Narcos – Terza Stagione | Recensione

Pubblicato il 8 Settembre 2017 alle 20:00

Dopo la recensione in anteprima dei primi quattro episodi, ecco la review completa della terza, splendida stagione della serie crime targata Netflix.

Avevo amato tantissimo i quattro capitoli di Narcos 3 visti in anteprima, e l’amore non ha fatto che aumentare durante la visione dei successivi sei.

Questa serie non è mai stata accessibile a tutti: è dispersiva, abbraccia tantissime storyline che si diramano attraverso le vicende di tantissimi personaggi, si parlano lingue diverse, c’è politica, c’è violenza, ci sono i voice over; c’è di tutto, insomma, e avere tutto non sempre aiuta (anzi, spesso è il contrario).

Alla vigilia, poi, c’era il timore che l’unica cosa che in questa terza stagione sarebbe mancata (Wagner Moura e il suo Pablo Escobar) avrebbe sancito una significativa perdita di qualità generale e soprattutto di interesse di pubblico.  E invece siamo qui oggi a parlare di uno dei più grandi esempi di serie televisiva che evolvendosi impara a migliorarsi. E di tanto, anche.

Dopo la morte di Pablo e i tantissimi ascolti ottenuti, la produzione si è vista costretta ad andare avanti con la storia e l’unico modo per farlo è stato quello di ripulire la scacchiera e far ricominciare la partita. Nuove pedine e nuovi re. Quattro re, per la precisione: i quattro cavalieri dell’apocalisse, leader dello spietato Cartello di Cali.

Con gli anni ’90 che irrompono nelle atmosfere della narrazione (scandita dai voice over di Pedro Pascal, che sostituiscono quelli di Boyd Holbrook: tra parentesi, Pedro Pascal è un ottimo narratore) Javier Peña viene promosso a supervisore dell’operazione anti-droga fra Colombia e Stati Uniti, mentre sul campo vengono mandate le new-entry, l’agente Chris Feistl (Michael Stahl-David) e Daniel Van Ness (Matt Whelan). E questo rapporto supervisore-agenti sul campo è già una bella evoluzione rispetto alle dinamiche passate.

Un altro passo avanti è rappresentato dall’incremento della tensione, mai così affilata nelle precedenti due iterazioni della serie: il merito è soprattutto della storyline che vede coinvolto Jorge Salcedo (lo straordinario Matias Varela), capo della sicurezza del cartello di Cali che si rivela essere l’informatore principale di Peña e dei suoi agenti. Entrare costantemente nella sua quotidianità, claustrofobica e ricca di insidie, è una vera e propria esaltazione di suspance.

Ci affezioniamo a Salcedo, ci affezioniamo a Peña, ci affezioniamo al personaggio della bravissima Kerry Bishé (Ben Affleck l’aveva voluta in Argo, ve la ricordate?), la moglie di un importante membro del cartello di Cali che si ritrova invischiata nella violenza del mondo del marito. Ci affezioniamo anche ai quattro signori della droga, Pacho, Crespo e i fratelli Orejuela: c’è un’unità familiare dal sapore epico/classicheggiante che riecheggia non poco quella dei Corleone di Coppola, ed è davvero difficile auspicarsi la loro sconfitta, per quanto la loro Storia sia già stata scritta.

Ma il punto di forza di Narcos non è mai stata l’accuratezza storica. E questa terza stagione ce lo ricorda di continuo.

(E si: il voto rimane lo stesso assegnato all’anteprima, ma adesso vale il doppio perché applicato a tutti e dieci gli episodi).

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