Intervista a Giovanni Timpano (Michael Jackson Tribute)

Pubblicato il 22 Marzo 2010 alle 16:34

Intervista a cura di Andrea Marchino



Ciao Giovanni, innanzitutto un sentito ringraziamento per la tua disponibilità

a rispondere alle nostre domande; facciamo un breve escursus dei tuoi lavori prima di iniziare, sei partito con un paio di storie su Vincent Price Presents della Bluewater Production, poi hai collaborato con la Moonstone su the Phantom e su the Spider, a un progetto su Mr.T, hai disegnato il seguito di “Plan 9 from outer space” (del leggendario Ed Wood) ancora per la Bluewater, fatto alcuni numeri di Capitan Action (credo sia ripreso da un giocattolo molto famoso in America) di nuovo per la Moonstone, ottenuto un buon riscontro con Yi Soon Shin, la storia di un generale coreano del 1500 (!) e nei ritagli di tempo porti avanti anche un tuo personalissimo progetto intitolato 36, e come ultima fatica nientemeno che la graphic novel tributo su Michael Jackson targata Bluewater.

Diciamo una carriera breve ma intensa, partendo proprio dal tuo ultimo lavoro, cosa hai pensato quando nell’arco di pochi giorni sei passato dalla notizia della morte di Jackson a quello dell’acquisizione dei diritti per uno speciale da parte del presidente della Bluewater Darren G. Davis e infine alla tua investitura come disegnatore della storia? Grazie a te per quest’intervista, è sempre bello quando qualcuno è interessato a ciò che fai.Beh, devo ammetterlo, venire a sapere della scomparsa di MJ è stato un po’ scioccante.

Va bene che MJ musicalmente era ormai fermo da tempo, ma la notizia della sua morte mi ha toccato molto. Da buon trentenne quale sono ai suoi tempi ho amato MJ e, come credo abbiano fatto in molti, in quei giorni ho fatto una bella ripassata dei suoi album. Qualche giorno dopo Darren mi mandò una mail chiedendomi di tradurre dall’italiano all’inglese la prefazione per l’albo di MJ ad opera di Giuseppe Mazzola (membro del MJ Fan Club e amico personale del cantante).

Ormai era passato quasi un anno dall’ultima volta che avevo lavorato per la Bluewater, ma Darren con naturalezza mi chiese se fossi interessato a disegnare l’albo. Sfido chiunque a rifiutare, fosse stato al mio posto! Ero molto emozionato nel disegnarne la vita e nel seguire un progetto così importante.

Nella presentazione dello speciale si percepiva la volontà di produrre un’opera che rendesse veramente omaggio alla grandezza del personaggio e che toccasse i punti fondamentali della sua storia personale e pubblica, non ti sembra che sole 24 pagine siano un po’ poche per rendere al meglio tutto questo?

Forse hai ragione, le pagine non sono molte per un artista che ha realizzato così tanto (nonostante si siano persino fatte un paio di pagine in più rispetto alla media delle altre biografie della Bluewater), ma credo sarai d’accordo con me nel dire che per poter ripercorrere interamente la vita di MJ e ricreare tutti i suoi fatti salienti, (ossia 50 anni di vita così pieni di emozioni, belle e brutte che fossero), ce ne sarebbero volute almeno 200 di pagine! Purtroppo, come tutte le serie, anche quella di biografie della Bluewater segue un preciso standard a cui attenersi, il che implica anche un determinato spazio in termini di pagine entro cui narrare la biografia.

Come avete affrontato il problema di rendere in immagini e testo un aspetto importante come la musica e la voce di Michael Jackson?

Premessa l’ovvia (e forse insuperabile) difficoltà che si può incontrare spostandosi da un campo espressivo ad un altro (e quindi tradurre in prodotto visivo e/o letterario quello che nella sua natura sarebbe frutto del mondo sonoro), devo però ammettere che nel caso della biografia di MJ sono incorso in un numero di problemi minori di quelli che avrei dovuto affrontare, forse, disegnando la biografia di tanti altri musicisti.

Non dimentichiamo il vestiario sgargiante che indossava, con abiti a volte quasi più simili ad uniformi, accompagnato da accessori particolari: braccialetti, occhiali, guanti…sembra strano da dirsi, ma è stato quasi come disegnare la biografia di un supereroe e di conseguenza lavorare sui vari costumi che ha indossato dalla Golden Age a oggi. Per non parlare del ricreare la gestualità dei suoi balli: era come disegnare una sequenza d’azione con protagonista Iron Fist. Insomma,  non è stata cosa facile dare vita a certe atmosfere musicali senza poter contare sulla musica stessa, ma credo e spero, attraverso tutti questi altri elementi “non musicali”, di essere riuscito quantomeno a farla “balzare all’orecchio automaticamente” da sola, se si può dire. Ai lettori il compito del giudizio sulla buona riuscita o meno di questo mio intento.

