Riccardo Federici: “Siate umili e onesti con voi stessi” [INTERVISTA]

Pubblicato il 19 Maggio 2016 alle 12:00

Riccardo Federici noto fumettista internazionale con opere premiate e riconosciute in tutto  il mondo ci parla del suo lavoro, dei suoi progetti futuri e infine regala ai giovani consigli per diventare autori.

Nato a Roma il 2 settembre 1976, fin da giovanissimo si appassiona e si dedica al disegno e alla pittura, senza disdegnare le altre forme d’arte tra cui la musica, specializzandosi come batterista.

Dopo il diploma artistico, frequenta la Facoltà di Architettura presso l’Università La Sapienza di Roma e, nel contempo, si dedica allo studio della fisiologia, dell’anatomia e della scienza dell’alimentazione.

Tra i suoi primissimi lavori artistici si annoverano alcune illustrazioni anatomiche per dei libri di fitness, strisce umoristiche, fumetti per bambini, illustrazioni pubblicitarie ed opere pittoriche.

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Riccardo Federici

La svolta avviene nel 2005 quando conosce il noto disegnatore italiano Giancarlo Caracuzzo che lo spinge a dedicarsi più intensamente al mondo dei fumetti e, nello stesso anno, complice il suo incontro con Marya Smirnoff, inizia la sua collaborazione con la casa editrice francese Robert Laffont, per cui illustra “La Madonne de Pellini”.

Il reparto BD della Robert Laffont confluisce poi nelle edizioni Delcourt e Riccardo Federici, dopo aver illustrato i due volumi de “La Madonne”, subentra a Paolo Serpieri nelle tavole del secondo volume di “Saria” di Jean Dufaux (attualmente è in lavorazione il terzo volume della serie). Il suo estro artistico lo spinge inoltre a cimentarsi anche nella pittura e scultura, senza però mai rinnegare il fumetto.

Tra le altre pubblicazioni  vanno menzionate anche delle illustrazioni per l’art book “The book of Thyrael” della Blizzard. Riccardo Federici è stato il primo fumettista ad esporre alla Biennale di Roma, accanto ai più grandi pittori e fotografi contemporanei. Dal 2013 le sue opere sono in vendita presso la galleria BD ARTWORK.

Riccardo Federici benvenuto su MangaForever.

Iniziamo l’intervista con una domanda scontata ma rilevante: chi è Riccardo Federici, quale è stata la sua formazione e da quali artisti è stato maggiormente influenzato nel suo percorso professionale?

Buongiorno e grazie in anticipo per questa intervista. Chi sono? Beh…sono uno che ama sporcarsi di grafite e colori fin da quando ero bambino e che oggi, fortunatamente, è riuscito a conciliare lavoro e passione. Sono un disegnatore autodidatta come molti.

E’ vero, ho fatto il liceo artistico ma, tornassi indietro, cambierei indirizzo di studi poiché purtroppo, all’epoca, non mi è stato insegnato nulla (e credo che molti dei diplomati all’Artistico possono dire altrettanto). Non ho avuto la fortuna di avere qualcuno che mi facesse da Maestro nel mio percorso formativo e probabilmente questo è stato uno dei motivi che mi ha allontanato per circa 8 anni dal disegno, a partire dal 1997.

Tuttavia in quel periodo studiai molte di cose: fisiologia, nutrizione, anatomia e meccanica dell’apparato locomotore, la preparazione atletica e la teoria dell’allenamento….che in apparenza non c’entrano nulla con il disegno. Tuttavia, credo che queste materie abbiano arricchito molto la mia parte creativa dandomi maggiore consapevolezza sulla figura umana.

Non ho degli artisti di riferimento, poiché sono fermamente convinto che per rimanere se stessi e migliorarsi, bisogna guardare il lavoro di tutti (anche chi ne sa meno di noi) e non affezionarsi a nessuno stile o autore! Amo l’arte figurativa e mi piace osservarla in tutte le sfumature che ha acquisito nel tempo.

Attualmente è impegnato nella realizzazione del terzo volume di “Saria”, il graphic novel nato dalla penna di Dufaux per la casa editrice Delcourt. Come è stato prendere in mano il lavoro iniziato da Serpieri, autore del primo volume “Les Trois Clés”?

Quando la Editions Delcourt mi  contattò per affidarmi il secondo volume di Saria, rimasi per qualche istante interdetto: non sapevo se essere felice o preoccupato!

