Wilfred o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza

Pubblicato il 11 Gennaio 2016 alle 12:30

Wilfred, serie tv adattata per il palinsesto statunitense da David Zuckerman (papà dei Griffin), narra le vicende di Ryan Newman e dell’animale domestico della sua vicina che solo lui sembra vedere in realtà come un essere umano travestito da cane irriverente, manipolatore, dedito a qualunque vizio e senza freni inibitori.

Capita spesso a noi series addicted (termine coniato per definire chi dedica il proprio tempo libero all’auto somministrazione indiscriminata e perpetua di audio visivi seriali) che ci venga chiesto: “Secondo te che serie tv posso vedere? Quale mi consiglieresti?”

Si tratta di una domanda molto eccitante, alla pari di una situazione in cui ad un fan sfegatato di Star Wars gli si avvicini una bella ragazza desiderosa di comprendere la trama e i meccanismi dell’universo ideato da George Lucas.

In casi come questi tento in tutti i modi di mantenere la calma e con un savoir-faire degno del primo James Bond, preciso che non posso semplicemente consigliare una serie tv a caso e che persino le serie tv più belle non piacciono a tutti. Per cui inizio a fare più domande, cercando di capire i gusti dell’interessato e soprattutto di quale serie tv la persona che mi sta di fronte ha bisogno in quel momento.

D’altra parte le serie tv sono come dei libri: ne esistono veramente tanti e non sempre puoi consigliare i migliori in assoluto. A volte devi avvicinare le persone alle serie tv per gradi, non iniziando dalle basi, anzi spesso dalla punta dell’iceberg facendo notare solo successivamente che c’è dell’altro in profondità. Altre volte ancora devi soddisfare la richiesta dell’interessato consigliandogli una serie tv appartenente alla categoria a lui più congeniale, ma che possegga degli elementi di spessore che la rendono una delle migliori del genere e, allo stesso tempo, diversa da tutte le altre rappresentanti di quella determinata categoria.

Gli devi suggerire una serie tv speciale.

Ed è per questo che proprio l’altra volta mi sono trovato a consigliare a due persone diverse la serie tv Wilfred, accorgendomi che questa serie soddisfaceva sia l’esigenza di una di vedere una comedy diversa, sia quella dell’altra persona di gustarsi una serie tv più leggera ma non per questo banale.

Wilfred è una delle mie serie tv preferite (come si evince dalla mia immagine profilo) e credo possa vantare molti requisiti che la rendono indispensabile nella lista di ogni series addicted che si voglia fregiare di tale onorificenza.
Tuttavia, contemporaneamente, alcuni aspetti la rendono godibile anche a chi non ha grosse pretese quando desidera semplicemente fruire di un prodotto televisivo del genere comedy.

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Si tratta di un remake di una serie tv australiana di soli 16 episodi nella quale il comico Jason Gann (co-ideatore della serie) vestiva (letteralmente) i panni di un cane antropomorfo e viveva situazioni comiche in compagnia del protagonista, della sua vicina e del fidanzato di quest’ultima.

La serie australiana è stata acclamata dalla critica e probabilmente mentre i direttori del canale FX facevano zapping, hanno deciso di realizzarne una versione statunitense affidando il progetto a David Zuckerman (il secondo papà dei Griffin), il ruolo da protagonista ad Elijah Wood (Frodo nella trilogia Il Signore degli Anelli) e quello dell’essere umano travestito da cane proprio allo stesso Jason Gann che lo aveva inventato e impersonato nella serie originale.

Così dal 2011 al 2014 sono andate in onda quattro stagioni della serie tv, dove il protagonista Ryan Newman pare l’unico a vedere l’animale domestico della sua vicina di casa come un essere umano travestito da cane irriverente, manipolatore, dedito a qualunque vizio e senza freni inibitori.

Una sinossi del genere può incuriosire sicuramente, ma non può bastare a mantenere i telespettatori davanti allo schermo. In Australia sono andati in onda solo 16 puntate, in America ben 46. Questo perché la trasposizione statunitense ha deciso di strutturare la serie su tre livelli che adesso illustrerò.

1 Livello: la situazione surreale e dunque comica

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Il protagonista della serie è Ryan Newman, un uomo depresso che si vuole suicidare.
Viene salvato dal campanello di casa. Accanto a lui si sono trasferiti dei nuovi vicini e ovviamente si tratta di una ragazza bellissima di cui si innamora a prima vista.

Tuttavia non è tanto l’aspetto della vicina a sorprenderlo, bensì quello del suo cane a cui viene chiesto di badare per qualche tempo.

Ryan non riesce a capire se si tratta di uno scherzo, se è impazzito o se addirittura è riuscito ad andare a fondo nel suo tentativo di suicidarsi e adesso si trova in una qualche versione di aldilà.
Eppure deve accettare presto la sua nuova realtà, sia per esigenze di audience sia per concentrarsi su qualcosa che non sia togliersi la vita.

Il primo livello si concentra dunque su una comicità scaturita da una situazione irreale: cioè quella di vedere un uomo travestito da cane che però pur avendo vizi umani rimane comunque un cane con i bisogni e le peculiarità di un animale domestico.