Il suo successo non era (ed è tutt’ora) dato solo dalla musica, ma anche dal ballo, dal suo inconfondibile look, dalle sue altrettanto impareggiabili coreografie che andavano di pari passo con ciò che cantava; tutto ciò ha contribuito enormemente a rendere quindi più facile tentare di ricreare visivamente un MJ caratterizzato dalle varie cose che più ce lo ricordano.

Adesso che hai ormai terminato di disegnare la storia, puoi sbilanciarti almeno un po’ e darci le tue impressioni finali sul tuo lavoro in particolare e sull’opera nel suo complesso? Ho letto sul tuo blogche ci sono stati in effetti dei problemi con la colorazione che non ti ha soddisfatto granchè, ce ne puoi parlare?

Il mio prodotto finale mi soddisfa e visti anche, per ovvi motivi del caso, i tempi stretti di realizzazione sono sicuro che di meglio non avrei potuto fare.Ne vado fiero e, anche se molto probabilmente qualche lettore non lo considererà il mio miglior lavoro, quando rivedo le pagine in B/N ne sono contento. Discorso diverso sul prodotto finale “finale”. Il problema col colorista non era dovuto ad una questione di bravura o meno (perché si parla comunque di un professionista che lavora da anni nell’illustrazione) ma di tecnica. Con ciò intendo il fatto che la sua andava in conflitto con la mia; trovo che siano due tipologie di tecniche troppo distanti per poter coesistere nello stesso albo.

Nonostante uno possa guardare l’albo e dire “ma che ha che non va il colore ?” io personalmente noto questa distanza tra i due stili. Mi rendo comunque conto che è da considerarsi un opinione soggettiva: anche un professionista del settore può non notare tutto questo. Ma va anche detto che il colorista ha realizzato delle buone tavole e che è stato un professionista esemplare anche quando non ero completamente soddisfatto del suo lavoro. A conti fatti il “bad guy” della situazione ero io, mica lui…

Pensi che ci sarà un ritorno di popolarità per te dopo aver lavorato su una storia legata a un tale famosissimo personaggio?

Oddio, c’è già adesso.

E’ ovvio che realizzare un albo del genere comporta un certo ritorno di popolarità, ma va anche precisato che è una popolarità “extra-fumettistica”: immagino che i lettori non saranno certo gli stessi che ogni mese comprano “The Walking Dead” o “Spider Man”,così come la maggior parte delle riviste/siti/ecc. che si occuperà dell’argomento non sarà prettamente fumettistica.

Il che è un bene e un “meno bene” (non si può certo parlar di male) questo perché se è un bene che se ne parli e che il lavoro dia notorietà, è un po’ meno bene che sia un tipo di notorietà non prettamente fumettistica, fuori dal nostro campo; il che, in aggiunta, temo che difficilmente porterà nuovi lavori. Ma ovviamente questo è solo un mio pensiero e spero vivamente di sbagliarmi! (Spero di sbagliarmi anche in questo momento…magari quest’intervista mi porterà già nuovo lavoro, hehehe)

Dopo questa tua ultima fatica sei comunque al lavoro su altri personaggi e altre storie, oltre a proseguire la tua collaborazione sul progetto storico riguardante il generale coreano Yi Soon Shin, che ci dici degli sviluppi della tua personalissima opera “36”? Dando uno sguardo ad alcune delle tue tavole in b/n chissà perché mi è venuto in mente, per l’ambientazione e l’atmosfera che le pervade, il numero 3 di Planetary “Pistoleri morti”, ho detto un’eresia? Quali sono state le tue ispirazioni fumettistiche e gli autori a cui hai guardato da quando hai intrapreso il tuo lavoro come professionista?

Questo paragone (azzardatissimo) mi arriva lo stesso giorno in cui Mark Millar, sfogliando Yi Soon Shin #1, dice che gli ricordo John Cassaday.Ok, una cosa alla volta:

Primo, Millar da buon scozzese sappiamo tutti che spesso alza il gomito e questa è una di quelle volte, forse anche di più. Detto questo Yi Soon Shin è uno dei miei lavori migliori e più ispirati.

Secondo non ricordavo l’albo di cui parlavi e ora che l’ho risfogliato c’ho trovato un sacco di cose da copiare per il mio 36, hehehe (che adesso si chiama “Dead Corpses”). Scherzi a parte sarebbe inutile negare quanto Cassaday mi piaccia, le pagine parlano per me.

36 (Dead Corpses) su tutte, che insieme a Yi è il mio lavoro migliore, nonostante ci stia mettendo moltissimo a realizzarlo (una cinquantina di pagine in 1 anno e mezzo). Il fatto è che essendo personale lo posso realizzare solo nei momenti liberi, che son veramente pochi! D’altronde ho deciso di imbarcarmi in un progetto dove curo storia, matite, chine, toni grigi col Photoshop e lettering!