Lavorare sul tomo 2 di Saria voleva dire assumersi una grande responsabilità e proseguire l’opera un grande artista, affiancato da un grande sceneggiatore. Firmato il contratto, non sapevo se dovevo in qualche modo mantenere una coerenza con il disegno di Serpieri o meno, ma alla fine, dopo aver consultato l’editor e Jean Dufaux, ho optato per essere me stesso e lavorare secondo il mio stile.

Colgo l’occasione per ringraziare Jean per avermi dato fiducia su questo progetto, lasciandomi moltissima libertà interpretativa sulla regia, gli scenari e la caratterizzazione dei personaggi. Ne approfitto anche per salutare e ringraziare Paolo Eleuteri Serpieri che ho recentemente incontrato al Napoli Comicon 2016 e con il quale ho avuto il piacere e l’onore di parlare di arte e fumetto!

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Saria

Prima di “Saria” ha lavorato ad un’altra opera edita sempre dalla casa editrice Delcourt e sceneggiata da Riviére :“La Madone de Pellini”. Di recente sul suo profilo Facebook ha annunciato l’imminente pubblicazione del primo albo tradotto dalla casa editrice Star Comics, sa dirci qualcosa di più sulla data di uscita?

Si, sono lieto di confermare che La Madone de Pellini verrà tradotta in italiano grazie alla Star Comics e la data di pubblicazione dovrebbe conciliare con Lucca Comics 2016 dove sarò presente per delle sessioni di dediche! Ringrazio la Star Comics e Davide Caci che hanno reso possibile questa edizione italiana del mio libro di esordio in Francia!

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La Madone de Pellini

Oltre ad essere un’artista di successo apprezzato a livello internazionale, è impegnato anche nel ruolo di insegnante. Con i suoi allievi ha elaborato un graphic novel suddiviso in più volumi per la neonata casa editrice Happy Editions: “Chronicles of Runes”. Può dirci qualcosa sulla nascita e lo sviluppo di questo progetto che l’ha vista per la prima volta assumere la veste di sceneggiatore?

Chronicles of Runes è stata, ed è tutt’ora, una bella ma faticosa esperienza. Bella perché mi ha dato modo di esordire come sceneggiatore, ma soprattutto perché ha permesso a dei giovani disegnatori (alcuni giovanissimi) di esordire nel mercato italiano e francese dei fumetti. Faticosa perché non è stato facile seguire tutti i ragazzi che hanno lavorato su COR e proseguire nel contempo il mio lavoro su Saria e altri progetti.

Il lavoro del team di COR non è proseguito fluido e senza intoppi, ma è normale, soprattutto quando si è esordienti, eppure tutti hanno dato il massimo e, man mano che il lavoro proseguiva e la storia prendeva forma, il team ed io stesso, acquisivamo esperienza e consapevolezza.

COR è il risultato di un duro lavoro “old style”, cioè tutto fatto a mano (esclusi i balloons!) e, sebbene non sia perfetto (non conosco opere perfette), posso dire con tutta onestà che sia un volume professionalmente ben fatto e degno di nota e ringrazio tutti i ragazzi che hanno operato su questo primo albo (Davide Abbina, Alberto Besi, Diego Poggioni, Giulia Pellegrini, Stefano Artibani, Andrea Del Pinto e Francesca Fabi) per avermi “sopportato” e “ascoltato” in questa avventura!

Ringrazio anche la HE Edizioni che pubblicando l’albo ha dato fiducia a dei giovani disegnatori esordienti!

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C.O.R

In questa sua carriera brillante e costellata di premi e riconoscimenti quale è stata, fino a questo momento, la sua più grande soddisfazione?

Ho avuto tante soddisfazioni, forse la più grande ed emozionante è stata quando nel 2005, dopo parecchi anni passati a non disegnare, venni contattato per la prima volta dalla casa editrice Robert Laffont e in particolare da Madame Marya Smirnoff, che dopo aver visto alcuni miei vecchi lavori mi telefonò immediatamente per propormi tre sceneggiature di prova.

Le tavole da lei realizzate sono dei veri e autentici capolavori di straordinaria bellezza e mostrano una carica emotiva e una libertà espressiva che richiamano per certi versi più la sfera dell’illustrazione che il fumetto vero e proprio. Lei come definirebbe la sua arte? Qual è il processo creativo che segue nella realizzazione delle sue opere?

Innanzitutto grazie infinite per i complimenti! Davvero! Non amo definirmi artista, non spetta a me dirlo. Non mi piace autocelebrarmi ne fare il falso modesto. Intendo dire che se il mio lavoro è degno di essere chiamato arte sarà il pubblico, gli editori, i critici o altri a dirlo. Io posso soltanto creare, disegnare, dipingere, raccontare, scolpire.
Fare fumetti o illustrazioni? E se volessi fare entrambi?

