Tiamottì! – 11+1 canzoni d’amore italiane a fumetti: recensione

Pubblicato il 11 Novembre 2011 alle 12:07

12 canzoni d’amore protagoniste di altrettanti fumetti.

Tiamottì! – 11+1 canzoni d’amore italiane a fumetti

Autori: AAVV.
Casa editrice: Arcana Edizioni.
Provenienza: Italia.
Prezzo: 16,50 Euro.
Note: 162 pag., brossurato con bandelle, formato 19×26, colore, rilegatura a filo refe.

Volume dalle premesse interessanti e anche un po’ ambiziose vista la fonte d’ispirazione, questo Tiamottì! (che si rifà nel titolo al famosissimo ritornello della canzone Ti amo di Umberto Tozzi), delle Edizioni Arcana curata da Andrea Provinciali, che prendendo spunto da una vecchia storia pubblicata negli Anni ’70 sullo splendido Cannibale del geniale duo Tanino Liberatore e Stefano Tamburini, cerca di bissarne il successo con questa antologia.

La storia in questione (presentata come bonus dopo le altre inedite), vede un gruppetto di tre giovani sovversivi decisi a compiere atti di terrorismo per rovesciare il regime totalitario in cui vivono, capace di costruire armi con esseri umani fusi dentro in grado di eliminare chiunque anche solo pensasse a qualche gesto eversivo (ma dev’essere nel raggio di venti metri); le bizzarre mitragliatrici umane sono per questo disseminate ovunque, ma i tre “terroristi” cercano di pensare alle cose più disparate per evitare di essere rilevati prima di compiere il loro attentato.

Purtroppo uno di loro, turbato dal probabile tradimento della propria ragazza, finisce per pensare alla cosa sbagliata, venendo falciato da una raffica di mitra (e andandosene bestemmiando!); a catena anche la ragazza viene assalita dagli stessi pensieri e fa la medesima brutta fine.

L’ultimo sopravvissuto è sul punto di cascarci pure lui, quando ecco il colpo di genio, comincia a canticchiare (e quindi a pensare) intensamente, continuamente, al ritornello di Ti amo; le armi sono spianate contro di lui, ma non scattano perché l’unico pensiero ossessivo nella sua testa è un ritornello infinito che fa “Tiamottì!” a ripetizione, e la bomba finalmente può essere piazzata ed esplodere.

Didascalia finale da incorniciare – “Umberto Tozzi un fiancheggiatore? Perché no?”.

L’idea di rifarsi a una storia simile è quindi molto intrigante, e a dirla tutta anche proposta con palpabile passione e con estrema perizia musicale dal suo curatore, che introduce volume e singole storie in maniera veramente coinvolgente; Tiamottì! è studiato come una sorta di nastro musicale su cui si va a incidere una personalissima compilation di 11 tracce (più una ghost track), un tentativo di ispirarsi ad alcune canzoni d’amore italiane, note e meno note, recenti e non, per ottenere dei piccoli racconti che siano a loro volta delle dichiarazioni d’amore (e già qui qualcosa stona rispetto alla fonte ispiratrice, che ridurre a semplice storia d’amore è decisamente fuorviante, quasi un equivoco di fondo).

Le intenzioni, seppur buone, forse pretendono troppo, cercando l’originalità a tutti i costi da un lato, un concreto appiglio in canzoni oltretutto lontanissime nel tempo e nella sensibilità dei possibili lettori dall’altro (esattamente all’opposto di Tiamottì!), e che sia anche un sentito omaggio al fumetto italiano (!); si spinge per una eterogeneità di stili e di scelte musicali forse troppo diverse per poter giungere a una sintesi finale apprezzabile o degna del paragone, desideri troppo contrastanti di dar libero sfogo alla fantasia ma di ottenere un risultato in equilibrio tra istanze amorose, l’ironia, il non sense, la malinconia e la parte melodica.

Pretese troppo eterogenee che finiscono per infrangersi proprio contro quella ghost track, pietra di paragone impietosa che invece di valorizzare il complesso delle diverse storie, le riduce tutte ai minimi termini nel confronto, a parte l’aspetto grafico che in alcune è (per fortuna), di livello comunque molto buono (le due storie di Alessandro Baronciani, di Armin Barducci, quella di Francesco Ripoli).