I dialoghi (per ovvi motivi di lingua) sono curati da Nicolas Wilson con cui ho realizzato già una piccola storia e con cui produco tutt’ora un webcomic, Survival (in momenti di crisi bisogna pur sponsorizzare ciò che è gratis!) E’ un lavoro che mi da molta soddisfazione, soprattutto a livello artistico, decidere in totale autonomia cosa e come disegnare è molto bello. Ho un occhio di riguardo per la regia nei miei lavori e averne la piena libertà è una sensazione unica. Per quanto riguarda la storia racconta delle 36 ore di vita di un uomo che si sveglia su di un tavolo chirurgico, pieno di cicatrici e senza nessun ricordo della sua vita passata o su come si fosse procurato quest’ultime. 36 ore piene di incontri e scontri alla ricerca di un senso. Arcana Comics doveva esser l’editore di questo mio progetto ma, a causa di alcune divergenze sul copyright, purtroppo poi è saltato tutto; adesso c’è un altro nome dietro ma è ancora presto per parlarne.

Per quanto riguarda il mio stile ha avuto un percorso travagliato: son partito con le intenzioni con cui disegno adesso, ma imparando da disegnatori come Bagley e Liefeld. Cito questi due perché sono gli unici di cui ricordo la sensazione di prendere foglio e matita e rifare esattamente ciò che facevano loro, con altri non ricordo.

In seguito ammetto di essermi fatto prendere dall’american-manga, una decina d’anni fa circa, per poi lasciarlo definitivamente 3/4 anni fa per virare su un maggior realismo, come appunto era nell’origine delle mie intenzioni, e così son entrati in scena i vari Hitch, Cassaday, Zezelj, Garney, Sacco, Toppi e altri. Ma di questi più che apprezzare il disegno stesso, più che “copiare” la singola vignetta (sono troppo pigro e vecchio ormai per copiare!) apprezzo la totalità di una loro opera. Cerco di carpire da loro, ancor più di come disegnano un fumetto, come lo pensano e intendono.

E del personaggio della Seconda Guerra Mondiale, abbastanza inquietante come look da quello che ho visto, che stai riprendendo per conto della Moonstone che ci dici? Parli di rivitalizzazione del personaggio, è quindi la ripresa di un charachter del passato? Con la Moonstone continuerai a collaborare a Phantom Generations e the Spider?

Mettiamoci anche un pò di esclusività dai, non l’avevo ancora annunciato sul sito ma lo avrei fatto a giorni:

Il personaggio è “The Flying Dutchman”, vecchio character dell’Eclipse.

Faceva parte della famiglia degli “Airfighters”, tutti acquistati in toto dalla Moonstone (e precedentemente da Todd Mcfarlane) che è già al lavoro sul personaggio principale, Airboy, ridandolo al suo scrittore storico Chuck Dixon.

Tutti questi Airfighters (Skywolf, The Bold Eagle, Iron Ace, Flying Fool, Captain Midnight e Black Angel) verranno rivitalizzati da una scuderia di autori Moonstone tra i quali Mike Bullock, creatore di “Lions, Tigers and Bears”, con cui ho lavorato su The Phantom. Per quanto riguarda FD sono fiero del fatto che Joe (Gentile, editor della Moonstone) abbia scelto proprio me per realizzare i disegni del personaggio sui suoi testi. Per quanto riguarda The Phantom non lo so: ho realizzato un numero della serie “Generations” che è limitata a 21 uscite poiché narra la storia dei 21 Phantom nel corso degli anni, e visto che sono tutti albi realizzati con un team diverso per ognuno di essi, è piuttosto difficile che ritorni su un numero seguente.

Su The Spider invece c’è qualche possibilità. C’è pure una nuova serie in progettazione, Joe me l’ha accennata; tutto ancora da decidere ma ci son dei nomi interessanti dietro, spero di poterne far parte!

La bella immagine che campeggia sul tuo blog di Snake Eyes, personaggio dei G.I.Joe e proprio in questo periodo quantomai d’attualità visto il loro film in uscita nelle sale di tutto il mondo, sono un indizio di qualcosa che bolle in pentola per il futuro o solo un tuo personale omaggio?

E’ partito come omaggio personale gasato alla prima vista del trailer mesi fa, ha avuto un piccolo successo e forse ne sta nascendo qualcosa, troppo presto per parlarne!

Ti dispiace che praticamente tutta la tua produzione, data l’assoluta particolarità dei titoli, molto conosciuti in America ma spesso poco o per nulla nel resto del mondo, purtroppo difficilmente si vedrà qui in Italia? Forse c’è qualche speranza per il tributo a Michael Jackson?

Beh, non è che la cosa mi pesi molto, sono uno di quelli che viene su con l’equazione fumetti uguale America, uno di quegli stupidi che considera tutto quello che viene da là come “cool”.