Recentemente c’è stato un dibattito su facebook proprio sulla questione: “cos’è il fumetto? Come dovrebbe essere?”. In questo frangente sono stato menzionato diverse volte ma ho lasciato parlare gli altri e riflettere. Sembra che a livello grafico il fumetto debba essere sintetico, diretto, poco elaborato per permettere al lettore di leggere senza distrazioni.

Posso soltanto dire che fortunatamente opero in un mercato, quello francese, dove ci sono tantissimi tipi di fumetto, e non esiste uno schema preciso. Disegnare e colorare i miei albi in modo pittorico è stata una mia libera scelta e mi ritengo fortunato ad avere degli editori e degli sceneggiatori che mi concedono questa libertà.

Un fumetto a mio avviso è una storia che si avvale di immagini in sequenza. C’è chi lo fa in modo ultra sintetico, chi lo fa in modo classico, chi lo fa in modo pittorico… e poi c’è chi non pubblica nulla.

Oltra al fumetto opero in altri settori come ad esempio l’illustrazione, ma il mio approccio resta più o meno lo stesso. Amo disegnare e dipingere, progettare e inventare e fare le cose in modo analitico dando un senso alle cose, ma cercando nel contempo di mantenere una certa freschezza espressiva. Mi piace mettermi alla prova, tentare di superarmi e spero vivamente di riuscirvi, ma non sta a me dirlo.

Quando lavoro su una scena cerco innanzitutto di visualizzarla nella mente: è inutile  prendere una matita e buttare giù linee a caso se non si ha un’idea; un’immagine più o meno chiara di quello che si vuole fare. Sembra scontato, ma in tanti anni di insegnamento posso dire che la maggior parte delle persone tende a ragionare da subito con la matita in mano. Questo secondo me è lo step successivo: lo sketch, e poi la bozza definitiva.

Le fasi di studio sono fondamentali ma non rappresentano una verità assoluta: intendo dire che mi concedo sempre la libertà di cambiare idea fino all’ultima pennellata e, infatti, spesso nel mio lavoro, c’è molta differenza tra i bozzetti e il disegno definitivo a colori.

Non faccio mai degli studi del colore in fase di bozza, mentre i disegni a matita definitivi che poi andranno colorati (coloro direttamente sulle matite originali), sono molto precisi e curati nei chiaroscuri poiché in questo modo ho una guida “solida” per il colore e riesco a velocizzare il lavoro.

Le tecniche pittoriche che uso non sono quasi mai le stesse e variano a seconda dell’esigenza. Se avessi la possibilità userei sempre e solo i colori ad olio, ma spesso, per questioni di tempo, devo usare e mixare materiali diversi. Ad ogni modo faccio tutto a mano senza uso di mezzi digitali o ritocchi digitali.

Volgendo lo sguardo al futuro prossimo quali obiettivi professionali si è prefissato?

Ho dei progetti editoriali in cantiere con alcuni sceneggiatori francesi di cui ancora non posso parlare. Posso però dirvi che sto finendo il terzo e ultimo volume di Saria e ho ultimato la sceneggiatura del prossimo volume di COR. Ho in mente alcuni progetti editoriali con gli USA che spero vadano in porto e sto realizzando delle tele per delle esposizioni in Francia e forse in futuro anche in Italia. Come sogni nel cassetto ci sono il cinema e i video games!

Ringraziamo Riccardo Federici per la disponibilità e la cortesia.

Da ultimo, che consigli si sentirebbe di dare a giovani disegnatori e sceneggiatori che desiderano avvicinarsi al mondo del fumetto in special modo a quello d’Oltralpe?

Grazie a voi per questa intervista!

Ai giovani aspiranti disegnatori e sceneggiatori posso consigliare di non cercare scappatoie, studiare e lavorare sodo. Oggi ci sono tanti autori e moltissimi aspiranti! Per fare la differenza serve qualità intesa come professionalità a prescindere dal talento.

Certo, non si può pensare di fare l’illustratore se non si sa tenere una matita in mano, oppure fare lo sceneggiatore se non si ha un minimo di immaginazione. Siate umili e onesti con voi stessi ragazzi. Imparate a raccontare in modo efficace e comprensibile prima ancora di pensare a fare gli artisti.

Per farsi notare, a mio giudizio, oggi più che mai, occorre professionalità. Non fatevi esaltare dai “fenomeni” del momento che hanno incontrato i favori della moda. Le mode passano e cambiano e non è facile stargli dietro; la professionalità e le capacità concrete e tangibili restano e sopravvivono nel tempo.

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