Napoli Comicon 2017 – Recensione in anteprima: I Peggiori, di Vincenzo Alfieri

Pubblicato il 30 Aprile 2017 alle 15:00

Sull’onda del successo di Lo Chiamavano Jeeg Robot, Vincenzo Alfieri propone la sua rivisitazione del cinecomic americano, fra comicità, anti-eroi in maschera e una forte critica sociale.

Opera prima niente male I Peggiori, film scritto, diretto e interpretato da Vincenzo Alfieri.

A metà strada fra il Kick-Ass di Matthew Vaughn e il concept dell’eroe a pagamento che negli anni 70 fece la fortuna dei personaggi Marvel Luke Cage e Pugno d’Acciaio, l’opera di Alfieri porta gli eroi (o anti-eroi) mascherati nel problematico contesto urbano/sociale della Napoli di oggi.

Massimo (Lino Guanciale) e Fabrizio (Alfieri) sono due fratelli di Roma che vivono nella città partenopea insieme alla loro sorellina tredicenne Chiara (Sara Tancredi). Entrambi sottopagati, completamente al verde e assolutamente disperati (il loro cognome è stato infangato dai pessimi affari imprenditoriali della madre), decidono di rapinare il disonesto datore di lavoro di Massimo. Ma un insperato colpo di fortuna li trasformerà in beniamini dell’intera città.

E’ un film sull’entusiasmo dei giovani tragicamente frenato dalla vecchiaia di un paese (l’Italia) popolato da imprenditori corrotti, lassisti e truffatori. Ma anche sul come, molto spesso, le colpe dei genitori ricadano inevitabilmente sui figli (allegoria di tutto il male che la passata generazione ha più o meno inconsciamente scaricato sulle deboli spalle di quella presente) e soprattutto sul desiderio di rivalsa, di cambiamento, di migliorarsi costantemente (come sta a simboleggiare l’attrezzatura dei due pseudo-supereroi protagonisti, dapprima praticamente inesistente e via via sempre più indispensabile).

La volontà di Alfieri – qui alla sua prima opera, che vale il triplo perché impreziosita dai multupli ruoli di sceneggiatore, regista e attore – è quella di raccontare una storia non di supereroi, bensì di persone comuni che si ergono a supereroi: Massimo e Fabrizio possono fare – dietro compenso, badate bene – quello che sotto sotto tutti noi vorremmo fare (il datore di lavoro non vi paga? Ci pensano i Demolitori!) e la comunità, consapevole dei loro sforzi, risponde presente (fanno tendenza su Twitter, come ricorda sempre la magnifica Chiara della magnifica Sara Tancredi) e fa il tifo per loro come allo stadio (i due indossano una maschera di Maradona).

Fra gli ottimi pregi assolutamente da citare le interpretazioni dei protagonisti, ai quali Alfieri e Guanciale conferiscono non solo umanità, ma anche e soprattutto riconoscibilità (come detto Massimo e Fabrizio sono persone comuni, i ragazzi della porta accanto, gli affittuari mooolto indietro con le rate);  fuori scala il lavoro della stupenda, simpaticissima e dolcissima Sara Tancredi nei panni della sorellina sboccata, l’unica fra i tre ad essersi ambientata nella città campana (lei è nata lì, mentre i fratelli maggiori sono stati solo “adottati” da Napoli e l’uso frequente che la bimba fa del dialetto napoletano darà il là a simpaticissimi siparietti con Alfieri e Guanciale). Benissimo anche Miriam Candurro nei panni della donna moderna tipo, intraprendente (molto più dell’uomo) e frenetica, tosta, che non si fa invitare fuori a cena ma è lei ad invitare, che sceglie il vino da bere al posto del compagno.

E poi ancora le scene d’azione, di cui Alfieri è un fan e con le quali ha finalmente potuto sbizzarrirsi, fin dall’incipit in salsa The Town di Ben Affleck o un film di Michael Mann. Da buon amante del cinema (di supereroi in particolare) il regista si è poi divertito a inserire qua e là numerose citazioni, da Daredevil Batman, da Birdman Il Trono di Spade (sul finale, una particolare inquadratura ricorda palesemente una iconica sequenza de La Battaglia dei Bastardi) ed è divertente provare a scovarle tutte (in particolare, la cameretta di Chiara è un focolaio di citazioni, tra action figure e poster alle pareti).

Ci sono dei difetti – ed è naturale che ci siano – ma il film è talmente fresco e divertente che li offusca (quasi) sempre, con le splendide musiche di Mirko Mancini e la fotografia di Davide Manca, capacissima di immortalare tanto le bellezze di Napoli (c’è un’inquadratura notturna su Guaglione che mi ha ricordato Drive) quanto i personaggi che la popolano (penso al rosso bollente nell’altrettanto bollente scena fra Guanciale e la Candurro).

Un buonissimo film, tanto divertente quanto intelligente, che descrive i seri problemi sociali del nostro paese con uno spiccato senso dello humour, in una commistione di generi azzeccatissima.

Il cinema italiano ha bisogno di queste iniziative, ha bisogno di questi exploit, e complimenti alla Warner per aver voluto puntare sulla passione (e il talento) di Alfieri. Ora però vogliamo il sequel (la scena post-credit lo suggerisce fortemente) e vogliamo soprattutto il crossover con Lo Chiamavano Jeeg Robot: altro che Napoli v Roma, questa è serie A cinematografica.

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