Dalle nostre parti abbiamo un mercatino di “roba” americana, visto che a pochi chilometri è situata una base aerea statunitense, e quindi arriva tutto questo materiale d’importazione (si tratta perlopiù di merce di tipo militare). Adesso son cose che trovi un pò ovunque, ma 15 anni fa ero uno di quelli che quando ci andava gli sembrava d’esser al luna park. Forse sempre per il mio unire la parola fumetti agli USA ho deciso di fare la gavetta (lavori non pagati, lavori non pubblicati, lavori non pubblicati e non pagati) con le piccole case editrici americane invece che, come fan molti, farla prima in Italia con siti e fanzine nostrane per poi saltare oltreoceano ben rodati. Non considero questa una maniera migliore, è solo diversa, e son contento di averlo fatto perché alla fine l’industria americana è grande coi numeri ma le persone son sempre le stesse e più ne conosci e meglio è: che sia l’editor della Marvel o dell’Alterna, ti faranno comodo entrambi. E poi a conti fatti vorrei far carriera nell’industria americana, quindi ora come ora mi interessa più che vengano letti all’interno del circuito statunitense che in altri.

Per quanto riguarda MJ so che alcuni editori fuori dagli Stati Uniti son interessati a pubblicarlo ma non so quali, magari anche l’Italia, perché no…

Se potessi approdare alle due maggiori case editrici americane, quale sceglieresti, anzi, facciamo la domanda il più aggiornata possibile, cosa sceglieresti tra i personaggi Marvel e DC e tra quelli Disney e Warner Bros? E se dovessi scegliere tra quelli italiani, Bonelli e non? E tra i tuoi lavori, qual è quello che ti è sembrato il più riuscito, quello che ti ha dato più soddisfazione e ti ha appassionato maggiormente mentre ci lavoravi (possono anche non essere lo stesso e valgono anche opere ancora in corso)?

No no rimaniamo su Marvel e DC, che ancora devo concepire l’idea di queste mega acquisizioni!!!

Comunque, ritornando al discorso sulla “roba” americana d’istinto direi l’Uomo Ragno, ma so che ora come ora prediligerei atmosfere come quelle del Punitore, di Batman (già, un nome a caso) o delle serie Vertigo, rispetto a quelle solari dei vari ragni, X-Men e Superman.

Ma, più che su protagonisti di serie regolari di Major, mi piacerebbe lavorare a progetti come miniserie o graphic novel con scrittori come Ellis, Brubaker, Millar ecc. per editori indipendenti come Avatar, IDW Dynamite e Image.

Li hai la possibilità di creare vere perle, anche perché lo scrittore ha più libertà e da il meglio di se che con personaggi altrui.

Per quanto riguarda l’Italia non saprei, ora come ora non leggo molti serie nostrane (a parte Ratman, ovvio), leggevo Dylan Dog, Nathan Never, Lazarus Ledd e altri ma nessuno di questi mi ha mai ispirato voglia di disegnarli.

Anche perché in cuor mio so che difficilmente potrei entrare in una scuderia Italiana: ammetto che mi manca una base accademica dovuta al mio esser autodidatta (e pigro) e in Italia conta più saper disegnare ogni singola parte del corpo (che non è una cosa sbagliata, anzi) che avere un buon stile o fare bei fumetti.
Con questo non dico che io li faccio e gli altri no, ho un sacco di difetti, ma se parlassi da lettore preferirei un fumetto con un po’ di stile personale, anche se mi sbagli una mano (o due, o tre) rispetto ad uno con uno stile anonimo (come quello che hanno tanti italiani) ma dove non mi sgarri neanche l’angolo esterno del retro dell’orecchio.

Ritorniamo sempre al discorso del “cool” americano, questa volta contro l’eccessivo accademismo all’italiana.

Ad alcuni può sembrare la via facile, per me è solo diversa.
Con la consapevolezza che a differenza di molti difficilmente riuscirò a raggiungere un livello alto nell’uno e nell’altro.
Comunque il mio è un ragionamento che mi porto dietro da sempre e non leggendo albi italiani da 3, 4 anni magari mi sto sbagliando di brutto e sto facendo una bella figura di… Oddio non è che ne abbia fatti poi così tanti di fumetti…

Per la categoria miglior albo disegnato indubbiamente Yi Soon Shin #1, ma son troppo influenzato dai bellissimi colori di Adriana, lei è la vera star di questo progetto!

36 (di nuovo Dead Corpses) è altrettanto bello ma in più ha una regia migliore, con in meno i colori di Adriana (anche perché è in B/N più i toni grigi) e per ovvii motivi è quello che mi appassiona di più mentre lo realizzo.

Ma anche The Flying Dutchman è molto bello (anche li matite e chine e in più grigi in Photoshop); è un prodotto molto solido e con più personalità di altri lavori.

Domandone finale, il tuo albo cult e il tuo personaggio preferito in assoluto (accettiamo anche svariati pari merito volendo)?

Per motivi affettivi non dimenticherò mail il volume di Longshot disegnato da Arthur Adams, per quelli tecnico artistici sarebbero veramente troppi. Per il personaggio vorrei tirarti fuori un antieroe o personaggio secondario di una qualche serie scritta da un inglese e dirti “è un vero figlio di…” ma non ce la faccio…dico l’Uomo Ragno.

