Miss Sloane – Giochi di Potere di John Madden | Recensione

Pubblicato il 11 Settembre 2017 alle 20:00

Il nuovo film di John Madden è thriller politico fra House of Cards e Michael Clayton poco originale ma con una grande Jessica Chastain.

Elizabeth Sloane è una delle più formidabili e ciniche lobbiste di Washington D.C.: brillante, altezzosa, spietata, vendicativa; anche estremamente sola, perché no, anzi forse soprattutto sola. Non particolarmente originale, okay, e di certo la sceneggiatura dell’esordiente Jonathan Perera di certo non brilla per peculiarità e audacia.

Ma se c’è un’attrice capace di tirare fuori il meglio da una sceneggiatura piena di difetti, quell’attrice è Jessica Chastain.

Aveva lavorato col regista John Madden agli inizi della sua carriera ne Il Debito, un buon thriller del 2010 che aveva dato il là a tutta una serie di successi personali per l’attrice (l’anno dopo arrivarono i ruoli in Take Shelter e soprattutto in The Tree of Life). La conosciamo, la bella Jessica, volitiva e in grado di fare qualsiasi cosa, dal guidare la caccia ad Osama Bin Laden al fronteggiare mostri e orrori.

I mostri coi quali dovrà vedersela in Miss Sloane – Giochi di Potere sono gli ombrosi senatori del Congresso chiamati a giudicare l’etica dell’operato del suo lavoro, etica che Elizabeth potrebbe effettivamente aver violato.

Non c’è tantissimo in questo film, ma quel poco che c’è vale la pena di essere raccontato, nonostante venga raccontato in maniera ovvia (si sente qualche eco delle opere di  Aaron Sorkin, ma siamo comunque distanti anni luce da quel tipo di magniloquenza): c’è la donna sola circondata dal branco di squali, avidi e maschilisti; c’è un interessante discorso (sempre molto attuale negli Stati Uniti) sul possesso delle armi e sulla loro commercializzazione; c’è l’ambivalenza di una protagonista piena di contraddizioni, fotografata splendidamente dal dop Sebastian Blenkov (che mette in risalto tutte le ombre nascoste che affiorano sul volto affilato ed elegante della Chastain).

Nel volerci mostrare l’intricato meccanismo politico/economico che permette alle lobby di gestire la creazione e il passaggio delle leggi statunitensi per favorire i propri clienti, John Madden si perde strada facendo con svolte piuttosto cervellotiche e difficili da mandare giù, specialmente nel terzo atto, dove tutto si fa più macchinoso e impacciato.

Forse una mini-serie tv avrebbe dilatato di più la narrazione e fornito a Madden il tempo necessario per sviluppare a dovere i tanti spunti interessanti di una sceneggiatura che voleva essere adulta ma che, condensata in due ore e dieci, risulta spesso banale e aleatoria.

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