il Maggiore Marquis Warren in The Hateful Eight: “Andiamoci piano. Andiamoci mooolto piano.”

Perciò a Braavos torneremo in seguito.

L’incedere della puntata fa pensare a volume di geografia politica di Westeros: da Approdo del Re andiamo a Delta delle Acque, poi da Yara e Theon, poi a nord, seguendo lo spostamento dell’esercito (“esercito”, anzi, meglio tra virgolette) di Jon Snow.

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Nella capitale scopriamo che Margaery finge la sua devozione alla causa dell’Alto Passero (com’era pronosticabile) e la nonna si prepara a tornare ad Alto Giardino dopo aver incolpato Cersei di tutto quello che è successo alle loro famiglie.

Il ruolo di Cersei in questa stagione è molto sotto le aspettative rispetto a quanto si sarebbe potuto pensare alla fine della quinta – e dai trailer della sesta – ma torniamo al discorso dello stato di grazia degli sceneggiatori: dopo la batosta subita nella camminata della vergogna, la spietata regina è andata a nascondersi dietro la donna impaurita e umiliata, e gli autori hanno saputo mostrarci una Cersei molto diversa da quella che conoscevamo ma assolutamente credibile nel suo cambiamento.

Certo, l’odio è sempre lì, e sono ancora convinto che prima o poi vedremo la testa dell’Alto Passero infilata in una picca, magari sullo stesso muro che ospitò quella di Eddard Stark.

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Jaime è intenzionato a deporre il Pesce Nero, ma anche lui è un uomo molto diverso da quello che era un tempo e anche se nessuno – a parte Brienne – crede ai suoi giuramenti, il figlio di Tywin Lannister è intenzionato a rispettare la parola data a Catelyn Stark e successivamente a Brienne.

Che non me ne voglia Tormund, ma io aspetto con ansia il momento in cui la Vergine di Tarth e lo Sterminatore di Re si rincontreranno.

Un cenno per il ritorno di Bronn, che compare in questa stagione per la prima volta e ci regala probabilmente la più bella battuta dell’intera serie: quando l’ho sentito parlare di eserciti e coraggio e cazzi e Immacolati, giuro che stavo per farmela addosso.

Forse la scelta migliore per presentarci il Tour Promozionale degli Stark sarebbe stato un bel montaggio veloce, che avrebbe potuto mostrarci un maggior numero di visite a un maggior numero di casate senza dilatare troppo la narrazione, ma è comunque ben riuscita la scena d’introduzione di Lady Mormont, nipote di Joer Mormont.

Bella tosta, la ragazzina, e come sempre ser Davos si dimostra utilissimo alla causa: ma quanto è scritto bene questo personaggio? e quanto è bello il suo monologo?

Da notare la mossa di Sansa: non ci viene detto a chi ha chiesto aiuto con quel corvo viaggiatore, ma vista la penuria di uomini nell’esercito di suo fratello è lecito pensare che l’abbia inviato a lord Ditocorto, che di uomini al suo servizio ne ha parecchi. Quel che è certo è che il nord è un polveriera incandescente che si prepara ad esplodere, altro che ghiaccio e neve.

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Per il secondo episodio consecutivo poi, non vediamo Tyrion: probabilmente non era mai successo in tutta la serie di non vederlo per così tanto tempo, ma è pur vero che in questa stagione la sua presenza si è limitata a vino e battutacce. Speriamo che Daenerys, anche lei assente, si sbrighi a muovere verso occidente, perché è la Madre dei Draghi, okay, ma chiunque venga risucchiato dalla sua story-line finisce col fare la muffa: quante volte l’abbiamo sentita dire “Muoverò verso occidente, distruggerò la ruota e bla bla bla”.

Dai, però, Westeros non scappa, sta lì, andiamo, facci vedere qualcosa! Ci manca solo che rifiuti la flotta che Yara e Theon le stanno portando su un piatto d’argento – figurativamente, beninteso – così stiamo freschi.

Torniamo a Bravoos, adesso, ve l’avevo promesso – e poi non potevo esimermi. Ricordate lo stato di grazia degli autori citato ben due volte in questa recensione? Okay, dimenticatevelo: evidentemente gli scivoloni capitano a tutti, e la scena di Arya è un incredibile scivolone. Anzi, più che incredibile direi inaccettabile.

Sono piuttosto indignato che Arya, all’improvviso, sia diventata la più stupida idiota dei sette regni e oltre: com’è possibile che si sia fatta sorprendere in un modo così stupido?

Gli sceneggiatori in questo caso avrebbero dovuto spremersi le meningi e farla cadere in una trappola meglio congegnata, il sorrisino di una vecchia canuta et bianca – manco fosse uscita dal Canzoniere – non avrebbe dovuto fregare una come Arya.

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Quando ho visto il coltello conficcarsi nella sua pancia mi sono tornate alla memoria le Nozze Rosse, ma poi mi sono detto: “Cioè Arya ha finito così, nella stagione più ridente di GOT, dove tutti tornano in vita?”.

Oltre che ingiusto sarebbe stato anche sbagliato, e infatti ho scacciato il pensiero immediatamente. Vederla riemergere dall’acqua è stata forse la scena più scontata dell’intera serie.

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