Sin Titulo di Stewart Cameron, una recensione

Pubblicato il 24 Dicembre 2014 alle 10:15

Dal web alla pagina. Prende forma cartacea il webcomic trepidante e psicologico di Stewart Cameron.

Sin-Titulo-cover

Arriva in Italia, per i tipi di Bao Publishing, Sin Título, pluripremiato dramma noir che rapirà il proprio lettore e farà vacillare tutte le sue sicurezze.

Alex Mackay ha un volto comune, un lavoro mediocre, un passato famigliare tetro. Di tanto in tanto gli capita di vedere volti inquietanti e di fare sogni bizzarri, nei quali cammina lungo una spiaggia assolata su cui svetta il profilo contorto di un albero morto. Ma questa è la sua unica stranezza. Il giorno in cui entra nella clinica di ricovero per anziani dove alloggiava lo scorbutico nonno, non sa che proprio la notizia della morte di quest’ultimo sarà lo schiocco di ghiaccio che provocherà una valanga di dimensioni colossali, capace di travolgere la sua esistenza, fino a quel momento piatta e grigia, e di ridurla in macerie.

Tra gli effetti personali del nonno, Alex trova infatti una foto curiosa, che ritrae l’anziano parente in compagnia di una giovane affascinante, dai lunghi capelli biondi e gli occhiali da sole. Poco dopo, scorge quella stessa donna, in carne ed ossa, posare un fiore sulla tomba del nonno e poi allontanarsi assieme ad un inserviente della clinica dal comportamento quantomai sinistro. Quell’incrociarsi di coincidenze scatena lo spirito indagatore di Alex, che si riscuote all’improvviso da anni di torpore. Mettendo a repentaglio il suo lavoro, la sua relazione sentimentale e la sua stessa sicurezza, decide di dare la caccia a quei due individui entrati ed usciti così misteriosamente dalla vita di suo nonno. Ma scoprirà a sue spese che non si tratta di un gioco a cui poter giocare impunemente, che sono coinvolte forze grandi e pericolose. Forze che paiono convergere, con suo immenso stupore, verso quella stessa spiaggia e quell’albero scheletrico che egli credeva esistere soltanto nella sua mente.

Sin Título è un’opera composta da sequenze allucinate, rapide e cinematografiche, di traumi mentali e iniziazioni psichiche alla Matrix o Inception, che creano un turbine di vignette dove si incastonano visioni di spiagge eteree, frammenti del passato doloroso di Alex e le spesso violente vicissitudini in cui si trova coinvolto il protagonista durante la sua caccia all’enigma senza soluzione.

La narrazione ne risulta così scomposta, destrutturata, tesa ed è talvolta arduo non tanto seguirla, quanto comprenderla. Pur non aprendosi “in medias res”, l’autore ci spinge presto nel fitto dell’azione,  forse un po’ troppo bruscamente, lasciando a pagine successive la caratterizzazione della vita di Alex precedente all’incontro con la bionda, misteriosa D. e il truce inserviente Wesley. Una vita che si poteva definire quasi volutamente noiosa, quella di Alex, alla ricerca di una tranquillità e stabilità che gli era mancata nella famiglia divisa e in lite continua.

Sono proprio i flashback della sua giovinezza cupa e solitaria a dare spessore alla personalità di questo ragazzo apparentemente distaccato e a mostrarne più chiaramente i traumi pregressi e la sua speciale sensibilità celata al mondo, che lo porta a vedere, a percepire e ad intuire parte di quel mistero che lo circonda e di fronte al cui potere molti altri esseri umani non resistono, esplodendo, letteralmente. Il ritmo thriller che fa da sottofondo alla vicenda scivola con qualche scossone dal giallo al mistero parascientifico e psicologico, facendoci apprezzare l’abilità dell’autore nell’incastrare le apparentemente inconciliabili incongruenze di cui è costellata la storia e che stordiscono Alex.

La tensione è costante, l’ansia è crescente e il lettore vola da una pagina all’altra quasi saltando le battute, pur di scoperchiare infine la soluzione dell’enigma, il perché della spiaggia, dell’albero del sogno di Alex e il motivo che sta alla base di tutte quelle morti sanguinose.

Sin Título si presenta come un’opera graficamente essenziale, pulita, senza sbavature, al limite del bidimensionale. Stewart Cameron fa dei colori un utilizzo minimo, estremamente sintetico, limitandosi al nero china, al bianco (se possiamo definirli colori) e ad un bruno ambrato che ricorda la pellicola di un negativo o una macchia di caffè sul foglio vuoto.

La luce spettrale proviene perlopiù dai volti nitidi e vuoti dei personaggi; Cameron non indulge mai su dettagli non indipensabili o abbellimenti grafici. Il disegno di quest’opera è dunque specificatamente funzionale allo svolgimento dell’azione, al dischiudersi dei significati del racconto ed è in perfetto equilibrio con i testi, spesso liberi, mentre i baloons sono perfettamente lineari e mai ingombranti.

La storia di Alex e delle sue sconcertanti visioni comincia la propria corsa nella quotidianità, prende velocità nel noir costellato da pestaggi, corse in macchina e quartieri malfamati e spicca infine il volo nella pura filosofia, proponendo al lettore dilemmi sul significato del reale, sulla potenza della mente umana e sull’essenza stessa delle cose.

Una scelta ambiziosa, quella del fumettista canadese, che nel 2010 gli guadagnò un Eisner Award, gli Oscar del fumetto, nella categoria “Best Digital Comic”. Riconoscimento più che meritato, sebbene Sin Título lasci al lettore molti dubbi e incertezze che avrebbe voluto forse vedere svelati, assieme al rammarico di un potenziale narrativo che si ha la sensazione potesse raggiungere ulteriori vette di espressione.

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