Grazie per averci concesso questa intervista.

Grazie a voi!
Ciao, Giovanni

a rispondere alle nostre domande; facciamo un breve escursus dei tuoi lavori prima di iniziare, sei partito con un paio di storie su Vincent Price Presents della Bluewater Production, poi hai collaborato con la Moonstone su the Phantom e su the Spider, a un progetto su Mr.T, hai disegnato il seguito di “Plan 9 from outer space” (del leggendario Ed Wood) ancora per la Bluewater, fatto alcuni numeri di Capitan Action (credo sia ripreso da un giocattolo molto famoso in America) di nuovo per la Moonstone, ottenuto un buon riscontro con Yi Soon Shin, la storia di un generale coreano del 1500 (!) e nei ritagli di tempo porti avanti anche un tuo personalissimo progetto intitolato 36, e come ultima fatica nientemeno che la graphic novel tributo su Michael Jackson targata Bluewater.

Diciamo una carriera breve ma intensa, partendo proprio dal tuo ultimo lavoro, cosa hai pensato quando nell’arco di pochi giorni sei passato dalla notizia della morte di Jackson a quello dell’acquisizione dei diritti per uno speciale da parte del presidente della Bluewater Darren G. Davis e infine alla tua investitura come disegnatore della storia? Grazie a te per quest’intervista, è sempre bello quando qualcuno è interessato a ciò che fai.Beh, devo ammetterlo, venire a sapere della scomparsa di MJ è stato un po’ scioccante.

Va bene che MJ musicalmente era ormai fermo da tempo, ma la notizia della sua morte mi ha toccato molto. Da buon trentenne quale sono ai suoi tempi ho amato MJ e, come credo abbiano fatto in molti, in quei giorni ho fatto una bella ripassata dei suoi album. Qualche giorno dopo Darren mi mandò una mail chiedendomi di tradurre dall’italiano all’inglese la prefazione per l’albo di MJ ad opera di Giuseppe Mazzola (membro del MJ Fan Club e amico personale del cantante).

Ormai era passato quasi un anno dall’ultima volta che avevo lavorato per la Bluewater, ma Darren con naturalezza mi chiese se fossi interessato a disegnare l’albo. Sfido chiunque a rifiutare, fosse stato al mio posto! Ero molto emozionato nel disegnarne la vita e nel seguire un progetto così importante.

Nella presentazione dello speciale si percepiva la volontà di produrre un’opera che rendesse veramente omaggio alla grandezza del personaggio e che toccasse i punti fondamentali della sua storia personale e pubblica, non ti sembra che sole 24 pagine siano un po’ poche per rendere al meglio tutto questo?

Forse hai ragione, le pagine non sono molte per un artista che ha realizzato così tanto (nonostante si siano persino fatte un paio di pagine in più rispetto alla media delle altre biografie della Bluewater), ma credo sarai d’accordo con me nel dire che per poter ripercorrere interamente la vita di MJ e ricreare tutti i suoi fatti salienti, (ossia 50 anni di vita così pieni di emozioni, belle e brutte che fossero), ce ne sarebbero volute almeno 200 di pagine! Purtroppo, come tutte le serie, anche quella di biografie della Bluewater segue un preciso standard a cui attenersi, il che implica anche un determinato spazio in termini di pagine entro cui narrare la biografia.

Come avete affrontato il problema di rendere in immagini e testo un aspetto importante come la musica e la voce di Michael Jackson?

Premessa l’ovvia (e forse insuperabile) difficoltà che si può incontrare spostandosi da un campo espressivo ad un altro (e quindi tradurre in prodotto visivo e/o letterario quello che nella sua natura sarebbe frutto del mondo sonoro), devo però ammettere che nel caso della biografia di MJ sono incorso in un numero di problemi minori di quelli che avrei dovuto affrontare, forse, disegnando la biografia di tanti altri musicisti.

Non dimentichiamo il vestiario sgargiante che indossava, con abiti a volte quasi più simili ad uniformi, accompagnato da accessori particolari: braccialetti, occhiali, guanti…sembra strano da dirsi, ma è stato quasi come disegnare la biografia di un supereroe e di conseguenza lavorare sui vari costumi che ha indossato dalla Golden Age a oggi. Per non parlare del ricreare la gestualità dei suoi balli: era come disegnare una sequenza d’azione con protagonista Iron Fist. Insomma,  non è stata cosa facile dare vita a certe atmosfere musicali senza poter contare sulla musica stessa, ma credo e spero, attraverso tutti questi altri elementi “non musicali”, di essere riuscito quantomeno a farla “balzare all’orecchio automaticamente” da sola, se si può dire. Ai lettori il compito del giudizio sulla buona riuscita o meno di questo mio intento.

Il suo successo non era (ed è tutt’ora) dato solo dalla musica, ma anche dal ballo, dal suo inconfondibile look, dalle sue altrettanto impareggiabili coreografie che andavano di pari passo con ciò che cantava; tutto ciò ha contribuito enormemente a rendere quindi più facile tentare di ricreare visivamente un MJ caratterizzato dalle varie cose che più ce lo ricordano.

