Una Vita tra i Margini di Yoshihiro Tatsumi – Recensione

Pubblicato il 26 Febbraio 2013 alle 13:00

Le origini dell’innovativo movimento artistico gekiga vissute e raccontate da uno dei suoi artefici, in un volume capolavoro che intreccia la storia personale dell’autore con quella dei manga e del Giappone.

Una_vita_tra_i_marginiUna Vita tra i Margini

Autore: Yoshihiro Tatsumi

Casa Editrice: Bao Publishing

Provenienza: Giappone, 2008

Target: seinen

Genere: autobiografico, storico, drammatico

Prezzo: € 29.00, 17×22, B + sc, 850 pp

Data di Pubblicazione: Novembre 2012


Osaka, secondo dopoguerra. In un Giappone che cerca di riprendersi dal secondo conflitto mondiale Hiroshi e suo fratello Okimasa sono due ragazzini che come tanti altri divorano manga, svago accessibile anche alle fasce sociali meno agiate in un’epoca in cui la televisione non dominava ancora l’immaginario dei più piccoli.

I fratelli si appassionano sempre di più al fumetto e ai suoi autori, e, affascinati dal genio di Osamu Tezuka, che in quegli anni pubblicava i suoi primi rivoluzionari successi, iniziano quasi per gioco a cimentarsi nella scrittura di brevi manga; fin quando, sempre più presi da quell’affascinante mondo, Hiroshi decide di inviare i suoi lavori alle riviste in cerca di nuovi talenti.
I suoi racconti ricevono un riscontro positivo, così il ragazzo dapprima si interroga se intraprendere la carriera di autore professionista e poi, qualche anno più tardi, si incammina in un percorso difficile e tormentato alla ricerca della propria dimensione artistica.

Riuscirà a trovare una nuova strada nel raccontare storie a fumetti, alternativa alle più spensierate opere per ragazzi a lui contemporanee?

Leggere Una vita tra i margini (Gekiga Hyouryuu) significa “naufragare” tra le pieghe del tempo per compiere un intenso viaggio fino alle origini dell’industria del fumetto giapponese moderno.

Intrecciando indissolubilmente le proprie vicende con quelle del suo Paese, attraverso l’alter ego Hiroshi Katsumi il maestro Yoshihiro Tatsumi racconta il clima sociale e culturale che ha portato alla nascita del gekiga, il fumetto sperimentale, drammatico e realistico, pensato – sia stilisticamente sia contenutisticamente — per un pubblico maturo.

Con stile asciutto e quanto più oggettivo possibile, lontano da ogni trasfigurazione nostalgica del ricordo, il pioniere del manga alternativo descrive la propria crescita personale e artistica offrendo uno spaccato prezioso su un’epoca cruciale per lo sviluppo e l’evoluzione del fumetto.
Un ambiente in continuo fermento, sia da parte degli autori sia da parte degli editori, di cui Tatsumi cerca di spiegare i meccanismi, le dinamiche e anche le nevrosi, senza esitare di metterne in luce le zone d’ombra.

Coniugando racconto di formazione, romanzo storico e saggio, il maestro fornisce una miniera di curiosità e informazioni su autori e case editrici che, salvo poche eccezioni come Takao Saito (Golgo 13) e Sanpei Shirato (Kagemaruden), difficilmente vengono trattati nelle pubblicazioni specializzate occidentali; proprio questo aspetto potrebbe rivelarsi forse un’arma a doppio taglio, dal momento che si potrebbe facilmente restare spaesati di fronte a tanti nomi poco noti, ma allo stesso tempo potrebbe stimolare la curiosità e spingere verso la ricerca e l’approfondimento personale.
Ma, vista la fluidità della narrazione e la facilità con cui didascalie secche e vignette apparentemente semplici colpiscono chi legge, sono sicuro che la maggior parte di coloro che decideranno di provare Una vita tra i margini saranno spinti a volerne sapere di più sul gekiga.

Tuttavia l’opera resta valida anche a prescindere dall’intento divulgativo, poiché c’è tutto l’universo interiore di un artista a essere analizzato, con le sue frustrazioni, le sue perplessità e il forte desiderio di esprimersi con uno stile in grado di tradurre in fumetto la sua complessità umana.

Forse la prima metà del volume risulta più incisiva proprio perché meno legata ai giochi del mondo editoriale, ma nel complesso ci troviamo comunque di fronte a un manga davvero importante e ambizioso che senza troppi imbonimenti riesce a far capire cosa possa voler dire essere un fumettista.

Notevole il lato grafico, dove possiamo davvero descrivere il tratto di Tatsumi parafrasando la definizione che nell’opera dà del gekiga: “manga che non è manga”.
La scansione delle tavole è molto ordinata e regolare, i personaggi carichi di espressività in ogni situazione, gli sfondi ben tratteggiati. Degni di nota i frontespizi di ciascun capitolo, le tavole che con stile ancora più realistico illustrano i fatti storici che hanno contraddistinto quegli anni, le sequenze che ripropongono i film (sia giapponesi come quelli di Kurosawa sia americani sia europei) che hanno influenzato l’autore e soprattutto le pagine metafumettistiche in cui Tatsumi cita le vignette dei suoi lavori passati e quelle degli autori dell’epoca.

Bao Publishing raccoglie i due volumi Seirinkogeisha usciti nel 2008 in un corposo tomo unico di circa 850 pagine dalla buonissima qualità di confezione e di adattamento; il formato è più ampio del classico tankobon, ponendosi a metà strada tra il bonellide e il comicbook, presente la sovraccoperta.
La carta scelta è bianchissima, tiene bene l’inchiostro, tuttavia soffre di un certo, congenito effetto di trasparenza che fortunatamente non distrae dalla lettura. Il volume è molto morbido da sfogliare e può vantare una rilegature altrettanto solida.

I testi, tradotti dal giapponese, risultano scorrevoli; mantenuto il senso di lettura originale, così come le onomatopee e le scritte sulle insegne sono lasciate in giapponese con traduzione a margine di vignetta laddove importanti per la comprensione della narrazione.
Chiude il volume un esaustivo apparato di note.
Viste le caratteristiche tecniche del volume il prezzo di 29 euro appare adeguato e in linea con simili proposte di graphic novel da libreria.


VOTO: 9

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