2:22: il destino è già scritto di Paul Currie | Recensione

Pubblicato il 13 Luglio 2017 alle 20:10

Il Daario Naharis de Il Trono di Spade si trasforma in un controllore del traffico aereo in questo thriller fantascientifico tutto infamia e niente lode.

L’unica cosa rilevante di 2:22 è che si tratta di un film sulle coincidenze che per una strana coincidenza in Italia è  arrivato esattamente il giorno prima di 4:44, il nuovo album di Jay-Z. I due titoli suggerirebbero che il primo valga la metà del secondo, ma metterla così sarebbe troppo generoso per un film tanto insulso e soprattutto si mancherebbe di rispetto a un artista mitologico (Jay-Z, ovviamente; di certo non Paul Currie). Inoltre paragonare un film ad un disco rap sarebbe insensato. Ma non quanto questo film.

Michiel Huisman (il secondo Daario Naharis de Il Trono di Spade, quello belloccio) è Dylan, un controllore del traffico aereo che – per qualche ragione – vede il misterioso schema che si nasconde dietro la vita: quando per recarsi a lavoro la mattina va in bicicletta fino alla Grand Central Station, nota cose che noi umani non possiamo neanche immaginare, tipo persone comuni che fanno le stesse cose in sequenza (autisti che suonano il clacson, buoni samaritani, donne che ridono, mamme incinte) e ogni giorno, alle due e ventidue, diversi malfunzionamenti (vetri che si rompono, lampadine che esplodono, cose così).

Magari il film avrebbe avuto anche un po’ di senso se avesse provato ad esplorare temi come la ripetizione della quotidianità o simili, ma invece tutto si trasforma in una love-story quando il Nostro incontra Sarah dopo un disastro aereo sfiorato. Inoltre, questo schema che Dylan è in grado di “vedere”, potrebbe far riferimento ad un misterioso omicidio avvenuto trent’anni prima (indovinate dove?) alla Grand Central Station (bravi, avete indovinato).

Insomma, apriti cielo.

Come in Number 23 di Joel Schumacher o Segnali dal Futuro di Proyas anche 2:22 bombarda lo spettatore di dettagli ovvi e coincidenze talmente assurde da dover per forza di cose risultare vere, annichilendo la suspance.

Il primo atto è tutto sul lavoro di Dylan del traffico aereo, poi dopo l’incidente sfiorato (avete presente Sully di Eastwood? Ecco, lasciate perdere) iniziano le coincidenze e i numeri e le equazioni sulle lavagne (manco fossimo in A Beautiful Mind e/o The Social Network), e anche quando il film schiaccia l’acceleratore (ad esempio quando Dylan guida un taxi in maniera spericolata schivando gli incidenti predestinati per pochissimi millimetri) il montaggio è troppo amorfo per creare tensione.

Tra noir, fantascienza, ménage à trois passati che si re-incarnano nel presente e incongruenze a go-go rischierete di uscire dal cinema con una grossa espressione da “boo?” sulla faccia (Dylan, su una delle sue lavagnette, scriverà “2:22 boom!”, ma io per un attimo avevo letto “2:22 boo?”). Perciò, se volete evitare di farvi vedere perplessi dagli amici o dalle fidanzate, andate a vedere il film di Currie da soli. O, ancora meglio, andate a vedere qualcos’altro e risparmiatevi uno dei film peggiori dell’anno.

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