Adesso che hai ormai terminato di disegnare la storia, puoi sbilanciarti almeno un po’ e darci le tue impressioni finali sul tuo lavoro in particolare e sull’opera nel suo complesso? Ho letto sul tuo blogche ci sono stati in effetti dei problemi con la colorazione che non ti ha soddisfatto granchè, ce ne puoi parlare?

Il mio prodotto finale mi soddisfa e visti anche, per ovvi motivi del caso, i tempi stretti di realizzazione sono sicuro che di meglio non avrei potuto fare.Ne vado fiero e, anche se molto probabilmente qualche lettore non lo considererà il mio miglior lavoro, quando rivedo le pagine in B/N ne sono contento. Discorso diverso sul prodotto finale “finale”. Il problema col colorista non era dovuto ad una questione di bravura o meno (perché si parla comunque di un professionista che lavora da anni nell’illustrazione) ma di tecnica. Con ciò intendo il fatto che la sua andava in conflitto con la mia; trovo che siano due tipologie di tecniche troppo distanti per poter coesistere nello stesso albo.

Nonostante uno possa guardare l’albo e dire “ma che ha che non va il colore ?” io personalmente noto questa distanza tra i due stili. Mi rendo comunque conto che è da considerarsi un opinione soggettiva: anche un professionista del settore può non notare tutto questo. Ma va anche detto che il colorista ha realizzato delle buone tavole e che è stato un professionista esemplare anche quando non ero completamente soddisfatto del suo lavoro. A conti fatti il “bad guy” della situazione ero io, mica lui…

Pensi che ci sarà un ritorno di popolarità per te dopo aver lavorato su una storia legata a un tale famosissimo personaggio?

Oddio, c’è già adesso.

E’ ovvio che realizzare un albo del genere comporta un certo ritorno di popolarità, ma va anche precisato che è una popolarità “extra-fumettistica”: immagino che i lettori non saranno certo gli stessi che ogni mese comprano “The Walking Dead” o “Spider Man”,così come la maggior parte delle riviste/siti/ecc. che si occuperà dell’argomento non sarà prettamente fumettistica.

Il che è un bene e un “meno bene” (non si può certo parlar di male) questo perché se è un bene che se ne parli e che il lavoro dia notorietà, è un po’ meno bene che sia un tipo di notorietà non prettamente fumettistica, fuori dal nostro campo; il che, in aggiunta, temo che difficilmente porterà nuovi lavori. Ma ovviamente questo è solo un mio pensiero e spero vivamente di sbagliarmi! (Spero di sbagliarmi anche in questo momento…magari quest’intervista mi porterà già nuovo lavoro, hehehe)

Dopo questa tua ultima fatica sei comunque al lavoro su altri personaggi e altre storie, oltre a proseguire la tua collaborazione sul progetto storico riguardante il generale coreano Yi Soon Shin, che ci dici degli sviluppi della tua personalissima opera “36”? Dando uno sguardo ad alcune delle tue tavole in b/n chissà perché mi è venuto in mente, per l’ambientazione e l’atmosfera che le pervade, il numero 3 di Planetary “Pistoleri morti”, ho detto un’eresia? Quali sono state le tue ispirazioni fumettistiche e gli autori a cui hai guardato da quando hai intrapreso il tuo lavoro come professionista?

Questo paragone (azzardatissimo) mi arriva lo stesso giorno in cui Mark Millar, sfogliando Yi Soon Shin #1, dice che gli ricordo John Cassaday.Ok, una cosa alla volta:

Primo, Millar da buon scozzese sappiamo tutti che spesso alza il gomito e questa è una di quelle volte, forse anche di più. Detto questo Yi Soon Shin è uno dei miei lavori migliori e più ispirati.

Secondo non ricordavo l’albo di cui parlavi e ora che l’ho risfogliato c’ho trovato un sacco di cose da copiare per il mio 36, hehehe (che adesso si chiama “Dead Corpses”). Scherzi a parte sarebbe inutile negare quanto Cassaday mi piaccia, le pagine parlano per me.

36 (Dead Corpses) su tutte, che insieme a Yi è il mio lavoro migliore, nonostante ci stia mettendo moltissimo a realizzarlo (una cinquantina di pagine in 1 anno e mezzo). Il fatto è che essendo personale lo posso realizzare solo nei momenti liberi, che son veramente pochi! D’altronde ho deciso di imbarcarmi in un progetto dove curo storia, matite, chine, toni grigi col Photoshop e lettering!