Questo livello si concentra sul rappresentare sullo schermo risposte a domande quali: “Come apparirebbe un cane dalle sembianze umane che lecca il suo padrone?”, “Come risulterebbe agli occhi delle persone un uomo travestito da cane dedito a tutte le pratiche socialmente accettate del più amato animale domestico (come per esempio l’ossessione sessuale per i peluche, non conoscere il concetto di tempo che si palesa quando il proprio padrone va via per qualche tempo, il suo rapporto con gli altri cani ecc.)?”, “Quanto farebbe ridere un uomo travestito da cane dal carattere insolente, manipolatore, dedito ad ogni sordido vizio e privo di qualsiasi freno inibitorio?”.

Ne escono fuori situazioni televisive che suscitano facilmente la risata (senza l’esserne indotti da quelle registrate) che ci fanno persino dimenticare che dobbiamo dare un senso a tutto ciò che vediamo: Wilfred è reale?

2 livello: cosa è reale?

WILFRED: L-R: Elijah Wood as Ryan and Jason Gann as Wilfred. CR: FX.

La comedy smette di essere una comedy quando ci ricorda con prepotenza che dobbiamo definire ciò che stiamo vedendo. Quello per cui Mr.Robot è stato così tanto acclamato era presente già da molto tempo prima in Wilfred, forse una delle serie più sottovalutate di sempre.

Lo spettatore, come il protagonista, deve decidere se Ryan stia vivendo un sogno, se sia semplicemente impazzito o se Wilfred sia qualcosa tornato dal passato di Ryan per salvarlo dalla depressione.

E quando il pubblico si illude di aver trovato una risposta definitiva, soprattutto con i finali della prima e della seconda stagione, le carte vengono nuovamente mescolate.

Viene introdotta la famiglia di Ryan, in particolare la mamma ricoverata in un istituto psichiatrico e il suggerimento che anche il protagonista potrebbe avere ereditato i disturbi patiti dalla madre.
E allora che ci si inizia a domandare: “E se tutto ciò che abbiamo visto sino ad ora riguardasse uno psicopatico in compagnia di un normalissimo cane?”

Una domanda che però siamo costretti a mettere da parte perché all’improvviso fanno la comparsa sulla scena altri personaggi interpretati con maestria da grandi attori come Allison Mack (Chloe Sullivan di Smallville), la quale impersona il nuovo interesse amoroso del protagonista, il padre di Ryan (e di Dexter nonché protagonista della pellicola cult I guerrieri della notte) e persino Robin Williams in una delle sue ultime apparizioni.

Tutto questo non fa che distrarci dalla questione “ciò che è reale e ciò che non lo è”, mentre questi personaggi vicini al protagonista sembrano suggerirci che Ryan sia un malato di mente e Wilfred una sua invenzione.
In mezzo a tutto questo non cessano le risate, neanche nei momenti più seri e drammatici; ogni puntata si apre con una citazione che oltre a fornirci un titolo ci offre il pretesto e la sfida di trovare una morale all’episodio che ci accingiamo a vedere.

E in mezzo a sogni e visioni che non fanno altro che confondere piacevolmente lo spettatore su quale sia la linea logica (e reale) da seguire per non perdere il filo, viene introdotto improvvisamente il passato di Ryan avvolto nel mistero, di cui neanche lui ricorda nulla, ma su cui inizia ad indagare col pubblico che resta intanto col fiato sospeso.

3 Livello: Molte Risposte per una sola domanda

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Il terzo livello, ovvero dei misteri e del passato oscuro del protagonista, viene introdotto con un semplice disegno, presentato in origine per confondere ancora di più i telespettatori sul fatto che Wilfred fosse o non fosse frutto dell’immaginazione di Ryan.

Ora, evitando accuratamente di spoilerare più del necessario, basti sapere che quel disegno aprirà le porte all’investigazione riguardo il passato del protagonista.
Un’infanzia oscura che forse è tenuta celata, inspiegabilmente, anche dal padre di Ryan.
La terza stagione ha difatti un’evoluzione sostanziale in termini di tematiche, argomenti che verranno approfonditi definitivamente nella quarta e ultima stagione.
Non si può di certo dire che gli sceneggiatori non vogliano fornire una spiegazione, anzi ne danno diverse e una dopo l’altra.

In una di queste spiegazioni un essere simile a Wilfred è sicuramente l’idolo di una assurda setta religiosa, in un’altra l’intera vicenda è un complotto ordito al fine di far giudicare Ryan incapace d’intendere e di volere, in un’altra ancora Wilfred è addirittura un dio. E non si capisce se sia un dio buono o malvagio.

Ad un certo punto della narrazione lo spettatore non sa più a cosa credere, ben sapendo che tutte le spiegazioni sono plausibili e soddisfacenti, ma attende con ansia di conoscere la verità. Verità che giungerà nel series finale, episodio che ricorderà ancora una volta come importante non sia stata la destinazione, bensì il viaggio in sé.

Un “trip”, un viaggio (forse è il modo migliore per definire la serie) che rende Wilfred una serie tv dalle peculiarità entusiasmanti. Queste sono egregiamente supportate dagli argomenti introdotti dai livelli sotto traccia ma, contemporaneamente, rendono la serie fruibile e godibile a chi all’inizio voleva solo ridere per una divertente e stravagante comedy, ignaro di tutto ciò che ne sarebbe scaturito.

Perché a volte ignorare è meglio che sapere. Questa serie ne è la prova.
Wilfred è l’imprevedibile virtù dell’ignoranza.

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