I diversi racconti soffrono innanzitutto proprio l’abbinamento con canzoni per la maggior parte sconosciute, scelta a conti fatti quanto mai pretestuosa e forzata, soprattutto se paragonata proprio col modello originale che nella popolarità della sua aveva uno dei suoi punti di forza; a parte Il cielo in una stanza e se vogliamo Gianna di Rino Gaetano (il cui ritornello rimane sicuramente impresso molto facilmente), tutte le altre rischiano di essere assolutamente anonime per la stragrande maggioranza dei lettori (Ci sono molti modi degli Afterhours, Annarella dei CCCP, De Fonseca degli Offlaga Disco Pax [chi?], L’odore delle rose dei Diaframma, L’incontro di Piero Ciampi [?!?]).

Come se non bastasse anche di autori noti come Tenco (Isy), De Andrè (Se ti tagliassero a pezzetti) o Franco Battiato (La cura), le canzoni scelte sono tra le meno note e popolari, e l’effetto a confronto con quelle che tutti noi possiamo ricordare si “sente” eccome.

La storia di Tamburini e Liberatore è geniale, dissacrante, sovversiva (e pure un “filino” anticlericale ^_^), e nonostante sia ambientata in un contesto apparentemente lontano anni luce dal nostro (per non dire di fantasia, ma dannatamente ancorato ad aspetti concreti della realtà nostrana di quegli anni), riesce lo stesso ad integrare e rendere fondamentale l’apporto della canzone a cui si ispira; le storie raccolte nel volume purtroppo non riescono ad arrivare a quella sintesi paradossale e geniale del modello originale che, ancorchè di difficile raggiungimento, non è stata però nemmeno sfiorata.

Emblematiche sono ad esempio Il cielo in una stanza, in cui alcuni soldati, dopo un’imboscata (chi siano, e dove si trovino, non si sa), finiscono nella proprietà di uno strano giovane, che bontà sua non li caccia ma con tanta pazienza invita l’ultimo sopravvissuto ad andarsene, mentre la nonna in casa ama ascoltare la canzone di Gino Paoli (?!?); sulla stessa lunghezza d’onda Gianna, che vede due amici operai complottare attentati a nome delle BR (siamo nei lontani Anni ’70), salvo poi il ripensamento di uno dei due il cui figlio, preso nel mezzo delle vicende, ascoltava in quei momenti la canzone di Rino Gaetano con un giradischi portatile (?!).

Quando semplicemente le storie sembrano non c’entrare nulla con le canzoni a cui dovrebbero ispirarsi, o peggio ancora magari si appaiano perfettamente ma tanto il lettore lo ignora e quindi non coglie il nesso, ne troviamo altre che risultano addirittura incomprensibili; ne è l’esempio più sconcertante Nuotando nell’aria dei Marlene Kuntz, una canzone che dovrebbe parlare della mancanza d’amore, del desiderio di riassaporarlo, che disegnata da Barbucci (graficamente tra i migliori), diventa una sorta di viaggio nella mente del Creatore stesso (nientemeno!), da lasciare storditi per l’indecifrabilità (o magari è un distillato filosofico così sofisticato che è quest’umile recensore ad essere in difetto nel non averlo capito).

Non che tutte le storie non abbiano comunque degli aspetti positivi, ma quello che in nessuna è riuscito, e se lo è probabilmente il lettore non riesce a coglierlo perché ignora la canzone a cui si ispira, è la sintesi tra la melodia e il fumetto, che finiscono per risultare invece il più delle volte fare a pugni l’una con l’altra; nel migliore dei casi insomma, se anche si apprezza la storia a fumetti, si rischia di domandarsi che “c’azzecchi” con la canzone che dovrebbe averla ispirata, tradendo almeno in parte lo spirito stesso che dovrebbe aver animato l’intero progetto (che però, volendo un po’ tutto e il contrario di tutto, alla fine potrebbe pure dirsi soddisfatto per aver centrato in pieno l’obiettivo…quale che sia) .

Edizione per carta e stampa, nonché cura editoriale e redazionali, così buona che in parte riesce anche a far dimenticare le evidenti contraddizioni del risultato finale, inoltre la storia di Tamburini e Liberatore è talmente fantastica e godibilissima ancora oggi, da essere veramente un bonus che vale tanto oro quanto pesa; tuttavia non sono purtroppo motivi sufficienti per risollevare un volume che puntando sulla fantasia più libera e contemporaneamente a trovare pure un equilibrio tra diversi stili, sensibilità e istanze, non riuscendo a toccare le vette altissime del modello a cui si è voluto ispirare, ha finito per disattendere i suoi stessi presupposti abbracciando un risultato finale narrativamente (e anche emotivamente) mediocre, confusionario e caotico di difficile connotazione.

Voto: 5 e 1/2

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