I dialoghi (per ovvi motivi di lingua) sono curati da Nicolas Wilson con cui ho realizzato già una piccola storia e con cui produco tutt’ora un webcomic, Survival (in momenti di crisi bisogna pur sponsorizzare ciò che è gratis!) E’ un lavoro che mi da molta soddisfazione, soprattutto a livello artistico, decidere in totale autonomia cosa e come disegnare è molto bello. Ho un occhio di riguardo per la regia nei miei lavori e averne la piena libertà è una sensazione unica. Per quanto riguarda la storia racconta delle 36 ore di vita di un uomo che si sveglia su di un tavolo chirurgico, pieno di cicatrici e senza nessun ricordo della sua vita passata o su come si fosse procurato quest’ultime. 36 ore piene di incontri e scontri alla ricerca di un senso. Arcana Comics doveva esser l’editore di questo mio progetto ma, a causa di alcune divergenze sul copyright, purtroppo poi è saltato tutto; adesso c’è un altro nome dietro ma è ancora presto per parlarne.

Per quanto riguarda il mio stile ha avuto un percorso travagliato: son partito con le intenzioni con cui disegno adesso, ma imparando da disegnatori come Bagley e Liefeld. Cito questi due perché sono gli unici di cui ricordo la sensazione di prendere foglio e matita e rifare esattamente ciò che facevano loro, con altri non ricordo.

In seguito ammetto di essermi fatto prendere dall’american-manga, una decina d’anni fa circa, per poi lasciarlo definitivamente 3/4 anni fa per virare su un maggior realismo, come appunto era nell’origine delle mie intenzioni, e così son entrati in scena i vari Hitch, Cassaday, Zezelj, Garney, Sacco, Toppi e altri. Ma di questi più che apprezzare il disegno stesso, più che “copiare” la singola vignetta (sono troppo pigro e vecchio ormai per copiare!) apprezzo la totalità di una loro opera. Cerco di carpire da loro, ancor più di come disegnano un fumetto, come lo pensano e intendono.

E del personaggio della Seconda Guerra Mondiale, abbastanza inquietante come look da quello che ho visto, che stai riprendendo per conto della Moonstone che ci dici? Parli di rivitalizzazione del personaggio, è quindi la ripresa di un charachter del passato? Con la Moonstone continuerai a collaborare a Phantom Generations e the Spider?

Mettiamoci anche un pò di esclusività dai, non l’avevo ancora annunciato sul sito ma lo avrei fatto a giorni:

Il personaggio è “The Flying Dutchman”, vecchio character dell’Eclipse.

Faceva parte della famiglia degli “Airfighters”, tutti acquistati in toto dalla Moonstone (e precedentemente da Todd Mcfarlane) che è già al lavoro sul personaggio principale, Airboy, ridandolo al suo scrittore storico Chuck Dixon.

Tutti questi Airfighters (Skywolf, The Bold Eagle, Iron Ace, Flying Fool, Captain Midnight e Black Angel) verranno rivitalizzati da una scuderia di autori Moonstone tra i quali Mike Bullock, creatore di “Lions, Tigers and Bears”, con cui ho lavorato su The Phantom. Per quanto riguarda FD sono fiero del fatto che Joe (Gentile, editor della Moonstone) abbia scelto proprio me per realizzare i disegni del personaggio sui suoi testi. Per quanto riguarda The Phantom non lo so: ho realizzato un numero della serie “Generations” che è limitata a 21 uscite poiché narra la storia dei 21 Phantom nel corso degli anni, e visto che sono tutti albi realizzati con un team diverso per ognuno di essi, è piuttosto difficile che ritorni su un numero seguente.

Su The Spider invece c’è qualche possibilità. C’è pure una nuova serie in progettazione, Joe me l’ha accennata; tutto ancora da decidere ma ci son dei nomi interessanti dietro, spero di poterne far parte!

La bella immagine che campeggia sul tuo blog di Snake Eyes, personaggio dei G.I.Joe e proprio in questo periodo quantomai d’attualità visto il loro film in uscita nelle sale di tutto il mondo, sono un indizio di qualcosa che bolle in pentola per il futuro o solo un tuo personale omaggio?

E’ partito come omaggio personale gasato alla prima vista del trailer mesi fa, ha avuto un piccolo successo e forse ne sta nascendo qualcosa, troppo presto per parlarne!

Ti dispiace che praticamente tutta la tua produzione, data l’assoluta particolarità dei titoli, molto conosciuti in America ma spesso poco o per nulla nel resto del mondo, purtroppo difficilmente si vedrà qui in Italia? Forse c’è qualche speranza per il tributo a Michael Jackson?

Beh, non è che la cosa mi pesi molto, sono uno di quelli che viene su con l’equazione fumetti uguale America, uno di quegli stupidi che considera tutto quello che viene da là come “cool”.

