Recensione – La Ricompensa del Gatto, un anime Ghibli inedito

Pubblicato il 5 Febbraio 2016 alle 10:30

Inedito perché, benché uscito nel 2002, arriva solo ora in Italia. Ma anche perché per stile e tono è diverso da qualsiasi altro lungometraggio dello studio di Miyazaki e Takahata. Una divertente avventura fantastica insieme a delle vecchie conoscenze Ghibli.

Dei 20 film per il grande schermo prodotti dallo studio Ghibli dal 1986 solo 6 non sono stati diretti da Hayao Miyazaki e Isao Takahata. Di questi 6, 2 li ha diretti il figlio di Miyazaki Goro, 2 Hiromasa Yonebayashi, cresciuto artisticamente all’interno dello studio, 1 Yoshifumi Kondo, anche lui veterano della Casa di Totoro.

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E poi c’è Hiroyuki Morita con il suo La Ricompensa del Gatto, che arriva per la prima volta in Italia grazie a Lucky Red dopo 14 anni (sarà nei cinema il 9 e il 10 febbraio).

Nato come cortometraggio sui gatti commissionato da un parco divertimenti , La Ricompensa del Gatto (inizialmente “Progetto Gatto”) venne usato come test per giovani registi allo studio Ghibli; tra di loro Morita il quale, spinto da Miyazaki, realizzò uno storyboard da oltre 500 pagine che piacque così tanto al produttore Toshio Suzuki da fargli decidere di ricavarne un anime cinematografico.
Visto il successo che aveva avuto I Sospiri del mio Cuore, inoltre, il fatto che comparissero i popolarissimi Baron e Moon non guastava.

Protagonista della storia è Haru, studentessa imbranata ma gentile che un giorno salva un gatto (che portava un misterioso pacchettino) dalle ruote di un camion.

L’atto eroico le si ritorce però contro quando il Re dei Gatti, padre del gatto da lei soccorso, la fa rapire e portare nel magico Regno dei Gatti per “ricompensarla” rendendola consorte dell’erede, che lo voglia o no. Ad aiutare Haru sarà l’elegante (e simil-James Bond) Barone con i suoi aiutanti, il rude Moon-Muta-Mucca e il corvo Toto.

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Nel 2002, quando gli viene affidata la regia de la Ricompensa del Gatto, Morita ha sì già collaborato con lo studio Ghibli come animatore in Kiki e Hōhokekyo tonari no Yamada-kun, ma si è anche fatto la sua esperienza lavorando su Akira, Lupin III e Tenchi Muyo: tutti anime molto diversi dal classico stile Ghibli e le cui influenze si fanno sentire e vedere. Se gli altri 5 film Ghibli non firmati da Miyazaki e Takahata sono comunque riconoscibilissimi come “film Ghibli” e condividono l’house style dello studio nel character design a in molti elementi comuni, La Ricompensa… ci rinuncia volontariamente.

Ed è ironico, visto che è lo spin-off del “Miyazakissimo” (anche se diretto da Kondo) I Sospiri del mio Cuore.

Per accorgersene basta guardare il character design e l’animazione, che si distanziano dal modello di Miyazaki: personaggi più slanciati e dai volti “normali” (niente caricature alla Pirati di Mamma), che ricordano poco quelli del regista di Porco Rosso e più quelli degli anime televisivi anni ’90. Animazione e regia sono poi tese in prevalenza a raccontare quello che succede e a convogliare la drammaticità (e spesso la comicità) delle azioni e non a delineare ambienti e atmosfere.

Ma alla fine, spin-off e house style sì/no a parte, com’è La Ricompensa del Gatto?
È divertente. A tratti molto divertente. 75 minuti (decisamente più breve quindi dello standard Ghibli) concentrati di azione, gag, scambi di battute e tanti gatti: gatti raffinati, gatti vagamente maniaci, gatti musicisti e gatti guardie del corpo in giacca e cravatta (più o meno).

Morita spende pochi minuti all’inizio per stabilire il personaggio di Haru (gentile-testa tra le nuvole), ancora meno per quello di Baron (eroico-raffinato) e lascia poi che siano l’azione a parlare tra inseguimenti, banchetti, combattimenti e esplosioni. I più giovani se lo godranno sicuramente.

La decisione di Morita di votarsi esclusivamente alla commedia, infatti, potrebbe rendere La Ricompensa… un po’ deludente per gli spettatori più adulti; le tematiche tipiche dello studio sono assenti (c’è comunque una scena in volo, e anche molto bella), così come un qualche messaggio.

Quindi, ecco, non aspettatevi la profondità di un Mononoke o di un Marnie da un anime con ben due gag sulle tette.

Baron e Muta. Li ricordate ne I Sospiri del io Cuore?
Baron e Muta. Li ricordate ne I Sospiri del mio Cuore?

Ma visto con la giusta disposizione La Ricompensa del Gatto è un’ora e un quarto di ottimo intrattenimento che ricorda molto gli anime tv del periodo (specialmente quelli più leggeri dello studio Gainax) e per trama e trovate Lupin e il Castello di Cagliostro di Miyazaki.

A volte l’umorismo potrebbe essere un po’ esasperato per il pubblico occidentale (le reazioni perennemente sopra le righe del Re Gatto e del suo consigliere), ma in generale Morita colpisce nel segno, azzecca sempre il ritmo e in più ci regala un personaggio veramente irresistibile: Moon, gattone grasso e pigro, sboccato, goloso e insofferente a tutto l’eroismo e l’altruismo che lo circonda, protagonista delle gag più riuscite e che mette in ombra il più “buono” ma banale Barone.

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Come in tutti gli anime Ghibli proposti in Italia in questi anni l’adattamento dei dialoghi è un argomento sensibile, ancora più importante in questo caso vista la gran mole di battute che i personaggi si scambiano a getto continuo.

In italiano anche La Ricompensa del Gatto continua a “parlare” con un registro e una sintassi arcaicheggianti. Se anche i membri della corte dei gatti e il Barone potrebbero permettersi di parlare in modo così forbito Haru, la sua amica Hiromi e il volgare Muta non dovrebbero.

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