Recensione: Agent Orange

Pubblicato il 1 Dicembre 2010 alle 12:24

Autore: Roberto Recchioni e Walter Venturi.
Casa Editrice: Edizioni Arcadia
Provenienza: Italia
Prezzo: € 6,00


Roberto Recchioni è certamente uno degli autori italiani contemporanei più noti e talentuosi.
Le tematiche che affronta hanno il pregio di sollecitare il dibattito anche su temi spinosi (notissimo è l’esempio del numero 280 di Dylan Dog, Mater Morbi che ha avuto risonanza mediatica anche sulla stampa nazionale per una polemica alimentata dal sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella) i suoi lavori sono sempre molto curati, con la costante devozione di chi scrive per passione.
Tutti abbiamo infatti salutato con entusiasmo il ritorno di John Doe allo scorso Lucca Comics & Games.

Agent Orange, purtroppo, non è all’altezza delle aspettative.

Riedizione di un lavoro apparso settimanalmente per Eura editoriale, stavolta a colori, prende le mosse da una suggestione: immaginare l’erbicida usato dall’esercito americano nella guerra in Vietnam come un Hulk color arancio lanciato per spazzar via i Viet Cong come foglie al vento.

Vietnam 1975, la guerra sta per finire, e gli Stati Uniti hanno deciso di “vietnamizzare” il conflitto sfruttando il conflitto Nord-Sud (a nessuno viene in mente la Corea?).

Prima di andarsene, però, l’esercito statunitense, comandato dal solito generale pazzo e fanatico, decide di lasciare un dono d’addio ai propri autoctoni nemici.

Questo dono, più una nemesi, in verità, ha l’aspetto di un soldato ipertrofico dalla pelle arancione, ma che non ha l’introspezione e lo spessore del marvelliano alter ego del dott. Bruce Banner.

E’ ovvio che non possa darsi una approfondita caratterizzazione in un one shot di 64 pagine.
Tuttavia non ci si riesce proprio, non dico ad affezionarsi, ma neppure ad immedesimarsi nel nerboruto protagonista che ricalca il cliché del “forzuto e brutale all’apparenza ma dal cuore buono che se lo fai arrabbiare guai a te”.

Certo, è evidentemente un gioco, un esercizio di stile, come attestato anche dalla variazione del punto di vista nella sceneggiatura che ha, soprattutto nel finale, il pregio di creare una certa suspance e pathos (bella l’immagine della bandiera con i teschi nelle strisce rosse), ma che non si discosta mai molto dalla gabbia tradizionale “stile eura/stile john doe” come ama sottolineare lo stesso Recchioni (in contrapposizione a chi dice invece”gabbia bonelli/stile tex”).

Sarà anche per i disegni di un Walter Venturi, davvero distante dalle ottime tavole viste ad esempio per Lost Kidz (ripubblicato proprio da Edizioni Arcadia) o di Kylion, ma il libro dimostra più che altro un desiderio di approfondimento che viene però disatteso.

Ne e’ un esempio la riflessione sul Viet Vo Dao (e quindi sulle arti marziali in generale), encomiabile, invero, ma sacrificata all’esigenza di brevità e poi distrutta dal grido “kyai” della giovane protagonista che chi, come me, pratica arti marziali tradizionali odia dai tempi del “fulmine di Pegasus”.

In definitiva il volume è destinato per lo più ai collezionisti che amano avere tutto del loro autore preferito; apprezziamo comunque Edizioni Arcadia che, pur con le difficoltà di una casa editrice di dimensioni ridotte, mantiene contenuti i prezzi di volumi a colori di buona qualità.


Voto: 5,5

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