Superman III – Supergirl – Superman IV: The Quest For Peace

Pubblicato il 23 Gennaio 2016 alle 11:47

Prima de L’Uomo D’Acciaio ci sono stati tanti altri film di Superman come  Superman 3, Supergirl e Superman IV: The Quest For Peace

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, i primi due capitoli della saga cinematografica di Superman avevano registrato un grande successo di pubblico e critica rilanciando il personaggio in un momento di crisi.

Prodotti dai russo-messicani Alexander e Ilya Salkind, padre e figlio, e dal loro socio, Pierre Spengler, i due film erano stati scritti da Mario Puzo, l’italoamericano autore de Il padrino, con grande fedeltà tematica nei confronti del materiale originale, sceneggiati con troppa leggerezza dai coniugi David e Leslie Newman, e riscritti in modo più sobrio da Tom Mankiewicz per essere girati in contemporanea da Richard Donner.

La lavorazione travagliata e l’enorme ritardo nella consegna della pellicola comportò dei dissapori tra il regista e i produttori. Dopo l’esito trionfale del primo film, Donner e i suoi più stretti collaboratori vennero licenziati e il sequel fu completato da Richard Lester che si basò sul materiale già realizzato, vi apportò la sua visione comica e, nonostante qualche idea un po’ kitsch, sfornò un sequel eccellente.

Produzione, troupe e cast si trovarono d’accordo sul ritorno per un terzo capitolo. Ma, se per Superman II, Lester aveva potuto basarsi sul lavoro fatto dal suo predecessore e su uno script ben studiato, contenente lo spirito autentico del fumetto, per questo terzo episodio si sarebbe dovuto scrivere qualcosa di completamente nuovo.

Nel tentativo di ricalcare le orme di Puzo, Mankiewicz e Donner, fu proprio il produttore Ilya Salkind a scrivere un primo trattamento che contemplava la presenza di nuovi villain e comprimari tratti direttamente dall’opera originale, quali Brainiac, Mr. Mxyzptlk e Supergirl. Alla Warner non piacque.

Mentre era ospite in una puntata del Tonight show, talk televisivo statunitense, il celebre comico Richard Pryor sfornò una gustosa performance sui film di Superman imitando l’Uomo d’Acciaio in maniera esilarante.

La Warner colse l’occasione per trascinarlo nella pellicola che i coniugi Newman, già colpevoli di una prima sceneggiatura pacchiana dei due episodi precedenti, avrebbero dovuto quindi scrivere intorno al suo personaggio rendendola una commedia vera e propria, lontana dal tono più epico e drammatico che aveva contraddistinto la saga fino a qual momento.

Il comico avrebbe interpretato il geniale programmatore di computer Gus Gorman, creatore suo malgrado di una sofisticata macchina per uccidere Superman.

Il personaggio di Pryor è esaltato da veri e propri numeri cabarettistici, come la scena in cui si finge un generale dell’esercito per consegnare un pezzo di kryptonite sintetica a Superman o il momento in cui racconta le gesta dell’Uomo d’Acciaio con una tovaglia a mo’ di mantello riproponendo il suo sketch televisivo.

Gli sceneggiatori si impegnarono comunque a controbilanciare il peso di Pryor nella pellicola con l’evoluzione del personaggio di Superman, in special modo del suo alter-ego Clark Kent.

Dopo le parole di fuoco di Margot Kidder nei confronti della produzione circa il licenziamento di Donner, in questo terzo film, l’attrice ebbe solo un cameo nel ruolo dell’intrepida reporter Lois Lane.

Si decise allora di puntare sulla fiamma di gioventù di Clark, Lana Lang. Interpretata nel primo film dalla giovane Diane Sherry, qui, ormai cresciuta, ha invece il volto di Annette O’Toole che ha dichiarato: «Ho sempre preferito Lana a Lois, forse perché era meno quotata”. Tornando a Smallville per una riunione di compagni di scuola, Clark la ritrova divorziata, madre del piccolo Ricky ed insidiata dall’ubriacone Brad.

Nonostante qualche giustificabile licenza, è uno dei rari momenti del film in cui respiriamo l’atmosfera del fumetto tra ambientazioni e personaggi che richiamano alla mente le storie di Superboy degli anni ’70 in cui si raccontavano le avventure di Superman da giovane nella cittadina del Kansas e che avrebbero fornito lo spunto per la serie tv Smallville nel primo decennio del duemila.

