Power Rangers – Recensione in anteprima

Pubblicato il 5 Aprile 2017 alle 23:03

Jason, Billy, Kimberly, Zack e Trini sono cinque studenti della cittadina di Angel Grove con problemi di disciplina e integrazione. In una miniera d’oro abbandonata, i cinque trovano degli artefatti extraterrestri che donano loro dei superpoteri e una nave aliena nella quale il saggio Zordon li informa che dovranno usare le loro nuove capacità per affrontare la malvagia Rita Repulsa. Solo se si dimostreranno meritevoli, però, Jason e i suoi compagni potranno diventare Power Rangers.

La serie tv originale dei Power Rangers, giunta da noi nel 1993, era l’adattamento a stelle e strisce della serie di fantascienza giapponese Super Sentai ed utilizzava le scene d’azione dell’originale integrando il live-action girato ed ambientato in America. Era una serie pacchiana, ben oltre i limiti del trash e con un’estetica kitsch. Gli stunt indossavano calzamaglie dozzinali o costumoni di gomma raffiguranti robot e mostri e combattevano tra modellini di metropoli devastate, palesemente finte. Eppure il fascino del prodotto di serie Z era parte integrante del successo della serie.

Elevare Power Rangers a blockbuster di serie A significa conformare il franchise alle convenzioni del filone supereroistico attualmente in voga con il rischio di perdersi nella confusione. La trasposizione cinematografica diretta dal sudafricano Dan Israelite parte dall’impostazione teen-movie tipicamente anni ’80, rifacendo il verso inizialmente a Breakfast Club, diventando poi un film di supereroi che raduna le suggestioni di alcuni dei titoli più celebri del genere.

E’ Spider-Man nelle dinamiche degli adolescenti che devono affrontare le responsabilità comportate dai loro nuovi poteri. E’ The Avengers nel gruppo di emarginati che devono unire le forze per affrontare una minaccia incombente, anche in questo caso di natura aliena, con Elizabeth Banks che gigioneggia nel ruolo di Rita Repulsa come Tom Hiddleston col suo Loki. E’ L’Uomo d’Acciaio per la coscienza del saggio Zordon, interpretato da Bryan Cranston, registrata nell’astronave come quella di Jor-El e nella battaglia finale ad Angel Grove, che richiama quella di Smallville con le stesse zoomate della macchina da presa.

La trasformazione dei protagonisti nei Power Rangers è il culmine dell’arco narrativo dei cinque protagonisti. Quindi non ci si aspetti di vedere i cinque eroi in armatura in azione prima di mezz’ora dalla fine del film. Si tratta del consueto rito di passaggio adolescenziale, il percorso di maturazione di un gruppo giovani problematici che, anziché andare ad un campo estivo, raddrizzano la schiena sottoponendosi all’addestramento per diventare supereroi e c’è anche il momento condivisione intimista intorno al fuoco.

Si ha la sensazione di assistere a un mediocre b-movie di fantascienza che ha il merito di non prendersi affatto sul serio e strutturato su dinamiche risapute. Poi arriva il Morphin Time. I Power Rangers entrano in azione, i Zord corrono affiancati accompagnati dalla mitica sigla della serie originale e la maledetta nostalgia prende a schiaffoni il pubblico.

La battaglia finale è sgangherata, divertente, punteggiata di momenti surreal-demenziali, un lavoro di design approssimativo, effetti digitali mediocri, finendo per essere tanto una baracconata quanto un guilty pleasure, esattamente come la serie originale. E, alla fine, ci si affeziona ai cinque protagonisti, 124 minuti di film scivolano via che è un piacere, si esce dalla sala fischiettando il tema musicale e, a patto di aggiustare il tiro, si aspetta volentieri anche il sequel, preannunciato dall’immancabile e già largamente spoilerata scena durante i titoli di coda.

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