Dalle nostre parti abbiamo un mercatino di “roba” americana, visto che a pochi chilometri è situata una base aerea statunitense, e quindi arriva tutto questo materiale d’importazione (si tratta perlopiù di merce di tipo militare). Adesso son cose che trovi un pò ovunque, ma 15 anni fa ero uno di quelli che quando ci andava gli sembrava d’esser al luna park. Forse sempre per il mio unire la parola fumetti agli USA ho deciso di fare la gavetta (lavori non pagati, lavori non pubblicati, lavori non pubblicati e non pagati) con le piccole case editrici americane invece che, come fan molti, farla prima in Italia con siti e fanzine nostrane per poi saltare oltreoceano ben rodati. Non considero questa una maniera migliore, è solo diversa, e son contento di averlo fatto perché alla fine l’industria americana è grande coi numeri ma le persone son sempre le stesse e più ne conosci e meglio è: che sia l’editor della Marvel o dell’Alterna, ti faranno comodo entrambi. E poi a conti fatti vorrei far carriera nell’industria americana, quindi ora come ora mi interessa più che vengano letti all’interno del circuito statunitense che in altri.

Per quanto riguarda MJ so che alcuni editori fuori dagli Stati Uniti son interessati a pubblicarlo ma non so quali, magari anche l’Italia, perché no…

Se potessi approdare alle due maggiori case editrici americane, quale sceglieresti, anzi, facciamo la domanda il più aggiornata possibile, cosa sceglieresti tra i personaggi Marvel e DC e tra quelli Disney e Warner Bros? E se dovessi scegliere tra quelli italiani, Bonelli e non? E tra i tuoi lavori, qual è quello che ti è sembrato il più riuscito, quello che ti ha dato più soddisfazione e ti ha appassionato maggiormente mentre ci lavoravi (possono anche non essere lo stesso e valgono anche opere ancora in corso)?

No no rimaniamo su Marvel e DC, che ancora devo concepire l’idea di queste mega acquisizioni!!!

Comunque, ritornando al discorso sulla “roba” americana d’istinto direi l’Uomo Ragno, ma so che ora come ora prediligerei atmosfere come quelle del Punitore, di Batman (già, un nome a caso) o delle serie Vertigo, rispetto a quelle solari dei vari ragni, X-Men e Superman.

Ma, più che su protagonisti di serie regolari di Major, mi piacerebbe lavorare a progetti come miniserie o graphic novel con scrittori come Ellis, Brubaker, Millar ecc. per editori indipendenti come Avatar, IDW Dynamite e Image.

Li hai la possibilità di creare vere perle, anche perché lo scrittore ha più libertà e da il meglio di se che con personaggi altrui.

Per quanto riguarda l’Italia non saprei, ora come ora non leggo molti serie nostrane (a parte Ratman, ovvio), leggevo Dylan Dog, Nathan Never, Lazarus Ledd e altri ma nessuno di questi mi ha mai ispirato voglia di disegnarli.

Anche perché in cuor mio so che difficilmente potrei entrare in una scuderia Italiana: ammetto che mi manca una base accademica dovuta al mio esser autodidatta (e pigro) e in Italia conta più saper disegnare ogni singola parte del corpo (che non è una cosa sbagliata, anzi) che avere un buon stile o fare bei fumetti.
Con questo non dico che io li faccio e gli altri no, ho un sacco di difetti, ma se parlassi da lettore preferirei un fumetto con un po’ di stile personale, anche se mi sbagli una mano (o due, o tre) rispetto ad uno con uno stile anonimo (come quello che hanno tanti italiani) ma dove non mi sgarri neanche l’angolo esterno del retro dell’orecchio.

Ritorniamo sempre al discorso del “cool” americano, questa volta contro l’eccessivo accademismo all’italiana.

Ad alcuni può sembrare la via facile, per me è solo diversa.
Con la consapevolezza che a differenza di molti difficilmente riuscirò a raggiungere un livello alto nell’uno e nell’altro.
Comunque il mio è un ragionamento che mi porto dietro da sempre e non leggendo albi italiani da 3, 4 anni magari mi sto sbagliando di brutto e sto facendo una bella figura di… Oddio non è che ne abbia fatti poi così tanti di fumetti…

Per la categoria miglior albo disegnato indubbiamente Yi Soon Shin #1, ma son troppo influenzato dai bellissimi colori di Adriana, lei è la vera star di questo progetto!

36 (di nuovo Dead Corpses) è altrettanto bello ma in più ha una regia migliore, con in meno i colori di Adriana (anche perché è in B/N più i toni grigi) e per ovvii motivi è quello che mi appassiona di più mentre lo realizzo.

Ma anche The Flying Dutchman è molto bello (anche li matite e chine e in più grigi in Photoshop); è un prodotto molto solido e con più personalità di altri lavori.

Domandone finale, il tuo albo cult e il tuo personaggio preferito in assoluto (accettiamo anche svariati pari merito volendo)?

Per motivi affettivi non dimenticherò mail il volume di Longshot disegnato da Arthur Adams, per quelli tecnico artistici sarebbero veramente troppi. Per il personaggio vorrei tirarti fuori un antieroe o personaggio secondario di una qualche serie scritta da un inglese e dirti “è un vero figlio di…” ma non ce la faccio…dico l’Uomo Ragno.

Grazie per averci concesso questa intervista.

Grazie a voi!
Ciao, Giovanni

 

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