Pur continuando a mantenere il suo segreto, Clark può essere più sciolto e sicuro di sé nei confronti di Lana, la ragazza con la quale è cresciuto e che ha visto la parte più genuina dell’Uomo d’Acciaio, quando ancora non aveva bisogno di adottare due differenti identità.

Annette O’Toole aveva quasi esclusivamente scene insieme a Clark. Il primo giorno che vide Christopher Reeve nei panni di Superman quasi non lo riconobbe, a testimonianza dell’ottimo lavoro dell’attore nella caratterizzazione del personaggio. «Sentii questa voce che mi disse “Ciao, Annette”», racconta l’attrice. «Mi voltai e mi parve di trovarmi di fronte ad una montagna. Alzai lo sguardo e vidi Superman come l’avevo sempre immaginato. Mi emoziono ancora a ripensarci oggi.»

Con l’assenza di Gene Hackman, che aveva interpretato l’arcinemesi Lex Luthor nei film precedenti, il nuovo cattivo era Ross Webster, un industriale senza scrupoli che usa le conoscenze informatiche di Gus Gorman per arricchirsi in modo illecito.

Interpretato dal grandissimo Robert Vaughn, Webster è affiancato dall’arcigna sorella Vera, che ha il volto di Annie Ross, e dall’affascinante Lorelei, la biondissima Pamela Stephenson, finta svampita che legge di nascosto testi di filosofia.

Anche se si tratta di nemici mai visti nel fumetto, la figura di industriale disonesto non può che richiamare alla mente la rivoluzione che di lì a due anni, nell’85, John Byrne avrebbe apportato a Lex Luthor, trasformandolo da scienziato pazzo a padrone della multinazionale Lexcorp.

Sono due i momenti del film che ne tengono faticosamente a galla la parte epica. L’incendio di uno stabilimento chimico che Superman riesce a domare facendo piovere, richiamando così il concetto di miracolo messianico da sempre fortemente legato alla figura dell’Uomo d’Acciaio, e la sua corruzione ad opera della kryptonite sintetica.

C’è da pensare che un Superman malvagio possa facilmente conquistare il mondo ma sarebbe risultato troppo simile al Generale Zod del secondo capitolo.

Si giunse alla conclusione di renderlo semplicemente uno sbandato e farlo venir meno a quelle responsabilità comportate dai suoi poteri. “Lo interpreto come se avessi un’emicrania terribile”, raccontò Christopher Reeve. “Sente di avere Clark Kent, la sua parte umana, appesa al collo e vorrebbe scrollarsela di dosso.” La lotta del lato buono con quello malvagio e il trionfale ritorno di Superman è il momento più significativo del film, un eroico Orlando furioso che ritrova il senno perduto.

Nello scontro finale, Superman scova i suoi avversari all’interno di un canyon dove lo attendono con una micidiale macchina computerizzata che gli scaglia contro di tutto, missili, sfere di contenimento, raggi alla kryptonite e quant’altro.

Una battaglia che ricorda il primo scontro di Superman con Lex Luthor su Action Comics 23, nel quale l’Uomo d’Acciaio affrontava il nemico proprio all’interno di un canyon e doveva sfuggire alle sue letali invenzioni.

Il film uscì nell’83, incassò cento milioni di dollari ma non piacque al pubblico e fu devastato dalla critica meritandosi due nomination ai Razzies per la peggior colonna sonora e per Richard Pryor.

Il fatto che venisse considerato peggior attore “protagonista” la dice lunga sulla presenza invadente del comico, comunque incolpevole.

La paura di andare incontro ad un flop con il terzo capitolo e la mancanza di fede nel personaggio e nel materiale originale aveva spinto i produttori ad addobbare il film con elementi estranei che ne avevano distorto i valori fondamentali.

L’anno successivo, per realizzare qualcosa di diverso, i Salkind decisero di produrre lo spin-off Supergirl affidandolo al francese Jeannot Szwarc, regista de Lo squalo 2, che si rifiutò di dare vita semplicemente ad “un Superman in gonnella” e volle invece darle più grazia ed un tono più lirico rispetto al cugino, basti vedere le scene di volo realizzate come un elegante balletto aereo all’inizio della pellicola.

Interpretata da un’incantevole Helen Slater, la Ragazza d’Acciaio giunge sulla Terra da Argo City, città scampata alla distruzione di Krypton, per recuperare l’Omegahedron, un artifatto vitale per la comunità, smarrito dall’amico mentore Zaltar e finito nelle grinfie della strega Selena, rispettivamente i grandi Peter O’Toole e Faye Dunaway.

