Daredevil – Prima stagione – Recensione

Pubblicato il 13 Aprile 2015 alle 23:07

In seguito ad uno spaventoso incidente nel quale è rimasto coinvolto da bambino, Matt Murdock ha perso la vista ma i restanti sensi ne sono usciti potenziati. Diventato un avvocato, Matt avvia uno studio legale nel malfamato quartiere newyorkese di Hell’s Kitchen insieme all’amico e collega Foggy e alla coraggiosa segretaria Karen Page. Di notte, però, Matt scavalca il sistema giudiziario ed usa le sue straordinarie abilità nei panni di un violento vigilante che diventerà noto come Daredevil.

Daredevil

L’universo cinetelevisivo Marvel continua ad espandersi. In attesa di Avengers – Age of Ultron, in arrivo nelle sale, e con Agents of SHIELD che continua la sua corsa su ABC, iniziamo ad esplorare il microcosmo più dark di Hell’s Kitchen nella prima serie tv della Casa delle Idee ad essere lanciata sulla piattaforma Netflix, un prodotto per adulti, realistico, violento e privo di quell’umorismo a volte puerile che tende ad antiepicizzare la narrazione in alcuni film Marvel. A Daredevil seguiranno gli altri eroi di Hell’s Kitchen, AKA Jessica Jones, Luke Cage ed Iron Fist che si uniranno poi in The Defenders.

La nuova incarnazione live di Daredevil ha visto inizialmente come showrunner il talentuoso Drew Goddard, già regista di Quella casa nel bosco, co-scritto insieme a Joss Whedon, e alla testa del nuovo film su Spider-Man. Il testimone è poi passato a Steven S. DeKnight che pure ha collaborato con Whedon su Buffy, l’ammazzavampiri ed Angel e si è occupato di Smallville che esplorava ed ampliava le origini di Superman.

Anche in questo caso si tratta di raccontare gli inizi di un supereroe, Daredevil, ispirandosi in particolar modo al graphic novel L’uomo senza paura di Frank Miller e un po’ a tutto il ciclo di storie scritte sul personaggio dall’acclamato fumettista. L’approccio della serie tv è fortemente realistico e richiama senz’altro alla mente il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, in particolar modo Batman Begins, sia per l’approfondimento intimista dei personaggi, per i temi trattati e anche per alcune dinamiche narrative.

I personaggi si trovano tutti in una zona d’ombra, ben sfaccettati, concreti, ed ognuno ha un suo arco narrativo ben delineato ed avvincente. Tutto il cast denota una caratura attoriale di altissimo livello. Charlie Cox è un Matt Murdock che deve risolvere i conflitti interiori dovuti alla suo dualismo, avvocato di giorno e vigilante di notte, e li affronta attraverso la fede religiosa e i dialoghi ben strutturati con padre Lantom. I flashback ricostruiscono il passato del protagonista nel corso della serie, dalla tragica morte del padre, il pugile Jack Murdock, passando per l’addestramento fino agli anni del college.

Come nel fumetto di Miller, Matt, ancora in cerca di una strada e di un simbolo, inizia la sua attività di giustiziere con un semplice look da ninja piuttosto dozzinale e con una maschera nera. Il dilemma è sempre quello: uccidere o fermarsi sul confine tra il bene il male che l’antieroe percorre pericolosamente in bilico. E’ un Daredevil violentissimo, che si spinge fino alla tortura e prova piacere nel far del male agli avversari.

Elden Henson è un straordinario Foggy Nelson, che rilegge e risolve il personaggio con rara autenticità, meno goffo rispetto al fumetto ma sempre simpatico, emotivo e sensibile, tanto da essere quello con cui, alla lunga, si empatizza di più. Adorabile e deliziosa la Karen Page di Deborah Ann Woll, la più determinata del gruppo nel voler ottenere giustizia, resta sempre sulla retta via e non è la classica donzella in pericolo in attesa che qualcuno la salvi. Tuttavia riserva un alone di mistero ed è l’unica del cui passato non veniamo a sapere nulla.

Rosario Dawson è Claire Temple, l’Infermiera di Notte, che allaccia una relazione sentimentale con Matt e, affiancandolo, si ritrova a mettere in discussione la propria etica. Il personaggio ha una certa importanza nei primi episodi per poi sparire. Ben Urich, interpretato da Vondie Curtis-Hall, è un coraggioso reporter la cui integrità sembra essersi indebolita. Il suo arco narrativo riserva forse il colpo di scena più potente dell’intera stagione.

Vincent D’Onofrio è mastodontico in tutti i sensi nel ruolo di Wilson Fisk, alias Kingpin. Schizofrenico e spaventoso, gentile ma pronto a far esplodere i propri brutali istinti omicidi, lo sguardo che lascia trasparire la propria follia, a ricordare l’iconico ruolo dell’attore in Full Metal Jacket di Kubrick. La sua back-story ha un apice che sfocia nell’horror.

Fisk è ammorbidito, indebolito dall’amore per l’altera Vanessa, l’israeliana Ayelet Zurer (Lara ne L’Uomo d’Acciaio), che si dimostra, alla lunga, glaciale e spietata. Particolarmente efficace il quinto episodio, nel quale viene imbastito il parallelismo tra la cena romantica tra Fisk e Vanessa, una sorta di primo appuntamento divertente tra Foggy e Karen e il rapporto Matt-Claie. Kingpin e Daredevil vogliono entrambi il bene della città e sono entrambi convinti di fare del male per un bene superiore. Opposte le reazioni delle rispettive compagne. Le filosofie dell’antieroe e della sua antitesi si scontrano poi nell’episodio successivo.

Tra gli altri personaggi, un intero episodio viene dedicato a Stick, un azzeccatissimo Scott Glenn (Sucker Punch), mentore di Matt, cinico e severo al punto giusto. Distaccato e glaciale Wesley, fedele braccio destro di Kingpin. Realistico, in chiave appunto nolaniana, il Gufo. Spazio anche per Melvin Potter, noto agli appassionati del fumetto come il Gladiatore. Tra i villain creati per la serie tv, spiccano i russi fratelli Ranskahov e la cinese madame Gao.

La serie ha elementi di procedural senza scadere nella monotonia, con dialoghi spigliati e dose massicce di arti marziali. Le coreografie di combattimento sono spettacolari con un tasso di violenza sempre più elevato e dettagli splatter. Non ci sono le evoluzioni acrobatiche di Daredevil tra i grattacieli di New York ma non se ne sente la mancanza. La regia fa ampio uso di handycam per conferire maggior realismo e la spiegazione dei poteri di Daredevil è lasciata soprattutto ad efficaci trovate visive e sonore.

Suggestiva la fotografia di Matthew J. Lloyd che ricorre spesso a fredde luci al neon per rendere straniante il mondo che circonda Matt, quasi a voler esteriorizzare il modo in cui il protagonista avverte la realtà intorno a lui. Forse si poteva fare un lavoro migliore per quel che riguarda il costume rosso che l’eroe indossa nell’ultimo episodio ma potrà essere migliorato nella seconda stagione. La dichiarata influenza di Hans Zimmer su John Paesano, compositore della colonna sonora, è evidente soprattutto nel finale. Esaltante la sequenza del maxi-arresto sotto le note del Nessun dorma.

Ci sono alcuni riferimenti al resto del Marvel Universe ma non sembra proprio di trovarsi nello stesso mondo di Agents of SHIELD e non è una serie per teenagers come Arrow o The Flash. E’ un prodotto avvincente, per un pubblico maturo, che strappa Daredevil dalle pagine del fumetto e lo rende umano, credibile e riconducibile. Una delle migliori trasposizioni degli ultimi anni.

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