Supergirl acquista l’identità segreta di Linda Lee e fa amicizia con Lucy, sorella di Lois Lane, fidanzata, come nel fumetto, con Jimmy Olsen, il giovane fotoreporter amico di Superman interpretato da Marc McClure, unico della saga principale ad apparire anche qui, evidentemente spaesato come avrebbe confermato in seguito: «Mi dicevano di non nominare Superman perché questo era il mondo di Supergirl.Allora che diavolo ci facevo lì?» Era previsto anche un cameo di Christopher Reeve che, tuttavia, a pochi mesi dall’inizio delle riprese si tirò indietro e Superman viene solo citato nella pellicola.

Tra gli altri elementi del fumetto degni di nota, l’escursione di Supergirl nella Zona Fantasma, dove Jor-El aveva rinchiuso i tre terroristi kryptoniani nel primo film.

Il film, scritto male, privo di criterio e lontano da qualsiasi aspettativa del pubblico e dei fans del fumetto, si rivelò un flop al botteghino e fu presto dimenticato. Stavolta furono O’Toole e la Dunaway ad essere nominati ai Razzies. “Avevamo una ragazza che stava affrontando un rito di passaggio”, ha detto Helen Slater, “ma questo percorso non viene sviluppato nel film.

Credo avessero paura di discostarsi troppo dalla figura di Superman.”

La Cannon Film acquistò dai Salkind i diritti di sfruttamento di Superman per realizzare un quarto episodio. Christopher Reeve, restio ad indossare di nuovo i panni dell’Uomo d’Acciaio, si convinse quando vide l’opportunità di partecipare attivamente al soggetto e dare continuità al lavoro di Richard Donner.

La sua idea fu di spingere Superman ad intervenire in modo più marcato sulle problematiche dell’umanità, in particolare sul disarmo nucleare. L’amico Tom Mankiewicz, che aveva sceneggiato il primo capitolo, lo avvisò di stare alla larga da tutto ciò che Superman avrebbe potuto curare perché sarebbe risultato rischioso.

Allo stesso modo, nel primo film, Jor-El avvertiva il figlio di non intromettersi con la storia degli uomini. Ma proprio come il suo alter ego d’Acciaio, Reeve decise di ignorare gli avvertimenti e di andare per la sua strada.

La presenza di Christopher Reeve convinse tutto il cast originale a riunirsi sotto la direzione di Sidney J. Furie, onesto mestierante canadese.

A loro si aggiunse Mariel Hemingway nel ruolo di Lacy, figlia dell’editore del Planet, innamorata di Clark Kent. Fa il suo ritorno Gene Hackman nei panni di Lex Luthor, affiancato stavolta dall’inetto nipote Lenny, il giovane Jon Cryer, venuto alla ribalta in questi ultimi anni con la sit-com Due uomini e mezzo a fianco di Charlie Sheen.

Mentre Superman smantella gli armamenti nucleari, Luthor lo clona creando Nuclear Man per ucciderlo. Inizialmente erano previsti due cloni.

Il primo, deforme, ispirato al Bizarro del fumetto, interpretato da Clive Mantle, veniva sconfitto immediatamente. Il secondo, molto più potente, aveva il fisico scultoreo di Mark Pillow.

Le scene del primo Nuclear Man vennero eliminate a causa delle ristrettezze finanziarie dei produttori che ridussero le previste due ore e quindici minuti di durata della pellicola a novanta minuti.

A risentire dei tagli nel budget furono soprattutto gli effetti speciali che risultarono dozzinali e decretarono la rovina del film prima ancora che uscisse.

Costato 17 milioni di dollari, Superman IV: The Quest for Peace non riuscì ad incassarne neanche sedici rivelandosi un disastro clamoroso e meritato che bloccò definitivamente il franchising della serie.

Stavolta fu Mariel Hemingway a finire nel mirino dei Razzies ma le critiche non risparmiarono nessuno. Nella sua autobiografia, Christopher Reeve ha scritto: “Superman IV fu un errore fin dall’inizio.”

Gli attori che presero parte a tutta la saga, come Margot Kidder e Marc McClure, concordano ancora oggi nell’affermare che, dopo il primo anno e mezzo, sotto la guida di Donner, nessuno è riuscito a ricatturare la magia che ne aveva decretato il successo iniziale.

E ancora oggi, l’Uomo d’Acciaio è in attesa di una resurrezione cinematografica definitiva.

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